Il nord in mano tuareg, si punta a soluzione militare

BAMAKO . Le sorti del Nord del Mali, di fatto separato dal resto della nazione dal mese di aprile, potrebbero dipendere dal neo Comitato militare di attuazione della riforma delle forze di difesa e sicurezza. Dopo settimane di stallo politico a Bamako, il governo di transizione ha varato la creazione di una nuova istanza chiamata a sostenere l’esercito nella sua missione di difesa dell’integrità del territorio nazionale. Compito del comitato, di cui fanno parte diversi esponenti della giunta militare che lo scorso 22 marzo ha destituito l’ex presidente Amadou Toumani Touré, è quello di equipaggiare le forze armate maliane con mezzi più moderni e sostenere moralmente le truppe nella lotta ai gruppi armati tuareg e islamici che hanno preso il controllo delle regioni settentrionali.

In base agli accordi firmati tra militari e Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas), il nuovo organismo dovrebbe assorbire quello creato dalla giunta del capitano Amadou Haya Sanogo, il Consiglio nazionale per il ripristino della democrazia e dello Stato (Cnrdre), rispondendo agli ordini delle autorità di transizione. Tuttavia è poco chiaro il ruolo e i poteri che i militari avranno nel nuovo comitato, mentre in tanti a Bamako non vedono di buon occhio la loro continua ingerenza in istituzioni civili ancora fragili e i privilegi di cui godono. Del resto nelle ultime ore nuove accuse sono piovute sulla giunta per casi di presunte torture e violazioni dei diritti umani ai danni dei militari e civili detenuti nella guarnigione di Kati, quartiere generale di Sanogo e dei suoi. Un collettivo di avvocati ha trasmesso una lettera aperta al ministero della Giustizia per chiedere l’apertura di un’inchiesta sulla sorte dei circa 50 detenuti, per lo più ufficiali e soldati. Da Kati Sanogo si dice convinto che la situazione del Nord potrebbe “rientrare in poche settimane, per non dire giorni. La combattività e il patriottismo dei nostri soldati vi sorprenderanno se dovessero ottenere strumenti adeguati per ripristinare la nostra integrità territoriale”.

Sulla strada della soluzione militare si stanno sempre più orientando la Cedeao, i cui responsabili militari si sono riuniti martedì a Abidjan per un incontro tecnico teso a definire proposte concrete su un possibile intervento nel Nord del Mali. La futura forza dell’Africa occidentale ha già un nome: Micéma, cioè Missione della Cedeao in Mali, di cui due terzi delle unità lavorano in modo permanente per la ‘Force en attente’ (Fac, Stanby force), con base a Abuja (Nigeria). Alla missione potrebbero partecipare caschi blu della missione Onu in Costa d’Avorio, caschi verdi dell’Unione Africana ma anche soldati della Francia e degli Usa. Sabato, sempre ad Abidjan, si riuniranno i capi di stato maggiore dei 15 paesi membri della Cedeao ma la decisione finale di un eventuale intervento toccherà ai capi di Stato e di governo della regione occidentale.

Nel caso l’opzione diplomatica non dovesse andare a buon fine, cioè il dialogo con i gruppi ribelli, allora “servirà un impegno operativo ben delineato, coordinato e di breve durata” ha detto il responsabile delle forze ivoriane, il generale Soumaila Bakayoko. Inizialmente prevista con effettivi di 3.000 uomini, la futura Micéma potrebbe contare fino a 9.000 soldati. Ma prima del dispiegamento serve l’autorizzazione formale del Consiglio di sicurezza dell’Onu: a richiederla nei prossimi giorni sarà il presidente della commissione dell’Unione Africana, Jean Ping, secondo cui “l’uso della forza appare sempre più necessario”.

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