Presidenziali USA 2012: il “Dream Team” Obama-Clinton

Gli Stati Uniti sembrano guardare alle elezioni presidenziali del 2012 con un misto di impazienza e distacco. In un clima generale di indecisione ed attesa, caratterizzato da false partenze, gaffe e dichiarazioni confuse, la sola certezza sembra essere rappresentata dal fatto che entrambi gli schieramenti politici non abbiano ancora giocato tutte le loro carte e che una potenziale svolta possa ancora materializzarsi tanto per i democratici quanto per i repubblicani.
L’immagine di Barack Obama, quattro anni dopo la storica vittoria del 4 novembre 2008, appare leggermente appannata dalla complessa congiuntura economica e dalle difficoltà, più o meno recenti, che tengono “sotto scacco” la politica estera statunitense. Sul fronte opposto, lo scenario rivela un ventaglio di problematiche diverse, ma altrettanto consistenti. I principali esponenti del partito repubblicano, infatti, sembrano non essere in grado di approfittare della presunta debolezza dell’attuale Presidente e, pur assaporando delle sensazioni positive, temono evidentemente di mancare il grande appuntamento con gli elettori. Elementi come questi spiegano in parte l’umore piuttosto grigio che ultimamente prevale all’interno della sfera politica americana.
Le cose però potrebbero cambiare radicalmente. Persone molto vicine ad Obama sembrano essere sempre più intenzionate a spingerlo verso una decisione potenzialmente determinante: ritirare la candidatura di Joe Biden, attuale Vice-Presidente degli Stati Uniti, ed annunciare contestualmente la volontà di offrire la poltrona di numero 2 della Casa Bianca alla persona attualmente in cima alla lista di tutti gli indici di gradimento, perfino tra le fila dei repubblicani: Hillary Clinton.
Obama-Clinton. Un “Dream Team” in grado di calamitare non soltanto le attenzioni del popolo dei democratici, ma altresì di numerosi gruppi autonomi ed afferenti alla destra moderata.
Paul Starr, direttore della rivista “The American Prospect”, vincitore del premio Pulitzer e professore di sociologia presso la Princeton University, in un suo recente articolo afferma che «secondo i sondaggi, Hillary Clinton risulta essere la donna americana più stimata ed ammirata ormai da sette anni. Gran parte di quella ostilità che ruotava attorno alla sua figura è sfumata da tempo e ciò che resta è il sentimento di solido rispetto che affonda le sue radici nella sua tenacia, nella sua perseveranza e nella sua indiscutibile intelligenza».
Statistiche e previsioni non sono tuttavia il solo elemento da tenere in considerazione. Centrale è il ruolo della politica “vera”. Anche a fronte di un’analisi di questo tipo, l’attuale Segretario di Stato statunitense si presenta nelle vesti di colei che potrebbe essere la persona giusta ed il vero “asso nella manica” del suo partito. Il suo volto appare distante ed incontaminato rispetto ai fallimenti della politica economica di Obama e maggiormente gradito in seno agli ambienti femministi, dei bianchi, della comunità latina e degli ebrei. Tutti elementi in grado di influenzare in maniera decisiva le elezioni in stati determinanti, tra i quali ad esempio la Florida.
In perfetta sintonia con il suo stile, tipico di una eccellente diplomatica, Hillary Clinton si è affrettata a smentire l’eventualità di una sua candidatura per l’incarico di Vice-Presidente, paventando addirittura una sua uscita di scena. «Ho fatto del mio meglio, ma adesso voglio dedicarmi ad altro. Mi piacerebbe tornare a scrivere, dedicarmi all’insegnamento ed a tutte le giovani donne del mondo». Parole che non sono state sufficienti a placare le voci attorno al suo futuro, al punto che il “Wall Street Journal” è uscito pochi giorni fa in edicola con un titolo a tutta pagina “Bye, Bye Biden”.
Giornalisti, esperti ed analisti si sono spinti perfino oltre, arrivando ad ipotizzare l’eventualità che Barack Obama possa decidere di farsi da parte per lasciare la corsa alla presidenza alla ormai “ex-First Lady”. Lo stesso Presidente in carica ha dichiarato che «gli americani non stanno meglio rispetto a 4 anni fa». Un’affermazione quanto mai insolita che non soltanto ha avuto il demerito di gettare un velo di negatività sull’intera campagna elettorale, ma ha altresì finito con l’alimentare l’idea secondo la quale la situazione negli Stati Uniti sarebbe oggi decisamente più brillante se Hillary Clinton avesse prevalso nelle elezioni primarie di quattro anni fa contro l’attuale Capo di Stato americano.
Difficile prevedere le prossime mosse del partito democratico. Clinton ed Obama hanno dimostrato ampiamente di saper lavorare insieme in perfetta sintonia e realisticamente risulta improbabile una mancata ricandidatura del numero 1 della Casa Bianca. Il reciproco rispetto ed il sentimento di lealtà che li lega non lasciano spazio ad imprevisti mutamenti di strategia, ma rendono plausibile una granitica collaborazione in grado di garantire ad Obama una vittoria più che consistente.

Luca Marfé

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