Il coraggio di Monti e la riforma del mercato del lavoro

«La riforma è un passo decisivo per risolvere i principali problemi del mercato del lavoro italiano». Queste le parole di Angel Gurria, Segretario Generale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che non ha esitato a congratularsi con il Presidente del Consiglio Mario Monti per aver proposto al Parlamento un pacchetto di misure ad ampio raggio. Dopo aver promesso pieno appoggio alle autorità italiane in relazione a questo ambizioso progetto, Gurria ha sottolineato che tali provvedimenti potrebbero «contribuire a risolvere i persistenti problemi del mercato del lavoro, come la bassa occupazione delle donne e la disoccupazione giovanile, aumentata in particolare con la crisi».
L’esigenza di rivedere il ventaglio di garanzie a favore dei lavoratori è un problema che riguarda molti dei principali protagonisti della scena europea. In un recente rapporto pubblicato dall’OCSE, infatti, tra i numerosi Paesi elencati figura perfino la Germania, individuata proprio in questi giorni come modello per la tanto discussa riforma del mercato del lavoro in Italia. «Ridurre le tutele» e «riformare il sistema di contrattazioni salariali». Queste le raccomandazioni poste in particolare evidenza nell’analisi dell’OCSE anche per Francia, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Portogallo e Slovenia. Piuttosto lunga dunque la lista di realtà ritenute ancora lontane da un rapporto «prudente di debito/PIL».
Il Presidente del Consiglio Mario Monti si è espresso nel frattempo al riguardo delle proteste esplose attorno all’approvazione del testo da parte del Consiglio dei Ministri, definendo la riforma del mercato del lavoro come «equa ed incisiva». Il Premier non si nasconde e non usa giri di parole. «Non abbiamo mai potuto, dal 16 novembre, evitare di prendere decisioni difficili», sottolineando in maniera chiara che per far crescere l’Italia «non ci si può illudere che ciò avvenga dall’oggi al domani, dopo qualche decennio gestito, diciamo così, in maniera non ottimale». Altrettanto nette le sue posizioni di fronte alla domanda di un giornalista su una possibile crisi di Governo. «A noi è stato chiesto di fare un’azione nell’interesse generale. Un illustrissimo politico (ndr, Andreotti) diceva “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Per noi nessuna delle due espressioni vale perché l’obiettivo è molto più ambizioso della durata ed è fare un buon lavoro. Se il Paese, attraverso le sue forze sociali e politiche, non si sente pronto a quello che secondo noi è un buon lavoro – ha concluso – non chiederemo certo di continuare».
A dispetto delle polemiche interne, dettate soprattutto dall’atteggiamento ostile della CGIL nei confronti di possibili modifiche all’articolo 18, Monti continua a ricevere un plauso corale sul piano internazionale. Un editoriale del Wall Street Journal azzarda addirittura un paragone con Margaret Thatcher affermando che «questo mandato può diventare grandioso. Il Premier italiano ha una rara opportunità di educare gli italiani sulle riforme economiche». Monti, esordisce l’articolo, «se ne è andato dai negoziati con i sindacati ed ha annunciato che procederà alla riforma delle famigerate leggi sul lavoro, con o senza il consenso delle organizzazioni sindacali. Se a Roma sarà risparmiato il destino recentemente toccato ad Atene, segnatevi questa settimana come il momento della svolta». Il quotidiano statunitense non dimentica di sottolineare che «una riforma duratura e di successo non può essere effettuata per decreto, bensì dimostrando che questi cambiamenti godono di un mandato popolare». Elogi a scena aperta, dunque, per il coraggio mostrato dal Presidente del Consiglio, con particolare riferimento alla sua scelta di presentare un disegno di legge in parlamento. In chiusura, spazio anche ad una stoccata piuttosto velenosa contro il clima che ha caratterizzato le relazioni politico-sindacali in Italia negli ultimi anni. «Affrontare i sindacati italiani richiede coraggio, e non solo di natura politica. Dieci anni fa, in questo mese, l’economista Marco Biagi fu assassinato da terroristi di sinistra per i suoi sforzi di progettare un’altra riforma del lavoro».
In occasione del vertice sulla sicurezza nucleare che si è svolto a Seul, apprezzamento e soddisfazione sono giunti anche da Barack Obama ed Hu Jintao.
Il Presidente degli Stati Uniti, dopo un breve incontro bilaterale, ha voluto intrattenersi con Monti per qualche minuto di grande cordialità. Il suo giudizio non lascia spazio a dubbi. «L’Italia ha avuto un ruolo molto importante» relativamente ai progressi realizzati in seno all’eurozona, ancorché in un lasso di tempo così breve.
La voce del Leader cinese si aggiunge al coro di valutazioni positive. «Il nostro colloquio ha colmato una lacuna. Incoraggerò personalmente gli investimenti, pubblici e privati, in Italia». Una premessa straordinaria in vista della visita in Cina che attende a breve il nostro Presidente del Consiglio.
Cosa sta accadendo dunque? Siamo nel bel mezzo di una positiva svolta o, al contrario, come sostengono la CGIL ed alcuni altri esponenti politici, sta per materializzarsi un vero e proprio “massacro” attorno alla sfera dei diritti dei lavoratori? L’attuale scenario economico mondiale, sempre più globalizzato ed esposto alla concorrenza internazionale, impone necessariamente un cambiamento. Difficile pensare che si materializzi grazie a contenuti datati che da troppo ormai non fanno altro che tenere il nostro Paese “sotto scacco”. Altrettanto difficile pensare di poter realizzare questa transizione senza dover, ciascuno nel proprio piccolo e nessuno escluso, accettare dei sacrifici.
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Luca Marfé

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