Berlusconi si arrende: L. Stabilità e poi dimissioni

ROMA – ‘Tu quoque Brute…’. Silvio Berlusconi si arrende. Cade sotto i colpi dei ‘’traditori’’. Annuncia le dimissioni. E suona quasi profetica la frase del Giulio Cesare morente, che il premier aveva accennato scherzando pochi giorni fa al G20 di Cannes. Oggi, appreso il risultato del voto in Aula alla Camera, è lui stesso a certificarlo su un appunto: la fine del governo Berlusconi avviene per mano amica. ‘308. Meno 8. Traditori’, scrive il Cavaliere. E sotto le parole ‘ribaltone’, ‘voto’, ‘prenda atto, rassegni le dimissioni’. E ancora: ‘presidente Repubblica’, ‘una soluzione’. In poche righe, il racconto della giornata e, forse, di quel che sarà.


E’ un giorno di pioggia a Roma, questo 8 novembre. Su Montecitorio sono puntate le telecamere di tutto il mondo. E dentro il palazzo non ci sono occhi che per loro: gli ‘indecisi’, ‘scontenti’, ‘disponibili’ o ‘ribaltonisti’, presunti o tali. Con il voto sul rendiconto di bilancio si vedrà sul sostegno di quanti può ancora contare il premier. Che si metterà male, lo si intuisce dal mattino. Alla ‘chiamata’ del Cavaliere a palazzo Grazioli rispondono solo in due: Bertolini e Stracquadanio, i più berlusconiani tra gli aspiranti ‘Bruto’, entrano in quello che appare un fortino assediato. E all’uscita Stracquadanio fugge, letteralmente: corre inseguito dai microfoni, poi al grido di ‘’voglio essere un uomo libero’’, si rintana in una camionetta dei Carabinieri. Molto più serafico appare Umberto Bossi, l’alleato fedele. Che per la prima volta chiede a Berlusconi un ‘’passo di lato’’, poi in Transatlantico si concede un siparietto con Massimo D’Alema.


– Allora, che fate? – domanda all’esponente del Pd.


E lui, ruvido:


– Cerchiamo di mandarvi a casa.


Tutto intorno, l’aria è tesa. Qualcuno evoca la caduta di Prodi. Questa volta i conteggi di Denis Verdini sono per nulla favorevoli. ‘’345’’, dice il deputato del Pd Paolo Fadda. E qualche pidiellino sussulta. Ma sta parlando non dei voti della maggioranza, bensì dei minuti in cui ha percorso la maratona di New York, dalla quale sono appena tornati molti parlamentari. Incluso Luca D’Alessandro, portavoce pidiellino, oggi deputato alla prima votazione, che potrebbe però essere già l’ultima. Sarà difficile andare oltre 311 deputati, contano nel Pdl. Si sparge la voce che quattro udc, contattati da Berlusconi, voteranno per lui. Ma i centristi se la ridono:
– Siamo tutti allineati e coperti.


Del resto adesso il Cavaliere sarebbe una scommessa azzardata.


– Hai sbagliato investimento – dice il dipietrista Franco Barbato, che si prende beffa dell’ex collega di partito, diventato ‘responsabile’, Antonio Razzi. Arriva anche Giulio Tremonti, volato via in anticipo dall’Ecofin. Mentre intorno si marcano a uomo gli ‘indiziati’. I ‘traditori’ annunciati, Destro, Antonione, Buonfiglio, Pittelli, non si fanno neanche vedere. Gabriella Carlucci arriva ‘scortata’ dai colleghi Udc. Calogero Mannino si allontana a testa bassa attraverso i corridoi dell’Aula proprio mentre Berlusconi fa il suo ingresso, accennando un sorriso. Il copione sarà peggio di quel che si immaginasse. 308 voti e 8 ‘’traditori’’, annota il premier. Tre in più di quanto preventivato. Malgieri mette a verbale che ha sbagliato, voleva votare, era in bagno a prendere una medicina. Ma molti nel Pdl non gli credono. Berlusconi fa una smorfia, tra la rabbia e il dolore. Poi guarda i deputati e si fa stringere dal solito capannello di fedelissimi.


– Decidiamo insieme, decidiamo insieme – dice. Ma a loro appare ‘’frastornato’’. Dopo, c’è l’ultimo pressing ‘amico’ per le dimissioni. E alla Camera l’attesa dell’ineluttabile. La salita al Colle e il passo indietro chiudono un capitolo. Quello che segue, è ancora da scrivere. Ma in Transatlantico c’è già chi si prepara. I ‘ras’ del Pdl campano, attorno a Cosentino, sembrano già prepararsi al voto. Ma chi teme di non essere ricandidato a denti stretti protesta: ‘’Elezioni? Non se ne parla’’.