E’ crisi diplomatica, Terzi: «Tante divergenze»

NEW DELHI – Sono le ‘’considerevoli divergenze’’ di carattere giuridico esistenti che hanno reso la situazione dei due marò italiani, agli arresti in India per l’omicidio di due pescatori, assai ‘’ingarbugliata’’ e di fatto ‘’un caso diplomatico’’, come ha spiegato senza giri di parole il presidente della repubblica Giorgio Napolitano.
La giornata, segnata dalla comparizione di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone davanti a K.P. Joy, giudice di Kollam (Stato meridionale del Kerala), è stata agitata da proteste di partiti locali contro gli italiani ‘’assassini’’ e ‘’mascalzoni’’, e si è conclusa con la trasformazione del fermo in arresto e la decisione di assegnare i marò, che devono rispondere di omicidio, per tre giorni alla custodia di polizia nel circolo ufficiali di Kochi. E’ in questa località che la petroliera ‘Enrica Leixe’, agli ordini del capitano Umberto Vitelli, era rientrata su richiesta della Guardia Costiera giovedì, ufficialmente per visionare una imbarcazione di pirati, ma in realtà per essere implicata nell’uccisione di due uomini del peschereccio St. Antony.
Data la giornata festiva nazionale indiana, l’attività politica e diplomatica ha segnato il passo, nonostante la presenza a New Delhi di una missione di esperti giuridici dei ministeri degli Esteri, Difesa e Interni italiani; e così il capitolo giudiziario ha avuto il monopolio dei riflettori. Tutto davanti alla residenza del giudice di Kollam nella località di Karunagapally era stato preparato come per un set cinematografico. Un centinaio di manifestanti (ma nessun pescatore) che scandiva slogan anti-italiani, un gruppo di elite della polizia a protezione della casa e molti agenti dotati di sfollagenti che ad un certo punto hanno anche caricato la folla.
Latorre e Girone, si è appreso, hanno risposto alle domande del magistrato grazie all’opera di un sacerdote che ha svolto le funzioni di interprete ufficiale, in presenza del pubblico ministero e dei legali della difesa, e con l’assistenza del console generale a Mumbai Giampaolo Cutillo e dell’addetto militare dell’ambasciata italiana, contrammiraglio Franco Favre.
– L’aspetto positivo di questo interrogatorio – ha detto all’Ansa una fonte direttamente coinvolta in esso – è che per la prima volta abbiamo potuto visionare la denuncia dei pescatori che hanno sostenuto di essere stati attaccati a 33 miglia dalla costa. Il particolare – ha aggiunto – è assai significativo perchè porta acqua alla tesi della giurisdizione internazionale che secondo l’Italia deve prevalere nella vicenda, anche se nel suo intervento il pubblico ministero ha ridotto la distanza dello scontro a fuoco a 22,5 miglia.
Dato che le acque territoriali sono convenzionalmente di 12 miglia, e che esiste una ‘zona contigua’ che le porta a 24 (ma solo in caso di problemi sanitari, droga, immigrazione e contrabbando), i legali italiani hanno colto la palla al balzo decidendo, si è appreso, di presentare domani all’Alta Corte del Kerala una ‘’eccezione di giurisdizione’’.
– Siamo convinti – ha concluso la fonte – che prevarrà il primato del diritto internazionale in questa vicenda, come confortato da molta giurisprudenza e dalle convenzioni Onu.
Da parte di New Delhi, tuttavia, sembra essere stato eretto un vero e proprio muro a difesa del diritto indiano a processare i responsabili dell’omicidio dei due pescatori, una tesi sostenuta anche da una campagna mediatica e di opinione pubblica in cui le obiezioni italiane non trovano alcuno spazio.
Anche per questo il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha detto oggi che ‘’ci sono allo stato delle cose considerevoli divergenze di carattere giuridico’’ che rendono la soluzione del rebus assai difficile.

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