Con San Gabriele si rievocano i tempi andati

CARACAS – L’alba del 27 febbraio di 150 anni fa, pochi giorni prima di compiere 26 anni, moriva a Isola del Gran Sasso, in provincia di Teramo, San Gabriele dell’Addolorata: il santo più amato d’Abruzzo.
Anche in Venezuela è stata celebrata una messa commemorativa. Ad occuparsene è stata l’associazione che riunisce tutti gli abruzzesi del Paese sudamericano, in collaborazione con la Fondazione San Gabriele. Per l’occasione è stato invitato padre Francesco Cordeschi, abruzzese doc, già in Venezuela per l’incontro con i tendopolisti a Valencia, giunti anch’essi a rendere omaggio al santo con i loro canti.
La funzione religiosa ha avuto luogo domenica scorsa alle 11e30 nella cappella dell’organizzazione che ha sede al km 17 dell’autostrada regionale del centro, nelle vicinanze del tunnel Los Ocumitos. Pochi istanti prima c’era stata la processione con la statua del Santo portata in spalla dai devoti e con l’accompagnamento musicale a cura della banda del collegio Giovanni XXIII. Un corteo breve ma estremamente intenso e carico di emotività conclusosi con il ritorno della statua nella cripta.
“È stata una cerimonia molto toccante, per un attimo è sembrato di trovarsi ad una festa patronale abruzzese”, racconta Giovanna Spadorcia, presidente di Abruzzesi in Venezuela di Caracas. L’ambiente agreste delle colline circostanti la chiesa evidentemente ha evocato in Giovanna, originaria del paesino di Prezza, vicino Sulmona, vecchie reminescenze di gioventù: “Vedere l’effigie di San Gabriele muoversi in un ambiente così campestre è stato un ritorno al passato. D’altronde andando avanti con l’età la lontananza si fa sentire sempre di più e i ricordi legati alle proprie radici si caricano di una passione e di una nostalgia prima sconosciute”.
Momenti dedicati al culto e alla memoria prima, momenti riservati alla festa poi. Nel pomeriggio il sacro ha lasciato il posto al profano, con i circa 450 partecipanti a dividersi tra i canti, i balli e le delizie culinarie tradizionali della regione verde d’Europa. Con il più classico ‘che ci sta da magnà?’ a riecheggiare tra le bocche dei presenti, pietanze quali gli arrosticini, la porchetta, le salsicce, le pesche e la pizza dolce preparati per l’avvenimento hanno confermato a pieno titolo la strana e piacevole sensazione di sentirsi in Abruzzo. Il cerchio si chiude se aggiungiamo che nell’aria, legate ad una melodia piuttosto familiare, risuonavano queste parole: “Vulesse fà rvenì pe n’ora sole lu tempe belle de la cuntentezze, quande pazzijavame a vola vola e ti cuprì de vasce e de carezze…”. Un inno regionale o forse qualcosa di più, un insieme di note capace di far vibrare i sentimenti, soprattutto quelli di chi è fuori da tanto tempo.
L’appuntamento si sposta all’anno venturo.

Giovanni Di Raimondo

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