Inof e sequestri a Los Teques: silenzi, speranze e ‘miedo’

LOS TEQUES – Alla Vice Console mirandina, Renata Mascitti, premiata lo scorso anno con la Llave de la Ciudad de Los Teques e l’ordine Penacho de Guaicaipuro, gli impegni non mancano di certo. Tra Inof, il carcere femminile di Los Teques, sequestri, scuola d’italiano,  ospizi e Casa Hogar per i più piccini, i settori su cui intervenire sono molteplici, diversificati e, in particolar modo nei primi due casi, piuttosto delicati.

Made in jail, fatto in carcere
Alle rivolte del  5 e del 10 febbraio all’Istituto Nazionale di Orientamento Femminile (Inof) nessuna delle nostre 9 connazionali lì detenute  ha preso parte. Le ribellioni, fortunatamente di piccola intensità, sono state scatenate dal trasferimento di 18 tra le recluse di maggior peso all’interno della struttura (che in totale ne ospita 820). La direttrice dell’Istituto, Yinyer Rodríguez, contattata immediatamente dalla nostra diplomatica, in entrambi i casi ha provveduto ad isolare e proteggere le detenute italiane.  Le sommosse si sono poi dissolte nei consueti materassi bruciati e in disordini poco rilevanti: nessuno è rimasto ferito. Niente a che vedere con i tumulti dell’anno passato scoppiati nelle carceri maschili Yare ed El Rodeo.
All’Inof normalmente regna la calma e le nostre hanno tutta la quiete necessaria per dedicarsi alla professione che prediligono. L’equivalenza 1 ora di lavoro = 1 giorno di reclusione in meno è un’opportunità troppo grande da lasciarsi sfuggire e così tutte hanno deciso di svolgere un impiego. In più c’è la remunerazione in denaro, che non fa mai male .
Chi dentro il carcere, chi fuori: 4 ragazze godono della condizione di regime aperto che, dopo 3 anni di reclusione ineccepibile, consente di scontare la parte diurna della pena all’esterno della struttura, cui si fa ritorno solo per trascorrere la notte.
Tutte in cella per traffico di droga (“Le arrestano tutte a Maiquetía – confida a ‘La Voce’ la Vice Console di Los Teques –. Attratte dalla promessa di 10.000 euro al grammo, da ricevere al momento della consegna, trasportano sostanze stupefacenti in Europa o verso le destinazioni-ponte di Curaçao e Aruba”),  con una condanna che mediamente si aggira sui 15 anni, le ragazze hanno optato per lavori quali la parrucchiera, l’insegnante di lingua e cultura italiane, la venditrice di salatini, la componente di un’orchestra, la badante e la funzionaria consolare. In passato è stato aperto anche un ristorante italiano che ha riscosso grande successo all’Inof, con una detenuta chef, nelle vesti di rappresentante del più autentico made in Italy, o del più appropriato made in jail, fatto in carcere. “Grazie alle costanti donazioni della generosissima comunità italiana locale – racconta orgogliosa Renata Mascitti – finanziamo le attività delle connazionali”.
La Vice Console si occupa in prima persona delle ragazze: le visite quotidiane, l’accompagnamento dentro/fuori dal carcere, l’ausilio in ambito lavorativo, la consegna di farmaci e cosmetici, tramite l’accordo consolare sottoscritto con Locatel, sono tutte mansioni che Mascitti realizza personalmente. E da tutti questi impegni la diplomatica trae un’immensa sensazione di appagamento: “Dare il primo aiuto quando le ragazze arrivano all’Inof, sapere che sono l’unico punto di riferimento per loro, organizzare le visite dei parenti, sentire l’appoggio del gruppo durante l’inserimento delle nuove arrivate e il conforto dei genitori mi fanno sentire estremamente grata e soddisfatta del mio operato”.
Il buon rapporto con le autorità locali rende il tutto ancora più facile: “Con la direttrice ci troviamo sulla stessa lunghezza d’onda, ne appoggiamo tutte le iniziative e lei ricambia con grande spirito collaborativo”. Collaborazione che senz’altro sarà servita nel momento in cui una delle recluse, in condizione di regime aperto, è scappata a Trujillo dal fidanzato tornando con un bebè in pancia.

Paura dei sequestri… paura della denuncia
Sicurezza nelle carceri ma anche sicurezza nella vita: questo l’altro enorme nodo che il vice consolato dello Stato Miranda si trova quotidianamente a dover sciogliere. Sicurezza che quando ci si riferisce alla comunità europea, italiana nel nostro caso, in Venezuela fa strettamente pensare alla pratica del sequestro. Che sia express o meno, il sequestro di persona a scopo di estorsione è un fenomeno che non accenna a diminuire. La conferma dalla stessa Mascitti:  “L’anno scorso, qui a Los Teques, tale tipologia di delitto ha raggiunto numeri impressionanti, con gli europei, ancora una volta, tra i più colpiti”.
Il dramma, quando il crimine non finisce in tragedia, non termina al momento del rilascio della vittima, ma subisce una metamorfosi che lo tramuta in paura incessante, insicurezza diffusa e angoscia costante. Il dramma diviene ‘miedo de hablar’: “I connazionali non si fidano, non vengono agli incontri organizzati da Ambasciata e Consolato, hanno paura di parlare”.
Al Vice Consolato mirandino è stata anche organizzata una riunione con persone che in passato sono state oggetto di sequestro, ma i pochi presenti non hanno proferito verbo. “Vorremmo – prosegue Mascitti – che le vittime facessero dichiarazioni, anche anonime, ai numeri che ambasciata e consolato mettono a disposizione. Ma quasi nessuno lo fa”. Per non parlare delle denunce alle autorità locali che sono inesistenti. Mancanza di fiducia? Forse, ma soprattutto paura, paura e paura. Anche delle autorità. Tra i figli mandati a studiare fuori e la volontà di andar via quello dei sequestri si conferma anche nel 2011 come un’enorme sciagura.

Un aiuto per anziani e bambini
A Los Teques, lo spazio e il tempo dedicati alla sicurezza degli italovenezuelani si accompagnano ai momenti riservati esclusivamente all’assistenza di anziani e bambini meno fortunati. Il Vice Consolato collabora con l’istituzione venezuelana Casa de los Abuelos  e con tutte le attività che l’associazione civile Cristoforo Colombo organizza per la casa di riposo Villa Pompei . Se nel primo caso ci si limita ad un convegno che permette ai cittadini italiani di mangiare presso le strutture della Casa in cambio di cibo da parte consolare, nel secondo caso ci si occupa dell’organizzazione delle merende e delle feste, con la relativa consegna dei regali, in cooperazione con le suore della Pompei.
Agli anziani più bisognosi, com’è giusto che sia, vengono consegnati i medicinali: “Dopo aver fornito la relativa documentazione – rende noto Mascitti -, il Consolato Generale, tramite Locatel, ci fa arrivare i farmaci richiesti che, specificatamente, sono destinati alle cure di prima necessità, ai casi di natura respiratoria, cardiaca o che abbiano a che vedere con la pressione”.
Stessa attenzione viene dedicata ai più piccoli attraverso i contributi, spesso sotto forma di indumenti e giocattoli, forniti a due Casa Hogar venezuelane: la prima, la San Miguel Arcángel, è attiva all’interno dell’Inof e si prende cura dei figli delle detenute; la seconda, la Padre Luciano, si trova a Catia La Mar, nello Stato Vargas.
Bambini e anziani sì ma anche un occhio alla cultura del Belpaese, con le lezioni di lingua italiana che vedono il Vice Consolato impegnato nei locali della Casa d’Italia di Los Teques. “Andiamo agli atti ufficiali, – conclude la diplomatica – consegniamo i diplomi, organizziamo corsi di disegno e altre attività culturali e leggiamo La Voce d’Italia agli alunni”.
Un occhio alla cultura, un occhio all’assistenza e due alla sicurezza, nell’illusione che i silenzi dei nostri concittadini lascino sempre più spazio alle parole, che il ‘miedo’ si dissolva in un’armonia ritrovata, e che la speranza prenda il sopravvento sullo sconforto.

Giovanni Di Raimondo

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