Lavoro, martedì la stretta finale. Pmi in rivolta

ROMA – Stretta finale per la riforma del mercato del lavoro.
Governo e parti sociali si vedranno martedì 20 a Palazzo Chigi. Il premier Mario Monti, in accordo con il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha convocato il tavolo con le parti sociali: l’appuntamento è alle 15.30 e sarà l’occasione – scrive il governo nella stessa convocazione – per ‘’tirare le somme’’ di un percorso di dialogo, iniziato due mesi fa, che porterà ad ‘’una conclusione, auspicabilmente con un pieno accordo, entro la fine di marzo’’.
Il confronto “è in dirittura d’arrivo”, conferma nel pomeriggio il presidente del Consiglio e il “risultato” sarà “portato in Parlamento”. E Fornero ribadisce la “fiducia” in un accordo “entro pochi giorni”.
Sulla volontà di arrivare ad una intesa tutti si dicono d’accordo. Ma le frizioni tra le forze politiche non mancano. Il presidente del Senato, Renato Schifani, si appella alla “responsabilità dei partiti’’.
Molti nodi restano ancora da sciogliere. Commercianti e artigiani non ci stanno ad accettare l’aumento dei costi legato ai contratti a tempo determinato e alla nuova indennità di disoccupazione che porterebbe un aggravio quantificato in circa 2,7 miliardi in più l’anno: un onere aggiuntivo “insostenibile” per Rete Imprese Italia, l’associazione che li rappresenta. E che arriva a minacciare la possibilità di disdire i contratti collettivi di settore per i suoi quasi 7 milioni di addetti. Una decisione senza precedenti.
In campo scende il Pdl, che si schiera al fianco delle imprese: “Sì alla riforma del lavoro e no all’aumento dei costi per le imprese”, twitta il segretario del Pdl, Angelino Alfano, poco prima del vertice con Monti, dopo aver assicurato che “tutte le energie e l’impegno sono volti a far sì che il governo possa varare entro la prossima settimana” una riforma che chiede sia “coraggiosa”.
Anche il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, guarda con fiducia all’accordo ma sostiene che “artigiani e commercianti sono penalizzati oltre misura”. Il segretario Pd, Pier Luigi Bersani, evidenzia che “la possibilità di arrivare ad un accordo c’è, ma c’è ancora qualche problema di cui discutere. Non tanto l’articolo 18 ma il tema degli ammortizzatori, dei contratti e delle risorse”. Risorse e struttura dei nuovi ammortizzatori sociali, il cui periodo di transizione sarà allungato, dopo la levata di scudi di sindacati e imprese, restano sul tappeto.
E poi c’è l’articolo 18: il capitolo su cui piu’ difficile è il punto di convergenza tra i sindacati, a partire dalla Cgil. L’intenzione del governo è di non toccare il reintegro previsto dalla norma dello Statuto dei lavoratori nei casi di licenziamenti discriminatori; mentre per i licenziamenti per motivi economici potrebbe esserci solo l’indennizzo.
La Cgil ieri ha riunito la segreteria allargata alle varie categorie e territori, nel corso della quale sono stati affrontati e discussi tutti i temi sul tavolo, compreso l’articolo 18. Il leader Susanna Camusso, nella sua relazione, ha ribadito la volontà di arrivare ad un accordo che sia complessivo, sostenendo di non poter “subire atti unilaterali come quelli subiti con le pensioni”. E ha convocato il comitato direttivo dell’organizzazione per mercoledi’ prossimo, il giorno dopo l’incontro a Palazzo Chigi, che la Cgil non considera conclusivo. Proprio per valutare l’esito della trattativa. “Ottimista” sull’accordo si dice il leader della Uil, Luigi Angeletti. Non entra nel merito Fornero:
– Siamo in una fase delicata rispetto alla quale non posso anticipare contenuti, che spero possano essere portati all’accordo nei prossimi giorni.
Mentre il governo ribadisce di considerare la riforma del mercato del lavoro “una priorità della sua azione nonché uno strumento essenziale per offrire nuovo impulso alla crescita del Paese”.

Cofferati: modificare art.18
significa cancellarlo

Ha portato in piazza 3 milioni di persone nel 2002. Proprio il 23 marzo. E a distanza di 10 anni non ha cambiato idea. Per Sergio Cofferati, ex segretario della Cgil, l’articolo 18 era ed è ‘’una norma di dignità del lavoro’’ e, come spiega in un’intervista all’Ansa, pensare di intervenire sul capitolo licenziamenti, anche solo con una ‘manutenzione’, significa portare di fatto alla sua ‘’oggettiva cancellazione’’.
– Nella trattativa per la riforma del lavoro si sta affrontando anche il nodo dell’art. 18. Si parla di una sua ‘manutenzione’.
– Ma quale manutenzione? Se sono vere le cose che i giornali attribuiscono al ministero del Lavoro quella è la oggettiva cancellazione dell’articolo 18. La distinzione ipotizzata tra licenziamenti per motivi disciplinari ed economici non sta in piedi, perchè nessun imprenditore dirà mai di allontanare un lavoratore per motivi disciplinari, dirà sempre che è un problema di costi o di organizzazione. Introdurre queste distinzioni significa soltanto vanificare il contenuto dell’articolo 18.
– In che direzione dovrebbe muoversi la riforma?
– Quello che serve non è solo mantenere una norma che garantisce dignità al lavoro, ma anche ridurre drasticamente la frantumazione dei contratti oggi presenti nella nostra legislazione ed estendere gli ammortizzatori investendo risorse adeguate.
– Come valuta le ipotesi di riforma degli ammortizzatori?
– Se l’ipotesi è quella di ridurre la durata delle protezioni e il loro valore economico non può che essere particolarmente dannosa in quanto tale, e ancora di più in una fase di recessione, non solo perchè si toglierebbe efficacia alle protezione, ma anche perchè si avrebbero effetti depressivi sull’economia, visto che si ridurrebbe la già precaria capacità di consumo di tante persone che non hanno il lavoro o che perdono quello che avevano.
– In sostanza, a suo parere, l’ipotesi di intervento sull’articolo 18 è da bocciare, ma nemmeno quella sugli ammortizzatori funziona.
– E’ così. E’ auspicabile che nessuna di queste ipotesi sia presa in considerazione per un eventuale accordo.

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