Crisi dei partiti: decreto o autorithy, politica corre ai ripari

ROMA – L’urgenza è dettata dalla valanga che, dopo il caso Lusi e la bufera nella Lega, rischia di travolgere tutti i partiti senza distinzioni già alle amministrative. Per questo oggi i presidenti di Camera e Senato Gianfranco Fini e Renato Schifani chiedono di non perdere più tempo per rendere trasparenti i bilanci. Ma il vero punto su cui governo e partiti riflettono è ‘chi può controllare i partiti’: la Corte dei Conti non può intervenire su soggetti di diritto privato, e per ciò spunta l’idea di una ‘Consob’, un’Authority che verifichi l’uso dei soldi pubblici.
Dopo i big di partito, Fini e Schifani chiedono di voltare pagina sui rimborsi pubblici in tempi brevissimi, già prima dell’estate. Non che, ricorda il presidente della Camera, manchino le iniziative legislative,visto che solo a Montecitorio sono stati depositati 18 disegni di legge. A questo punto, è la soluzione indicata da Fini non contrario all’ipotesi di un decreto, la commissione Affari costituzionali ”in stretto raccordo con il Senato, avvii subito la discussione per giungere ad un testo unico, possibilmente largamente condiviso, che potrebbe essere esaminato dall’Aula prima della pausa estiva”.
Meno favorevole al decreto, è Schifani perchè essendo una legge presentata dal governo ”rischierebbe di avere il sapore di una sconfitta della politica”. Ma al di là dello strumento legislativo, l’interrogativo è come rendere efficace il controllo sui bilanci dei partiti. La verifica della Corte dei Conti, spiegano fonti parlamentari, potrebbe avvenire solo dopo aver cambiato l’articolo 49 della Costituzione e trasformando i partiti da soggetti di diritto privato a soggetti di diritto pubblico. Ma l’iter parlamentare per rivedere un’articolo della Costituzione è troppo lungo rispetto alla necessità, avvertita da tutti, di intervenire al più presto. A questo punto le vie da intraprendere sembrano due: o imporre ai partiti di sottoporre i bilanci a società esterne di revisione o creare un’Authority, un soggetto che svolga la stessa funzione che riveste la Consob sulle società quotate in borsa.
Il governo, a quanto si apprende, preferirebbe che, come per la legge elettorale, anche sulla trasparenza la politica si autoriformasse. Pur ammettendo, come fa oggi il ministro della Pubblica Amministrazione Filippo Patroni Griffi, che ”il tema è urgente”.
Dal canto loro, i partiti si danno appuntamento la prossima settimana al rientro dalla pausa pasquale. Scettico sull’Authority è il vicepresidente di Fli Italo Bocchino (”non aiuta a fare presto e bene per garantire trasparenza”) mentre il Pd è aperto ad ogni soluzione che possa risolvere presto la situazione. E in nome di una politica più pulita Gianfranco Fini lancia due petizioni popolari per chiedere che non siano candidati i condannati anche in primo grado per truffa, corruzione, associazione a delinquere; e affinchè i politici e i dipendenti condannati in via definitiva siano espulsi dalla pubblica amministrazione. Trasparenza, però, per il leader Udc Pier Ferdinando Casini, non vuol dire abolizione del finanziamento pubblico.
– Se aboliamo del tutto il finanziamento, Berlusconi il suo partito se lo farà, altri no – sostiene -. Io dico: quando i soldi non si spendono alla fine dell’anno, quelli in eccedenza vanno restituiti.

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