Quale destino per la Grecia nel sistema Euro?

«Non lanciate alla Grecia segnali sul modo di uscire dall’euro, ma piuttosto messaggi sul modo di uscire dalla crisi». Parla chiaro il segretario generale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), Angel Gurria, che si è fatto portatore di recente un nuovo accorato appello sulla crisi greca, contro il moltiplicarsi delle allusioni attorno alla possibilità di uscita di Atene dal sistema della moneta unica. I responsabili politici ed economici non dovrebbero alludere a questo tipo di scenario, che è una «via alquanto pericolosa», ma al contrario discutere i modi per fare uscire la Grecia dalla crisi. Il Paese va incoraggiato a proseguire sulla strada dei «numerosi e difficili aggiustamenti realizzati finora» ed inoltre una sua uscita dalla zona euro avrebbe l’effetto di far perdere tutto ciò che è stato investito per sostenere l’anello debole dell’Unione Europea nelle sue grandi difficoltà. Gurria ha concluso sottolineando infine che «non siamo in grado di misurare obiettivamente quello che accadrebbe se andassimo nella direzione» dell’uscita. In un certo modo, l’abbandono dell’euro da parte di Atene, «è la soluzione che sembra più facile, ma è anche la più pericolosa e la meno conosciuta».

Anche la Banca Centrale Europea (BCE) è in linea con quanto affermato dai vertici dell’OCSE. Il suo Presidente, Mario Draghi, ammette però che toccherà prendere delle decisioni.

Draghi ha ribadito giorni fa la posizione che ha sempre sostenuto in questi mesi, anche per correggere la sensazione che la BCE fosse in qualche modo pronta ad avallare la rottura dell’eurozona, alimentata dall’interpretazione di alcune dichiarazioni dei giorni scorsi. Riguardo a tale «difficile situazione», l’ex-Governatore della Banca d’Italia non ha lasciato spazio ad ulteriori dubbi. «Dato che il Trattato non prevede nulla riguardo ad un’eventuale uscita, non è una questione che tocchi alla BCE decidere. Mentre la banca continuerà a rispettare il proprio mandato di mantenere la stabilità dei prezzi nel medio termine e conservare l’integrità del nostro bilancio, voglio affermare che la nostra forte preferenza è che la Grecia continui a stare nell’area dell’euro».

La Grecia resta chiaramente al centro delle preoccupazioni della BCE, il cui consiglio si è riunito la scorsa settimana a Francoforte. Presente anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Erano altresì circolate delle voci, che non hanno però trovato alcuna conferma, secondo cui la BCE, per limitare il contagio del caso Grecia, aveva ripreso gli acquisti dei titoli di Stato spagnoli. Successivamente ha causato una certa agitazione un’altra informazione di agenzia secondo cui la BCE avrebbe sospeso l’attività di finanziamento ad alcune banche greche. In realtà, gli istituti in questione sono passati a ricevere liquidità dalla Banca centrale greca e dallo sportello di emergenza, in quanto, in seguito alla recente ristrutturazione del debito pubblico, si sono trovate seriamente sottocapitalizzate. I fondi per la ricapitalizzazione, 25 miliardi di euro, fanno parte del programma di aiuti forniti ad Atene dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, concessi attraverso il fondo “salva-Stati”. Una volta completata la ricapitalizzazione, che secondo fonti monetarie dovrebbe avvenire in tempi brevi, sarà nuovamente garantito l’accesso alle normali quote di finanziamento dell’eurosistema. La BCE ha inoltre confermato attraverso dei canali ufficiali che continua e continuerà a sostenere le banche greche.

L’incertezza però continua a dominare la scena. Una breve analisi di alcune delle dichiarazioni dei giorni scorsi e, più in generale, dell’atteggiamento di molti protagonisti della realtà europea rende quest’affermazione incontrovertibile.
Angela Merkel ed il neo presidente francese François Hollande hanno aperto alla possibilità di sostenere Atene attraverso una serie di misure che possano favorirne la crescita, tenendo in primo piano però il rispetto del programma concordato in cambio degli aiuti. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha dichiarato ieri di «non voler fare previsioni» riguardo al fatto che la Grecia possa essere o meno nell’euro da qui a dieci anni.

Anche al di fuori dell’Unione Monetaria regna un clima di forte preoccupazione. Il Governatore della Banca d’Inghilterra, Mervyn King, ha sostenuto che le autorità inglesi sono al lavoro su un piano di emergenza in caso di uscita di un Paese dal sistema euro. Lo stesso Direttore del Fondo Monetario, Christine Lagarde, pur avendo sottolineato che «l’area euro è ad un punto critico» e che «l’ideale sarebbe che Atene appoggiasse il programma di salvataggio esistente», ha ribadito che l’istituzione di Washington deve essere pronta per ogni evenienza. Il primo ministro britannico David Cameron ha lasciato trapelare tutta la sua apprensione, sostenendo che «l’Europa deve necessariamente aumentare le risorse del proprio “firewall” – la barriera anti-contagio – se non vuole rischiare una vera e propria rottura dell’intera eurozona».

A seguito della fase di stallo figlia dell’ultima tornata elettorale, un nuovo voto è previsto ad Atene per giugno. Tutti ansiosi di ascoltare la voce del nuovo Governo greco, al fine di misurarne la reale intenzione di continuare lungo il sentiero di un’Europa unita.

Luca Marfé
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