Due facce di una stessa medaglia

La notizia del declassamento da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s (una società privata del gruppo McGraw-Hill) di buona parte dei Paesi europei, ha suscitato un forte clamore ed un forte dissenso nel vecchio continente. I politici si sono immediatamente scagliati contro la suddetta agenzia, accusandola di speculare e di voler condizionare la loro azione politica. La conseguenza di tutto ciò è che questo ginepraio di codici e di sigle, provoca, nei cittadini sempre più confusione e preoccupazione. Attaccare le agenzie di rating è legittimo; tuttavia, dovrebbero essere proprio le istituzioni politiche europee ad imporre leggi e regolamenti volti a limitare il potere di tali organizzazioni. Pertanto, sarebbe meglio che ognuno si assumesse le proprie responsabilità.


Ma forse c’è qualcosa di più profondo: uno scontro tra due modelli sociali. Qualche leader europeo vede, infatti, nel declassamento proclamato dalle agenzie un complotto dei grandi gruppi di potere americani. Sull’altra sponda dell’oceano intanto, Mitt Romney, il candidato repubblicano mormone e miliardario, possibile sfidante di Obama alle prossime elezioni presidenziali statunitensi, sta improntando tutta la sua campagna elettorale sulla promessa di non far diventare mai e poi mai gli Stati Uniti simili all’Europa. Al di là della prevedibile speculazione di carattere propagandista, è il forte contrasto tra i due modelli presenti del mondo occidentale ad essere interessante.


Più in generale, credo che possiamo considerare sia l’Europa che gli Stati Uniti come organizzazioni sociali di tipo capitalista, con l’accezione più comune dei termini quali libero mercato e forte riconoscimento della proprietà privata. Potremmo, dunque, argomentare sulla sostenibilità, al giorno d’oggi, del capitalismo moderno. Le macro-differenze tra Europa ed USA sono sostanziali e molto più importanti di quanto possiamo immaginare. Inoltre, hanno un’origine ed un’impronta, oserei dire filosofica, completamente distinta.
Il modello capitalista europeo si propone, come obiettivo principale, quello di avere un’equa distribuzione della ricchezza tra i diversi ceti sociali, pur riconoscendo pienamente tutte le libertà e le iniziative private. Da ciò scaturisce la volontà di tutelare e di proteggere il cittadino da parte dello Stato. E’ per questo che il modello di capitalismo europeo combina larghi benefici sociali con un’assistenza sanitaria completa e totale, una forte regolamentazione dell’orario di lavoro con una buona tutela delle pensioni per tutti i lavoratori. Il modello americano, al contrario, punta tutto sulla massima libertà ed autonomia del settore privato, svincolando, di fatto, lo Stato dal dover garantire diritti ed assistenza in maniera indiscriminata a tutti i cittadini. Più che l’equa distribuzione delle ricchezze si enfatizza l’intraprendenza personale, l’opportunità e il forte riscatto sociale che vede, principalmente nel raggiungimento del benessere economico, il suo senso ed il suo riconoscimento.


Questi due sistemi, seppur con i rispettivi pro e contro, avevano entrambi una forte valenza e, al tempo stesso, una logica comunemente accettata dai rispettivi popoli. La globalizzazione, però, ha alterato questi equilibri ed ha messo in discussione tali modelli, soltanto fino a pochi anni fa intoccabili. La crescita dei Paesi emergenti, di cui il BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) ne è la rappresentazione più eloquente ha, di fatto, spostato gli equilibri economici; inoltre, essa sta anche stravolgendo le stesse abitudini e gli stili di vita di tutti noi. Tali Paesi sono ricchissimi di materie prime, riescono a produrre a costi imbattibili ed hanno anche una richiesta di beni e di servizi provenienti dal proprio mercato interno che cresce a ritmi vertiginosi.


A questa nuova situazione l’Europa non ha saputo, ad oggi, né opporsi, né trovare una soluzione. Alcuni Paesi del vecchio continente hanno reagito in maniera irresponsabile e dissennata, arrivando ai limiti della bancarotta: dalle garanzie sociali si è arrivati ad un ingiustificato assistenzialismo, soffocando ed inibendo la competitività su scala globale e la sostenibilità di tutto il sistema Europa. Gli USA, dal canto loro, hanno visto accrescersi a dismisura il potere delle grandi corporazioni e dei grandi poteri economici. In questo modo, i grandi gruppi multinazionali hanno potuto delocalizzare la produzione in Paesi a basso costo e hanno potuto sfruttare vantaggi fiscali a fini esclusivamente personali. Ciò ha avuto ripercussioni fortemente negative per i cittadini statunitensi. Non ultimo, si è preferito ignorare completamente la tutela dei beni pubblici e il rispetto dell’ambiente.


Ad ogni modo, è difficile intravedere ad oggi proporre un sistema diverso da quello capitalista. Gli stessi movimenti giovanili di protesta dimostrano una visione, direi, pressoché nulla in quanto alla proposta di un modello di futuro realisticamente alternativo a quello attuale. Non c’è niente che non può essere migliorato nel sistema capitalista attuale; quello che finora è imperdonabile, è che il capitalismo sta colpevolmente sottostimando e trascurando il benessere delle generazioni future.