Maracaibo, sequestrati ed uccisi coppia di coniugi italiani

MARACAIBO – Senza vita e ammanettati. Morti affogati. I corpi di Salvatore Di Pietro (52 anni) e Teresa Del Savio Esposito Di Pietro (55 anni) sono stati trovati ad appena 5 chilometri dalla spiaggia di Caimare Chico, nella regione della Goajira, nello Stato Zulia. Distesi ad un centinaio di metri l’uno dall’altro, i connazionali, stando alle indagini forensi, non mostrerebbero segni di violenza nè ferite causate da armi bianche o da fuoco.

I coniugi, secondo una prima ricostruzione della vicenda, sarebbero stati sequestrati giovedì sera da alcuni individui armati a bordo di una Therios color rosso.

Dopo una giornata di lavoro, una volta chiuso il loro negozio di liquori nel centro Commerciale North Center nell’Av. Fuerzas Armadas del quartiere Isla Dorada di Maracaibo, i Di Pietro salgono sulla loro vettura per tornare a casa. Li segue, per alcuni chilometri, uno dei figli, prima di prendere un’altra strada. E’ in quel momento che i delinquenti decidono di entrare in azione. Prima affiancano l’auto dei Di Pietro e gli fanno cenno di fermarsi. Al rendersi conto che i connazionali, a bordo della loro Kia Sportage, invece di frenare pigiano l’acceleratore per fuggire, aprono fuoco contro la vettura. Alcuni colpi s’inficcano nella porta, altri mandano in frantumi i vetri. Spaventati i Di Pietro frenano pur consapevoli che così facendo sarebbero rimasti preda facile dei malviventi. Ed infatti, così è stato. Cosa sia accaduto nelle ore successive al sequestro è un mistero. La stessa Commissario Odalis Caldera, Segretaria di Sicurezza e Ordine Pubblico dello Stato Zulia, ha ammesso che si tratta di un “crimine atipico”. Ed infatti tutto si è svolto nell’arco di pochissime ore, rendendo inutile ogni intervento dell’antisequestro del Cicpc (la ‘scientifica’ venezuelana) ed anche quello del nostro esperto antisequestro.

Le ipotesi su quanto accaduto nelle poche ore in cui i Di Pietro sono rimasti in mano dei carnefici sono tante: la barca impiegata dai malviventi per trasportare le vittime al loro covo ha fatto acqua ed affondato a causa del mare grosso; Di Pietro si è ribellato ai sequestratori facendo capovolgere la barca sulla quale era anche la moglie; i malviventi hanno voluto sbarazzarsi delle vittime pensando che comunque non avrebbero potuto ricevere la somma di denaro alla quale ambivano.

Straziante la scena del riconoscimento delle vittime ad opera dei due figli e del fratello di Di Pietro. La figlia ed i genitori delle vittime hanno ricevuto la triste notizia in Italia, dove erano per una breve vacanza.

I Di Pietro sono originari di Santa Maria Capua Vetere, un paesetto in provincia di Caserta. E’ lì dove sono nati i loro figlioli. Il nostro Consolato Generale di Maracaibo è stato vicino alla famiglia delle vittime offrendo loro l’assistenza di rigore.

Questa mattina, presso il cimitero Jardines La Chinita, si svolgeranno le esequie dei due coniugi. I tre figli Caterina, Giuseppe e Luis Alfredo – nati tutti nella cittadina casertana – hanno espresso la volontà di provvedere alla cremazione dei propri cari per poi trasportare in Italia le urne contenenti le ceneri.

Un procedimento che richiederà qualche giorno ma che consentirà un ulteriore celebrazione solenne nella città di Santa Maria Capua Vetere dove Salvatore Di Pietro è stato, per oltre un decennio, titolare di una delle più rinomate gelaterie nei pressi della villa comunale.

Di Pietro/Bortolotti:
gli stessi sequestratori?
CARACAS – Jesús Caría, supervisore della subdelegzione della Polizia scientifica dello stato Zulia, non scarta la possibilità che la banda di sequestratori dei coniugi Di Pietro sia la stessa che lo scorso 9 maggio ha rapito un’altra connazionale, Gina Bortolotti, sempre a Maracaibo. Non si esclude, inoltre, che il tragitto che ha condotto alla morte Salvatore e Teresa sia lo stesso percorso dalla Bortolotti.

Secondo le autorità della penisola della Guajira, varie bande che operano nella zona intercettano le proprie vittime a Maracaibo e nella Isla Dorada e le portano via mare fino a Cojoro, per poi arivare in Colombia. Questo è il percorso più facile e sicuro per i criminali.

 

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