Euro: una sfida troppo grande per l’Unione Europea?

Accademici, analisti ed esperti di tutto il mondo hanno affermato a più riprese e senza troppi giri di parole che il 2011 è stato per l’euro l’annus horribilis. Il 2012, anno in cui si celebra il suo decimo anniversario, la moneta unica dovrà affrontare un percorso altrettanto complesso e pieno di insidie. L’apprensione in seno ai Paesi Membri dell’Unione Europea è alimentata in particolare dall’assenza di una visione politico-economica condivisa che possa contribuire a delineare un futuro solido e credibile per il “Vecchio Continente”.
Opinione pubblica, giornali e televisioni troppo spesso sono caduti nella tentazione di criticare ed additare come responsabili della crisi la perfidia dei mercati, le discutibili classificazioni delle agenzie di rating internazionali, il fenomeno della globalizzazione e l’alta finanza dei manager ultramilionari. Tutti elementi di indiscutibile rilevanza che tuttavia non aiutano a comprendere la vera natura del problema. La sfida che l’UE si trova a dover fronteggiare non deriva infatti da elementi esterni, ma affonda le proprie radici nell’essenza stessa del progetto europeo. La ristretta cerchia dei Paesi fondatori ha evidentemente delle responsabilità considerevoli. Proprio i cosiddetti Stati “virtuosi” infatti, potenzialmente in grado di rappresentare le colonne più robuste della struttura in oggetto, piuttosto che assumere un atteggiamento responsabile volto a tutelare il destino della moneta unica, sovente hanno guardato con maggiore attenzione ai rispettivi interessi nazionali. I leader politici, in particolare, non sempre si sono mossi nella direzione auspicabile della lungimiranza, bensì hanno preferito cavalcare ondate di popolarità, grazie a decisioni che potessero immediatamente tradursi in percentuali più alte di consenso.
Eventuali semplificazioni del sistema, intese come un “ritorno al passato”, appaiono chiaramente irrealistiche. Il grado di integrazione e di interdipendenza tra le diverse economie del continente è elevato al punto da rendere inammissibile ed inverosimile uno smantellamento del meccanismo comunitario.
Angela Merkel è da sola al timone dell’euro. Nicolas Sarkozy, o chiunque dovesse prendere il suo posto all’indomani delle elezioni presidenziali che avranno luogo a maggio, sembra non essere in grado di tenere testa alla sua omologa tedesca, soprattutto a causa di un evidente solco che divide le economie di Germania e Francia. Palese è inoltre la difficoltà di smussare le rigide posizioni della Cancelliera federale.
L’Europa sembra essersi incamminata lungo un sentiero quanto mai contorto. Lo storico accordo sottoscritto a Bruxelles poco più di una settimana fa, che ha avuto il merito di allontanare la Grecia dal baratro del default, non ha riscosso gli auspicati consensi in seno ai mercati internazionali. Il divorzio maturato nei confronti della Gran Bretagna, consacrato dal summit tenutosi nella capitale belga lo scorso dicembre, piuttosto che produrre uno scenario più semplice e snello, ha avuto il demerito di produrre un clima di ulteriore confusione ed incertezza attorno all’intera eurozona. La stessa intesa sulla politica fiscale dell’UE, la cui bozza è stata approvata lo scorso 30 gennaio con il “Fiscal Compact”, ed il tema sempre in primo piano dei cosiddetti “eurobond”, titoli di stato che sarebbero garantiti da tutti i Paesi facenti parte dell’euro, hanno suscitato reazioni discordanti.
Fuori gli inglesi dunque. 17 Stati a rappresentare il nucleo del “Vecchio Continente”. 9 indecisi che sembrano non avere nessuna intenzione di firmare un assegno in bianco, ma pronti a vincere i rispettivi tentennamenti soltanto a fronte di un progetto chiaro e soprattutto solido.
L’unico fattore che sembra accomunare queste differenti realtà sembra essere la scarsa volontà di rinunciare alla propria sovranità a favore di un organismo cui affidare concretamente le sorti europee.
Il 2012 porterà con sé domande ancora più articolate e spinose di quanto non abbia fatto il suo predecessore. L’euro rappresenta forse una sfida troppo grande per l’Unione Europea? In un mondo sempre più globalizzato, non possiamo che augurarci che la risposta a questa domanda sia “no”. Impossibile pensare di poter essere competitivi a livello mondiale, rinunciando contestualmente ad una proficua cooperazione regionale.
Mario Monti ha recentemente affermato che «l’Europa funziona». La storia gli darà ragione e l’Italia farà la sua parte.
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Luca Marfé