E’ morto Giorgio Bocca, ha raccontato l’Italia

ROMA – Tra i grandi protagonisti del giornalismo italiano, Giorgio Bocca, scomparso oggi all’età di 91 anni, ha raccontato nei suoi articoli e nei suoi libri l’ultimo mezzo secolo di vita italiana con rigore analitico e passione civile, improntando sempre il suo stile alla sintesi e alla chiarezza. Nato a Cuneo il 28 agosto del 1920, Bocca iniziò a scrivere già a metà degli anni ’30, su periodici locali e poi sul settimanale cuneese La Provincia Grande. Durante la guerra si arruolò come allievo ufficiale alpino e dopo l’armistizio fu tra i fondatori delle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà.


Riprese allora l’attività giornalistica, scrivendo per il giornale di GL, poi lavorando per la Gazzetta del Popolo, per l’Europeo e per Il Giorno e segnalandosi per le grandi inchieste. Nel 1976 fu tra i fondatori del quotidiano la Repubblica, con cui ha sempre continuato a collaborare. Al suo attivo, in una carriera cinquantennale, anche numerosi libri, che spaziano dall’attualità politica e dall’analisi socioeconomica all’approfondimento storico e storiografico, senza mai dimenticare la sua esperienza partigiana. Tra le sue opere: Storia dell’Italia partigiana (1966); Storia dell’Italia nella guerra fascista (1969); Palmiro Togliatti (1973); La Repubblica di Mussolini (1977); Il terrorismo italiano 1970-78 (1978); Storia della Repubblica italiana – Dalla caduta del fascismo a oggi (1982); Il provinciale. Settant’anni di vita italiana (1992); L’inferno. Profondo sud, male oscuro (1993); Metropolis (1994); Piccolo Cesare (2002, dedicato al fenomeno Berlusconi, libro che segnò il passaggio di Bocca da Mondadori, suo editore da oltre dieci anni, a Feltrinelli); Le mie montagne (2006); E’ la stampa, bellezza (2008). Annus Horribilis, Milano, Feltrinelli (2010). Fratelli Coltelli (1948-2010 L’Italia che ho Conosciuto), Milano, Feltrinelli (2010). Nell’aprile 2008 Bocca ha vinto il premio Ilaria Alpi alla carriera.


L’ANTITALIANO


”Tutti quelli che fanno il giornalismo lo fanno sperando di dire la veritÀ: anche se È difficile, li esorto e li incoraggio a continuare su questa strada”. Un testamento ideale quello che Giorgio Bocca, firma storica del giornalismo italiano, scomparso oggi all’etÀ di 91 anni, affido’ alle nuove generazioni nell’aprile 2008, ricevendo nella stessa casa di Milano dove oggi si è spento dopo una breve malattia, il premio Ilaria Alpi alla carriera. Un testamento anche il titolo del libro che uscira’ l’11 gennaio per Feltrinelli, ”Grazie no. 7 idee che non dobbiamo piu’ accettare”.


Insomma Bocca rimane l’Antitaliano, come si chiamava la sua celebre rubrica sull’Espresso, fino all’ultimo giorno. La ricerca della verità, accompagnata dal rigore analitico, dalla passione civile, da uno stile fatto di sintesi e chiarezza e fortemente segnata dal suo carattere, un mix di disciplina sabauda, curiosità severa e vis polemica: questi i valori che hanno ispirato la carriera più che cinquantennale di Bocca. Valori che il giornalista e scrittore, medaglia d’argento al valor militare, aveva vissuto fino in fondo soprattutto nei primi anni di attività, quelli della guerra e della militanza partigiana.


– I giornalisti della mia generazione – sottolineò in una delle sue ultime apparizioni in tv, ospite a Le invasioni barbariche su La7 nel novembre 2008 – erano mossi da un motivo etico: ci eravamo messi tragedie alle spalle, perciò il nostro era un giornalismo abbastanza serio. Oggi la verità non interessa più a nessuno e l’editoria è sempre più al servizio della pubblicità.


L’antitaliano alza la voce fino all’ultimo, e nel libro che uscirà postumo per Feltrinelli l’11 gennaio, ‘Grazie, no!’ protesta contro le scorciatoie del pensiero unico, a cui a suo avviso bisogna rispondere con un secco diniego.


– La gente oggi è più ricca ma è peggiorata culturalmente e intellettualmente – dice nella video-intervista che accompagna la scheda del volume. E ancora:


– E’ una crisi di cui nessuno sa niente, nessuno sa quando è cominciata e come finirà. Mai nella storia dell’umanità si era arrivati ad una oscurità di questo genere.


Poi contro ”il consumismo dominante: bisognerà moltiplicare i consumi, gli investimenti, in una corsa senza fine. La produzione è più importante della vita dell’uomo”. Infine contro ”i tipi alla Marchionne che credono di dire cose intelligenti mentre dicono delle banalità”.


Bocca ci lascia quindi un pamphlet contro chi si è assuefatto all’Italia di oggi, dove cose che dovrebbero farci indignare passano sotto silenzio, discorsi che non si dovrebbero sopportare sono ormai moneta corrente, idee come minimo discutibili sono invece comunemente accettate. Ed elenca sette punti a cui ribellarsi, sui quali indignarsi. Sono: La crescita folle; La produttività, il nuovo dio; La lingua impura; Il dominio della finanza; La corruzione generale; La fine del giornalismo; L’Italia senza speranza.


”E se è ormai quasi un’abitudine anche l’indignazione, anche il cinico e soddisfatto luogo comune secondo cui l’Italia è ormai perduta, vittima delle sue ataviche tare e dei suoi vizi inestirpabili, Bocca ci ricorda, con l’autorità del testimone e la vividezza del grande cronista, che già altre volte (ultima la guerra partigiana, così vicina e così preziosa) l’Italia fu sul punto di soccombere, ma gli italiani hanno saputo trovare in loro stessi la forza di salvarsi”, come scrive la casa editrice nella presentazione al volume.