Di Natale: “Dopo l’Europeo forse smetto”

FIRENZE – Segnare e dirsi addio. Dopo 83 gol in tre anni, Antonio Di Natale ha ritrovato l’azzurro. Ma non la voglia di continuare oltre i suoi 34 anni, e l’ultima stagione di contratto che ancora lo lega all’Udinese.

“Smettere dopo l’Europeo? L’ho detto, e ci penso sul serio. Gioco troppo, a questa età certi ritmi sono alti. E poi mi voglio godere i figli, cominciano a crescere e voglio stare di più con loro”, l’ammissione del ‘Totò’ azzurro dal ritiro di Coverciano. Dice di non sentirsi “un bomber di scorta”, e ricorda a tutti come per l’intera stagione avesse ritenuto “impossibile che Prandelli non si accorgesse di me: segnavo ogni domenica, al massimo ogni due”.

Per questo si mette a disposizione del commissario tecnico azzurro per la sua ultima chance in nazionale, dopo la delusione di Euro 2008 (“quel rigore sbagliato conla Spagna…; non fatemi pensare alla prossima vigilia della partita contro di loro a Poznan”) e si propone come ‘chioccia’ dei giovani, Balotelli e dintorni. Però precisa: “Non sono venuto in nazionale per far vacanza: ovvio che voglio giocare. E da prima punta sarebbe il massimo. E’ oramai il mio ruolo, è da quando ero giovane che non gioco più defilato a sinistra”.

Prandelli chiarirà, anche a se stesso, se l’attaccante dai piedi d’oro può restituire alla nazionale l’idea iniziale di un tridente: “Non ho mai giocato né con Cassano né con Balotelli – ricorda Di Natale – Col primo non ci sarebbero problemi, con Mario neanche. E magari potessimo giocare tutti e tre insieme…”.

In attesa di sciogliere il dubbio tattico, la certezza è che lui sarà il portabandiera di una generazione che sta per salutare, il simbolo di un altro calcio.

“Ho pensato di smettere, e non per la morte di Morosini. Anche se quella scena l’ho seguita in tv e mi ha sconvolto – ricorda ancora il bomber dell’Udinese, con altri giocatori in prima linea nell’adottaré la sorella del giocatore del Livorno – Il calcio è bello, ma c’é altro nella vita”.

Più o meno l’idea che si è fatto di fronte ad altre brutte scene della stagione: quelle della follia ultrà a Genova, o quelle dei processi del calcioscommesse.

“Io la maglia non me la toglierei mai, me la sudo. Non so se quella sia stata una resa: certo però, ero davanti alla tv con mio figlio e lui non capiva…”.

Come tanti tifosi increduli alle scelte di questo piccolo attaccante, esplosivo in campionato e poco decisivo in azzurro: “Non mi sono mai pentito di aver detto no alla Juve: esser stato due volte capocannoniere con l’Udinese per me vale tanto. Quanto all’azzurro – spiega – può darsi che quella maglia mi pesi tanto, e può darsi che sia stato impiegato spesso in ruoli non miei…”. Anche per questo l’ultima occasione azzurra vorrebbe giocarsela al meglio, “da punta centrale”.

Prima di dire addio. “Smettere era un pensiero che mi girava per la testa. Non come Guidolin, che lo dice per andare in bicicletta. Negli ultimi 20 giorni di questa stagione – fa notare – ho giocato 5 partite. Troppe, per me. L’avevo detto, ma non è cambiato molto: è evidente che non comandiamo noi giocatori”. Per aspettare che qualcosa cambi, dovrà passare la generazione dei Di Natale.

“Le mie opinioni sui gay? Ho solo detto quel che pensavo – conclude – Visto quel che fanno gli ultrà di Genova, come pensate che potrebbe scendere in campo uno che ha detto ‘io sono cosi’? Non scherziamo…”. Anche questo è tardi per cambiarlo, a 34 anni e tanti gol.

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