La Juve spedisce l’Inter all’inferno

MILANO – L’eterno duello, l’ennesima sconfitta: in poche parole si può riassumere il senso di una partita che ha il sapore dell’epica e della storia. Una partita infinita tra Inter e Juventus che si porta a casa il suo trofeo, tre punti meritati ampiamente. L’Inter – come le stelle – resta a guardare e non riesce a cambiare passo: non serve evocare (negli striscioni della Nord e nell’anima dei tifosi) lo spirito di Giacinto facchetti, inutile agitare lo spauracchio di Calciopoli, spargere sale su una ferita che fa fatica a rimarginarsi, anzi ancora sanguina copiosamente.


La Juventus assesta uno ‘schiaffo’ in piena faccia all’Inter vincendo 2-1 al Meazza: Massimo Moratti non l’ha presa bene e il suo volto pietrificato (come a Novara) è più eloquente di mille parole. Non basta il cuore, né l’impegno: quelli non fanno classifica che per i nerazzurri resta un incubo (8 punti).


La partita finisce con i bianconeri che festeggiano sotto la loro curva, dandosi la mano stringendosi al loro allenatore Antonio Conte che ha rivoluzionato la squadra nella testa e nelle gambe. L’Inter migliora, di partita in partita ritrova forma fisica ma è distante 11 punti dalla Juve capolista: c’é preoccupazione perché la squadra di Ranieri scivola lentamente verso una deriva di mediocrità. I nerazzurri devono fare i conti con se stessi, hanno dato sicuramente il massimo, mentre la Juventus ha saputo concretizzare il proprio lavorio: spietata la ‘Vecchia’ signora, cinica quanto basta, cattiva e acuminata. L’Inter soffre e rientra negli spogliatoi con i cerotti.


La cura Ranieri sortisce qualche effetto ma il piatto piange. L’Inter entra in campo grintosa e aggressiva: obiettivo non dare tregua a Pirlo, andare a pressare alti ma – al 12’ – è la Juventus a portarsi in vantaggio con Vucinic che riesce a ribattere un pallone calciato da Matri e non trattenuto da Castellazzi. L’Inter si riversa in attacco: sale Maicon e arriva la rete del pareggio: è il 28’ quando Sneijder offre un pallone magnifico al brasiliano che lascia partire un destro irresistibile, imprendibile per Buffon che si arrabbia con Bonucci. Forse una deviazione da parte sua. Maicon si lascia andare a un’emozione incontenibile, a una gioia forte e sentita. ma la partita non è finita perché al 33’ è Marchisio a riportare la sua squadra nuovamente in vantaggio. Difesa nerazzurra in balia delle onde: rasoterra sul primo palo, si arrende Castellazzi. Ma il bottino avrebbe potuto essere più rotondo se l’arbitro Nicola Rizzoli – non brillante – avesse fischiato un rigore al 40’ quando sempre Marchisio viene atterrato da Castellazzi.


Ranieri cerca di raddrizzare il match ma c’é poco da fare: Chivu soffre, Sneijder non sta bene, Obi è timido. Zarate ha dovuto lasciare spazio a un inutile Castaignos. E anche l’innesto di Alvarez non ha cambiato di molto. lento e spesso fuori fase. I vecchi ‘tirano la carretta’ con difficoltà e fatica, i giovani sono inesperti, goffi, lontano anni luce dai campioni e compagni di spogliatoio.


Una pessima annata si annuncia per l’Inter come ha riconosciuto Moratti venerdì davanti all’assemblea dei soci. La partita continua con un’Inter generosa che costruisce le sue occasioni con Pazzini (traversa), Obi, Maicon. Un gruppo che cerca uno sbocco in campo senza paura di spendersi ma la sofferenza è continua e costante. Quella che si legge sulle facce dei giocatori come Nagatomo e Zanetti.


La Juventus è tonica, ha voglia, ha fame di gloria. E’ forse – in un secondo tempo con sei ammoniti (uno nel primo) – qui la chiave della partita: ottimo Vucinic, bene anzi benissimo Marchisio, in tono minore Pirlo. Nel complesso una bella squadra che rispecchia il carattere guerriero di Conte. Tanta la delusione dell’Inter, un brutto rospo da buttare giù: i nerazzurri volevano nel nome di Facchetti. L’amarezza é difficile da smaltire, ma mercoledì arrivano i francesi del Lille per la Champions. Altre batoste potrebbero essere letali. Si va a dormire. Nelle orecchie i cori della festa della Signora che preannunciano una brutta nottata: adda passà a nuttata!, direbbero i napoletani.