La corsa per i due candidati all’Eliseo è ormai in dirittura d’arrivo

Nicolas Sarkozy e François Hollande. La corsa per i due candidati all’Eliseo è ormai in dirittura d’arrivo. I francesi saranno chiamati a scegliere il loro prossimo Presidente sulla base di due diverse tornate elettorali, così come previsto dalla costituzione. Domenica prossima, i “cugini d’oltralpe” si recheranno a votare per il primo turno. Due settimane dopo, il 6 maggio, torneranno alle urne per il secondo e decisivo appuntamento, da cui verrà fuori il nome del leader che per i prossimi cinque anni avrà il compito di guidare il Paese lungo un percorso che si preannuncia non privo di ostacoli.
Una campagna che molti osservatori, e molti francesi, hanno più volte definito deludente, fredda, povera di temi e di idee. Proprio ad un passo dal traguardo però, cresce la suspense intorno al terzo gradino del podio: la frontista di estrema destra Marine Le Pen, figlia di Jean-Marie (Ex-Presidente del partito “Fronte Nazionale” e più volte candidato all’Eliseo), che auspica la chiusura delle frontiere e l’uscita dall’euro, o il populista di sinistra Jean-Luc Mélenchon, il tribuno che arringa le folle invitando all’insurrezione contro il capitalismo e la mondializzazione?
Gli elettori avranno comunque modo di scegliere tra due personaggi molto diversi, ben caratterizzati e realmente contrapposti. I due programmi appaiono infatti fortemente ancorati alle anime tradizionali del bipolarismo francese.
I propositi di Sarkozy ruotano essenzialmente attorno all’asse centrale della disciplina di bilancio, riprendendo gli argomenti classici della destra. Difesa della sovranità nazionale ed attacco all’Europa debole. Minaccia di congelare l’accordo di Schengen e di recuperare autonomia decisionale sul fronte degli scambi commerciali. Promesse sul dimezzamento dell’immigrazione (legale) e nuovi paletti sui ricongiungimenti familiari. Riproposizione del nucleare, a garanzia della (parziale) indipendenza energetica del Paese. Lotta all’assistenzialismo, con l’obbligo di sette ore alla settimana di lavori socialmente utili per chi riceve l’indennità di disoccupazione ed il divieto, per chi è senza lavoro, di rifiutare un impiego al termine della formazione. Presente addirittura il ritorno all’utilizzo del referendum popolare di memoria gaullista.
Il candidato socialista all’Eliseo, François Hollande, ha a sua volta annunciato il dettaglio delle misure che, qualora eletto, adotterà nel corso dei primi mesi di governo. Un vero e proprio piano d’azione che ha fatto recapitare presso le redazioni delle più note testate giornalistiche e che ha personalmente illustrato in un meeting a Rennes, fianco a fianco con la sua ex-compagna, ed ex-candidata alle presidenziali, Ségolène Royal.
Il primo pacchetto di provvedimenti è previsto tra l’insediamento (10 o 11 maggio) e la fine della sessione ordinaria del Parlamento (29 giugno) e sembra essere costituito soprattutto da decisioni simboliche e popolari, evidentemente poco rilevanti, ma al tempo stesso perfette dal punto di vista del “marketing politico”. Riduzione del 30% dei compensi del Capo dello Stato e dei Membri del Governo. Aumento del 25% dell’indennità scolastica (il contributo pubblico alle famiglie meno abbienti). Blocco per tre mesi del prezzo della benzina. Raddoppio del tetto dei libretti di risparmio (ad oggi gli unici remunerati al 2,5%; i conti correnti attualmente non lo sono). Invio ai Partner europei di un memorandum con le richieste di modifica del “Fiscal Compact”, in vista del summit di Bruxelles del 28 e 29 giugno, affinché sia più «orientato al sostegno della crescita». Annuncio agli alleati (in occasione del G8 previsto a Camp David il 18 e 19 maggio e del vertice Nato di Chicago del 20 e 21 maggio) del ritiro anticipato, entro la fine 2012, delle truppe francesi dall’Afghanistan. Divario massimo di uno a venti per retribuzioni e compensi nelle aziende pubbliche.
Spazio anche a due misure piuttosto impegnative: il decreto che ristabilisce il diritto ad andare in pensione a 60 anni (per chi ha cominciato a lavorare prima dei vent’anni e ha almeno 41 anni di contribuzione) e la cancellazione della legge che da ormai cinque anni limita al 50% il turnover nella pubblica amministrazione (un dipendente in uscita ogni due non viene sostituito).
Nel medio e lungo periodo, invece, l’accento è stato posto sulla presentazione di una legge di bilancio pluriennale che traccia il percorso per arrivare all’equilibrio nel 2017. La soppressione della cosiddetta “Iva sociale”, che prevede il trasferimento alla tassazione indiretta di una parte dei contributi a carico delle imprese, finalizzata alla riduzione del costo del lavoro. Assunzione di una prima tranche dei 60.000 nuovi dipendenti nel settore scolastico, previsti nel corso dei cinque anni di mandato. Infine, il pacchetto fiscale: abolizione e limitazione delle centinaia di agevolazioni oggi possibili; modulazione del prelievo sulle aziende, finalizzata a favorire le piccole e medie imprese; sovrattassa sulle banche e sulle società petrolifere; cancellazione dell’esenzione d’imposta sulle successioni per patrimoni ingenti; ripristino integrale della patrimoniale (alleggerita nel corso del suo primo mandato da Sarkozy); creazione di un’aliquota del 75% sui redditi più alti per la parte superiore al milione. Di nuove tasse, che presumibilmente ci saranno, neppure l’ombra. Non è il momento.
L’uomo della serietà e della verità, che si contrappone ai venditori di fumo, agli affabulatori dalle promesse insostenibili. L’uomo del rigore rispetto al «festival della spesa» proposto dai socialisti. Questa è l’immagine sulla quale l’attuale Presidente ha costruito la sua campagna. Così, proprio nel giorno in cui la Francia vede risalire, sia pure lievemente, lo spread dei suoi titoli di Stato (OAT) sui bund tedeschi, Nicolas Sarkozy lancia un avvertimento al suo popolo in un periodo delicatissimo per le sorti dell’Eurozona: guardate cos’è successo in Grecia o in Spagna, dopo sette anni di socialismo. «Chi pagherà i costi delle misure annunciate» da Hollande, che saranno inevitabilmente ed ulteriormente appesantiti dalle trattative che dovrà aprire in vista del secondo turno con il populista di sinistra Jean-Luc Mélenchon?
Continuano nel frattempo le montagne russe dei sondaggi. A poche ore dal voto, le ultime rilevazioni lanciano il leader socialista intorno al 29.5%, contro i 27 punti percentuali del Presidente uscente. Si registra altresì una rimonta di Marine Le Pen, le cui preferenze oscillerebbero tra il 14 ed il 17%.
Analisti ed esperti raccomandano tuttavia una necessaria prudenza. Il malcontento generale, unito ad un clima di diffuso pessimismo, potrebbe tradursi in un astensionismo elevato, quantificabile addirittura attorno al 30%. Gli indecisi sono in aumento ed esiste una forte “volatilità” dell’elettorato tra i candidati degli stessi schieramenti. Alcuni elettori, dicono i politologi, possono cambiare idea fino al giorno prima del voto, persino al momento di entrare nel seggio. Un primo scrutinio imponderabile, dunque, che serve spesso ad esprimere un voto di opinione.
A dispetto dei sondaggi, la campagna va avanti come se tutto fosse ancora possibile. «Mi batterò fino alla fine» ha annunciato Sarkozy. Il suo ultimo comizio, prima di domenica, sarà a Nizza, feudo del “Fronte Nazionale”. Un elettorato che lo aveva sostenuto nel 2007 e che adesso potrebbe pregiudicare definitivamente il suo destino politico. «Se perdo, sarò il solo responsabile» ha affermato. Una battuta che lascia filtrare il dubbio della sconfitta.

Luca Marfé
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