La “Primavera Araba” ed il nuovo volto della Libia

«La guerra è finita. Sic transit gloria mundi». Queste le parole scelte dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per commentare la notizia della morte di Muammar Gheddafi lo scorso 20 ottobre. La fine del “raìs” seppellisce definitivamente il regime contro il quale si era scatenata la furia della rivolta nel corso del mese di febbraio, a seguito di quanto avvenuto in svariati Paesi del mondo arabo. Dopo una prima fase di insurrezione popolare (nota appunto come “Rivoluzione del 17 Febbraio”), la Libia si è trovata di fronte ad un vero e proprio conflitto civile animato dal desiderio di rinnovamento politico contro il regime ultraquarantennale del dittatore.


Una notizia deflagrata come gli spari cui erano abituate le orecchie del popolo libico che è immediatamente divenuta oggetto di commenti da parte della Comunità Internazionale. «Si chiude una pagina drammatica in Libia. C’è solo da augurarsi – ha affermato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – che si costruisca un Paese nuovo, libero e unito». «È ora della fase di riconciliazione», ha auspicato il Ministro degli Esteri Franco Frattini. A distanza di 6 mesi dalla morte di Osama Bin Laden, il Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama ha espresso la soddisfazione per la caduta di un altro tiranno: «È la fine di un lungo e doloroso capitolo per il popolo della Libia. Un anno fa il concetto di una Libia libera sembrava impossibile, ma poi gli Stati Uniti, e i nostri amici ed alleati europei ed arabi, hanno fermato le forze libiche di fronte al rischio di atrocità» (questo grazie alla missione NATO “Unified Protector”, iniziata il 31 marzo 2011 e terminata ufficialmente il 31 ottobre scorso).


La rivolta del popolo libico ha risentito del cosiddetto “effetto domino” innescato dalle insurrezioni che hanno riguardato i Paesi vicini (Tunisia, Egitto, Algeria, Yemen, Siria e Giordania in particolare) in relazione ai quali si è parlato di una “Primavera Araba”. L’aumento del livello dei prezzi dei generi alimentari è stato soltanto il fattore di innesco delle proteste. Numerose infatti sono le ragioni che hanno originato tali disordini, tra le quali emergono su tutte la corruzione diffusa, la quasi totale assenza di libertà individuali, la reiterata violazione dei diritti umani e, più in generale, le durissime condizioni di vita caratterizzate in molti casi dalla povertà estrema.


Gheddafi è riuscito nel corso degli ultimi anni a tenere sotto controllo la situazione all’interno del Paese grazie ad una ingente politica di sussidi statali e ad una robusta linea propagandistica tesa a demonizzare l’imperialismo occidentale. Le scelte politiche del “colonnello” si sono tuttavia rivelate, soprattutto nell’ultima fase, poco efficaci e, anche a causa di un elevato tasso di disoccupazione e del fallimento dei progetti di sviluppo e di liberalizzazione, hanno contribuito a creare un clima incandescente negli animi del popolo libico. L’utilizzo dei moderni mezzi di comunicazione, come internet ed i social network, ha certamente giocato un ruolo chiave al fine di organizzare e divulgare gli eventi della rivolta a dispetto dei consueti tentativi di repressione statale. Secondo il parere di accreditati analisti internazionali però, Facebook e Twitter non sarebbero il vero motore dell’insurrezione in quanto ancora più importante si sarebbe rivelato il “network della moschea o del bazar”.


Ad oggi, tre sono i capi di stato che sono stati costretti alle dimissioni o alla fuga: in Tunisia Zine El-Abidine Ben Ali il 14 gennaio, in Egitto Hosni Mubarak l’11 febbraio e il 20 ottobre in Libia Muammar Gheddafi.
La scomparsa del “rais” ha aperto una delicatissima fase di transizione per la quale è stata prevista una apposita “road map” nell’agosto scorso. Il Sergretario Generale del Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) Mustafa Abdel Jalil, dopo aver dichiarato la liberazione definitiva della Libia, ha incaricato proprio pochi giorni fa il nuovo primo ministro del governo libico ad interim a seguito di una consultazione elettorale interna allo stesso CNT. Scelto tra una rosa di cinque candidati, Abdul al-Raheem al Qeeb, questo il nome del nuovo premier, è dunque chiamato a dare vita all’Assemblea Costituente che avrà a sua volta il compito di varare una carta costituzionale da sottoporre a referendum. Obiettivo ultimo di questo percorso, le elezioni per l’assemblea legislativa previste tra circa 18 mesi. Una delle principali preoccupazioni dell’intero blocco occidentale, a seguito dell’esperienza irachena, resta l’immediata impostazione del rispetto dei diritti umani.
Il principale compito affidato al nuovo governo è quello di gestire le profonde divisioni regionali e tribali che caratterizzano lo scenario al’interno del Paese, nonché quello di frenare l’ascesa dei fondamentalisti islamici in assenza di un leader incontrastato.


L’Italia ovviamente non intende perdere questa storica occasione per reimpostare le proprie relazioni con la Libia. Finmeccanica ha già riaperto la fabbrica di elicotteri Agusta-Westland, installata presso l’aeroporto di Abou Aisha nel 2010. Banca Intesa ed Unicredit hanno compiuto alcune missioni di ricognizione. Soltanto pochi giorni fa, il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha guidato una riunione con le piccole e medie imprese che hanno da sempre operato nel Paese. I voli commerciali dell’Alitalia sono ripresi e per la metà di dicembre saranno perfettamente operative a Tripoli le funzioni consolari. Si lavora dunque affinché l’Italia resti partner fondamentale e privilegiato della Libia.