Siria, continuano i massacri nonostante l’ultimatum Onu

ROMA – A tre giorni dall’ultimatum fissato dall’Onu per il disimpegno militare in Siria e il cessate il fuoco entro le 48 ore successive, non si ferma la repressione del regime con nuovi scontri tra militari e disertori che hanno lasciato sul terreno oltre 130 morti. E mentre il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon condanna i nuovi attacchi lanciati da Damasco contro le città ribelli, sale a oltre 24 mila il numero dei profughi accolti in Turchia. Un vero e proprio bagno di sangue, denunciano gli attivisti dell’Osservatorio siriano dei diritti umani e il Consiglio rivoluzionario siriano, una piattaforma di oppositori al regime. Stando a quanto scrive la tv satellitare al Arabiya online le vittime solo oggi sono 133, oltre la metà civili.
La maggior parte dei bombardamenti da parte delle forze del regime si è concentrata nella regione di Hama (centro), mentre è Latamna la città più colpita. Altri testimoni parlano di decine di civili massacrati a Homs, nel quartiere di Deir Baalba. Attivisti riferiscono alla Reuters di strade ”ricoperte di sangue”. Molte vittime sono ”giovani o uomini di mezza età, alcuni con le mani legate dietro alla schiena e con gli occhi bendati”. Diversi corpi mostrano ”segni di tortura”, e forse in passato potrebbero essere stati arrestati, riferisce Saleem Qabbani, che fa parte di un coordinamento di oppositori, ”ma non avendo i documenti non è facile capire chi siano veramente”.
Da New York è duro il monito del segretario generale dell’Onu che ”condanna” i nuovi attacchi del regime e afferma che queste azioni ”violano” la posizione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. La promessa del presidente Bashar al Assad di cessare le operazioni militari entro il 10 ”non può essere un pretesto per continuare ad uccidere”, continua Ban, preoccupato per il rapido deterioramento della situazione umanitaria, che riguarda più di un milione di persone. Il documento approvato il 5 aprile dal Consiglio di Sicurezza Onu chiede che Damasco rispetti immediatamente, e non oltre il 10 aprile prossimo l’impegno assunto sul disimpegno militare, l’interruzione dell’uso di armi e il ritiro delle truppe dai centri abitati.
I Quindici membri del Consiglio di sicurezza invitano inoltre tutte le parti in Siria, compresa l’opposizione, a un cessate il fuoco entro le 48 successive al termine ultimo. Intanto con l’arrivo di quasi 700 persone, sale a 24.324 il numero dei profughi siriani accolti al momento in Turchia, stando alla Protezione civile turca (Afad). Tra ieri e oggi, precisa l’ufficio per la gestione dei disastri e delle emergenze della presidenza del Consiglio turca, sono entrati in Turchia 699 siriani mentre 102 hanno fatto ritorno in patria. Calcolando anche i ritorni, sono stati 38.398 gli ingressi in territorio turco dall’inizio della crisi provocata dalla repressione dei movimenti di protesta contro il regime in Siria.
E mentre continua la mattanza oggi a Damasco si è celebrato il 65esimo anniversario della nascita del partito Baath al potere in Siria. Migliaia di persone si sono radunate al centro di Damasco, secondo la France Presse, sventolando bandiere della Siria e del partito, oltre a ritratti del presidente Assad, mentre venivano intonate canzoni patriottiche. ”Dio, la Siria, Bashar è tutto”, ”Shabbiha (miliziani del regine, ndr), a vita, per te Assad”, scandeva la folla.”L’hanno chiamata rivoluzione e hanno massacrato gli uomini”, ha urlato una giovane donna riferendosi ai ribelli.