Un esercito di schiavi dietro ogni acquisto

ROMA – Dietro ogni oggetto che compriamo, dal cibo all’abbigliamento all’elettronica, si nasconde un traffico enorme di sfruttamento e un cittadino medio che disponga di un laptop, una bicicletta e un equo numero di paia di scarpe può calcolare di avere ‘sulla coscienza’ un centinaio di schiavi che hanno lavorato per lui.

E’ quanto emerge da una indagine condotta dall’organizzazione no profit ‘Slavery Footprint’ ripresa dal sito dell’Huffington Post. Il questionario contiene un ampio pacchetto di domande che spaziano dal cibo, ai vestiti, gli hobby, l’età, la casa, e scandaglia le modalità di produzione di circa 400 articoli di consumo. Finalità dell’indagine, effettuata in collaborazione con l’ufficio che si occupa della lotta al traffico di esseri umani al Dipartimento di Stato a Washington, è informare i consumatori sul sistema di sfruttamento che si nasconde dietro praticamente tutti i prodotti che acquistano e al contempo esercitare pressione sulle grandi multinazionali affinchè rendano note le loro pratiche del lavoro. Un esercito di 27 milioni di schiavi – tanti quelli stimati oggi al mondo – hanno “contribuito a fabbricare ogni cosa che potete trovare, dall’armadietto medico in casa alla borsa di ginnastica”.

“La schiavitù è in ogni prodotto”, ha dichiarato al sito il direttore esecutivo di Slavery Footprint, Justin Dillon. Prima di sviluppare l’organizzazione Slavery Footprint, Dillon si era già occupato del tema, fondando la Chain Store Reaction, una campagna che aiuta i consumatori a sollecitare le industrie a rivelare le loro procedure di produzione. Ispirata dal modo in cui la Chain Store Reaction aveva motivato la gente a scrivere 100.000 lettere alle industrie, Hillary Clinton aveva chiesto all’organizzazione di sviluppare un modello per calcolare l’intreccio fra consumatori e traffico umano. Secondo Dillon, la definizione di schiavo è “chiunque è costretto a lavorare senza remunerazione, a essere sfruttato economicamente e che non è nella possibilità di dire no”.

Sulla carta, la schiavitù è stata dichiarata illegale nel mondo con la Dichiarazione universale di diritti dell’Uomo del 1948, tuttavia è tutt’altro che estinta e riguarda molti minori e le donne, sfruttate soprattutto per la prostituzione.