Paese a corto di speranza e giovani in fuga verso l’estero

ROMA – Un Paese a corto di speranza, con un generale senso di depressione che attraversa tutte le classi sociali: i poveri perchè vedono allontanarsi la possibilità di migliorare la loro situazione economica, il ceto medio perchè sempre più proletarizzato e i ricchi perchè si sentono criminalizzati. Così ci deve l’Eurispes, e la ricetta che propone per restituire all’Italia “il futuro che merita” è quella di tornare alla politica, alla “buona politica”.

Il Rapporto Italia 2012, presentato ieri alla Biblioteca nazionale a Roma in concomitanza con il trentesimo compleanno dell’istituto, restituisce l’immagine di un Paese sfiancato e impotente. In una parola, bloccato. Ed è particolarmente preoccupante il fatto che siano soprattutto i giovani tra i 25 e i 34 anni a dichiararsi sfiduciati. Al punto che il 60% degli italiani tra 18 e 34 anni si dice disposto ad andare all’estero: in un altro Paese, dicono in un sondaggio, pensano di trovare maggiori opportunità di lavoro e di vita.

Il 2011 per gli italiani è stato un anno da dimenticare: la situazione economica del Paese secondo il 67% è nettamente peggiorata negli ultimi dodici mesi. Si tratta del dato più “nero” registrato dalle rilevazioni dell’Eurispes dal 2004 e in forte aumento (+15,2%) rispetto a quanto emerso lo scorso anno. E se gli italiani di tutte le età sembrano poco propensi a spendersi in prima persona per le sorti collettive, oltre la metà però ritiene utili i sacrifici richiesti per far fronte alla crisi economica.

La responsabilità dell’attuale situazione, che viene attribuita alla classe politica, appartiene invece – ha detto il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – alla classe dirigente generale, della quale fanno parte tutti coloro che esercitano ruoli e funzioni direttivi all’interno della società: imprenditori, elite culturali, manager pubblici e privati, sindacalisti, grandi commis dello Stato, magistrati, professori, uomini dell’informazione e della ricerca. Una “classe dirigente generale” che “costituisce un blocco solidale e separato dal resto del Paese, articolato sul modello feudale, che non ha nessuna intenzione di rinunciare ai privilegi conquistati”. Ma anche la società italiana ha molto da farsi perdonare, perchè “si è adeguata diventando complice della classe dirigente, in cambio della tolleranza e della comprensione dei propri istinti egoistici e familisti che deresponsabilizzano e assicurano nicchie di impunità e di esercizio di piccolo potere”.

Che fare per uscire dalla crisi? Occorre, secondo l’Eurispes, una generale presa di coscienza e la rottura di quel patto di complicità che blocca la società italiana. Ma, soprattutto, la riscoperta dei doveri e delle responsabilità di ciascuno, superando l’egoismo e la difesa corporativa degli interessi. Sui temi del lavoro e dell’occupazione, vera emergenza nazionale, l’istituto sollecita le parti sociali a un confronto serio e senza preclusioni, ricordando che la realtà non può essere piegata alle regole, ma sono queste che devono adeguarsi alle mutate condizioni economiche e sociali.

Infine, l’Eurispes lancia un forte segnale d’allarme sulla difficile situazione dei ceti medi e sul progressivo impoverimento delle famiglie italiane, che mettono in discussione la tenuta stessa del sistema. Nello stesso tempo pone l’accento sul pericolo della riapertura di una nuova stagione dei conflitti ispirati, questa volta, dagli interessi particolari e corporativi.

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