Navardauskas in rosa, finisce la favola di Phinney

VERONA – Per la prima volta, dopo ben 95 edizioni, il padrone del Giro ciclistico d’Italia diventa un lituano. Ha un nome che sembra uno scioglilingua e la potenza di un ciclone: si chiama Ramunas Navardauskas e ieri, a Verona, è stato protagonista di una prestazione da incorniciare, assieme ai compagni della Garmin-Barracuda, che si è aggiudicata la crono a squadre conclusa davanti all’Arena e valida come 4ª tappa della corsa rosa. Cose dell’altro mondo, verrebbe da dire.

Dopo il trionfo nel 2009 del russo Denis Menchov a Roma, con tanto di finale-thrilling, ecco un altro eroe sui pedali venuto dall’est e già entrato nella storia.

In carriera Navardauskas, prima di ieri, aveva vinto quasi nulla, ma al momento giusto ha avuto il merito – il riferimento è alle tre tappe disputate sulle strade della Danimarca – di mantenersi nei quartieri altri della classifica generale del Giro. Alla prima occasione, cioé nella frazione di ieri, poi, ha piazzato l’affondo vincente e messo le mani sul primato.

Una vera sorpresa, che ha il fresco sapore della novità. Senza il contributo di una squadra ben affiatata, ma soprattutto veloce e dotata del sincronismo di un batterista, Navardauskas non avrebbe conquistato un bel niente. Invece ha vissuto il suo giorno di gloria, sfilando con garbo la maglia rosa a Taylor Phinney, partito con tre punti di sutura al piede destro (e un vantaggio di 18” sul lituano), dopo la spaventosa caduta nella tappa di Horsens, l’altro martedì, e molto deluso al termine della sfida contro il tempo di ieri.

Peraltro, a Phinney è andata di lusso anche nei dintorni di Verona, quando ha rischiato un altro clamoroso capitombolo. Dopo una curva in leggera discesa, infatti, il corridore della Bmc ha tirato dritto, finendo per prati e trascinandosi dietro anche fasci d’erba, che si sono incastrati fra la catena, il mozzo della bici e i pedali. Ha rischiato tanto, il gigante a stelle e strisce.

Nella fortuna, però, ha avuto la sfortuna di perdere la maglia rosa, ma di lui restano impresse nel cuore e nella mente la cocciutaggine, la tenacia e la testardaggine, che gli hanno permesso di tenersi ben stretta la sua bella maglia rosa fino al rientro a casa del Giro. Come sperava e come aveva auspicato dopo averla conquistata a Herning.

Alla lunga, tuttavia, Phinney ha dovuto arrendersi all’evidenza. In condizioni normali, forse, avrebbe potuto ottenere qualcosa di più, magari sperare in un esito diverso della crono di ieri, ma non sempre le cose vanno come ci si augura. Phinney è comunque caduto in piedi, va elogiato per il suo coraggio, la forza e la voglia di andare oltre ogni avversario, così come il giovane Navardauskas, 24 anni compiuti il 30 gennaio scorso, nato in una città di poco più di 30 mila anime di nome Silalé, situata nella regione della Samogizia.

A Verona ha vinto uno specialista, che fa parte di una squadra di specialisti, come confermano i successi nella cronosquadre del Tour de France 2011 (all’epoca il team si chiamava Garmin-Cervelo) e in quella di quest’anno nel Giro del Qatar, al termine del quale il lituano volante si è aggiudicato anche la classifica dei giovani.
Tra i big continuano a perdere terreno Scarponi e Cunego, ma il loro ritardo dagli altri favoriti si mantiene entro il minuto. Basso procede senza spasmi e tiene a bada Kreuzinger, mentre Franck Schleck galleggia. Le montagne sono ancora lontane.

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