Loris – Petrolini alla conquista delle Americhe

C’erano una volta……. gli emigranti italiani. Qualche masserizia e tanti sogni chiusi in una valigia, un fazzoletto umido di lacrime, una nuova vita lontano…….lontano dalla miseria, dall’ingiustizia e dalla sopraffazione, ma anche lontano dai volti familiari, dalle tradizioni ereditate e gelosamente custodite da generazioni, lontano da quel paesaggio caro, forse privo di ricchezze per molti, ma sempre bellissimo e struggente alla vista, come nella memoria. Davanti a loro, oltre l’orizzonte, lo sguardo aspettava “ Lamerica”, come si soleva chiamare, il continente della speranza e della prosperità. Una promessa mantenuta per moltissimi connazionali che, dalla fine dell’Ottocento e per decenni a seguire, ha alimentato un’ondata irrefrenabile di italianità che andava ad arricchire la cultura e il modus vivendi di popoli tanto diversi dal nostro. Una volta trapiantati in quei luoghi, gli italiani si fanno onore: per la loro laboriosità, per lo spirito d’iniziativa, per quelle virtù d’ingegno che da sempre li hanno contraddistinti nella buona come nella cattiva sorte. Si va bene, ma l’Italia…… già, la cara, la non dimenticata Italia. E mentre ancora è in essere il processo di integrazione, già si sviluppa il fenomeno della nostalgia, che non tarda ad assumere aspetti complessi ed estremamente caratteristici. Uno di questi chiama in causa il mondo dello spettacolo, da sempre messaggero dell’evoluzione della cultura e della civiltà italiana nel mondo. Richiamati dalle irresistibili sirene di guadagni, favolosi e sicuri successi , una schiera interminabile di tenori,soubrettes, ballerini, attori, comici, cantanti, fantasisti e virtuosi nelle arti liberali, si preparano ad attraversare l’Oceano, rifacendo con migliori conforts il percorso tracciato sulla via dell’emigrazione. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non vengono reclutati solo cavalli imbolsiti da lontani successi, o tristi vedettes sul viale del tramonto, ma futuri protagonisti delle scene italiane che proprio in America conseguono le prime convincenti affermazioni. Così i nostri connazionali emigrati, amanti del bel canto e della lingua italiana, ma anche affaristi per niente sprovveduti, si scoprono talent scout di nuove stelle del palcoscenico internazionale. Dell’esposizione appena tratteggiata, ne parliamo con l’autore del libro, il saggista Andrea Calcagni, che ha recentemente dato alle stampe l’Enciclopedia dei Loris – Petrolini (Fermenti Editrice, Roma 2011), un testo di grande interesse storico – culturale dedicato agli esordi del grande attore romano Ettore Petrolini , che proprio nelle tounées sudamericane conobbe autentici trionfi. Quello che più colpisce il lettore del libro di Calcagni è il metodo che lui usa,( così come riportato nella parte posteriore della copertina del libro), ricorda quello cinematografico, una macchina da presa che concentri la sua attenzione sui vari particolari, per poi raggiungere la visione d’insieme così da focalizzare e rendere vivi i diversi aspetti di un fenomeno multiforme.

A suo avviso, quali sono state le motivazioni alla base del successo degli artisti italiani nelle Americhe?
Le rilevazioni statistiche quantificano in circa quindici milioni gli italiani emigrati nel periodo 1876 – 1820, otto milioni dei quali diretti in tre soli paesi: Argentina, Brasile e USA. Intere nazioni, penso all’Argentina, la cui popolazione sarebbe per metà di origine italiana. Aggiungerei al dato numerico riguardante la dimensione del fenomeno migratorio, una considerazione di natura psicologica – affettiva. Gli italiani delle Americhe, spesso conservano un forte sentimento di nostalgia per la madre patria, un legame profondo di consapevole discendenza culturale, specialmente verso la regione e la cittadina d’origine. Ciò predispone ad un trattamento di riguardo verso tutto ciò che proveniva dall’Italia, ivi compresa la produzione artistica.

Come avveniva, nei primi anni del Novecento, il reclutamento degli artisti italiani per le tournées americane?
Vi erano imprese, agenzie artistiche, che avevano rappresentanti in tutta Europa, Italia compresa, e che reclamizzavano i propri servizi sui periodici specializzati di teatro, musichalls, cabaret e varietà. L’agenzia di Charles Séguin, ad esempio, vantava il più lungo giro artistico dell’America del Sud, contratti assicurati con sette stabilimenti di prim’ordine.

Quali erano le direttrici di viaggio degli artisti italiani verso le Americhe?
Le medesime del più generale fenomeno migratorio. Imbarco da Napoli per il Nord ed il Centro America e da Genova per l’America Latina. I Loris – Petrolini, ad esempio, s’imbarcarono a Genova sul piroscafo Espagne con biglietto di terza classe , giunsero nel porto di Buenos Aires il 9 giugno 1907.

Potrebbe definire il profilo dei Loris – Petrolini e l’arco temporale della loro carriera?
Furono due artisti romani, addirittura nativi dello stesso rione della Capitale. Lei, Ines Colapietro, in arte Ines Loris, era una canzonettista dalla voz bien timbrada, flexible y suave, come scrive nel 1909 San Duarsedo, corrispondente da Cienfuegos, Cuba, del giornale “ El Eco de las Villas “. Lui, Ettore Petrolini, il grande attore comico creatore di Gastone e Nerone, non ritengo abbia bisogno di presentazioni. Nel 1903 formarono un duetto comico di caffè concerto e varietà che durò fino al 1911, anno di separazione. Furono coppia sul palcoscenico e nella vita, sebbene non sposati, e dalla loro relazione nacquero due figli, Oreste e Renato Petrolini.

Quante volte, e quando, i Loris – Petrolini si esibirono nelle Americhe?
Intrapresero due lunghe tournées. La prima nell’America del Sud dal giugno 1907 al giugno 1908, la seconda nell’America Centrale da gennaio alla prima metà di dicembre 1909, con una fugace e non troppo fortunata appendice a New York City nella seconda metà di dicembre.

Quale fu la reazione del pubblico sudamericano alle loro esibizioni?
La prima sera fu un fiasco clamoroso, Petrolini, prostrato voleva addirittura annullare la tournée e rientrare anzitempo in Italia. Ma poi , anche dietro suggerimento del regisseur del Casinò di Buenos Aires, cercò, e trovò, la maniera di corrispondere maggiormente ai gusti di quel pubblico. La seconda sera propose una celebre canzonetta popolare italiana, ma ne il linguaggio in un improbabile, quanto esilarante spagnolo maccheronico. Il primo verso “ c’era una volta un piccolo naviglio “, mutò in “ Habia una vez un barco chiquito “, e così via fino al termine del pezzo, la platea andò in visibilio. Da quel momento fu un crescendo di successi ed entusiasmo. “ El Dia “ di Montevideo scrisse nel 1907, che << Petrolini y Loris – Petrolini son la actualidad teatral del dia; ni el mismo Maldaceu tiene e seste momento semejante exito en Buenos Aires >>. Affermazione sorprendente ove si pensi che il napoletano Nicola Maldacea era considerato all’epoca, un’autentica celebrità, ed era universalmente riconosciuto, in Italia, come il principale esponente del genere comico macchietti stico, genere al quale apparteneva anche il Petrolini di quegli anni.

Qunanto influì il successo dei Loris – Petrolini nelle Americhe sul prosieguo della loro carriera?
Direi molto. Come accennavo in precedenza, al tempo della prima tournée sudamericana la coppia Loris – Petrolini godeva di una discreta reputazione nel circuito caffè – concertistico italiano, ma era decisamente lontana dal conseguimento dello status di celebrità. I successi americani suscitarono un’eco notevole presso la stampa specializzata del nostro Paese anche grazie ai pacchi di giornali locali che la coppia spediva dall’America, a scopo promozionale, alle redazioni dei periodici italiani di varietà. In quel modo i due artisti romani stavano già preparando il terreno per il loro rientro in patria. È, inoltre, da tenere presente un secondo aspetto.

Quale?
Il successo americano, in special modo quello latino – americano, fece guadagnare ai Loris – Petrolini un seguito locale leale e duraturo. Quando, alla fine del 1910, la coppia incise a Napoli i primi dischi della sua carriera, il mercato sudamericano era uno dei più ricettivi nei riguardi della produzione artistica di matrice italiana. E non mi riferisco solamente ai dischi di Caruso e Tamagno, della Bellincioni o della Tetrazzini, ma anche a quelli di Leopoldo Fregoli,della coppia Mecherini, di Peppino Villani e della coppia Berardo Cantalamessa – Olympia D’Avigny, degli artisti di varietà, insomma, che avevano avuto all’attivo tournées americane. L’etichetta discografica tedesca Favorite Record, per la quale la coppia Petrolini – Loris incise il suo repertorio nel 1910, aveva da tempo definito la sua strategia di marketing oltre oceano. La Faulhaber & Co ad esempio, era la filiale brasiliana della Favorite Record, con sede a Rio de Janeiro e la Z&B, era la filiale uruguaiana. È interessante notare che la Faulhaber, oltre ad immettere sul mercato brasiliano i dischi Favorite “regolari”, commissionava alla Casa madre tedesca incisioni “ speciali “, gravada specialmente, dischi a singola facciata in edizione lusso. Ebbene , tra i rarissimi dischi registrati dai Loris – Petrolini per la Favorite Record che ancora oggi riusciamo a rintracciare nel circuito collezionistico, la gran parte ha origini sudamericane. Come lo sappiamo? Dalla lettura delle marche, tuttora visibili, incollate sull’etichetta dei dischi. Si tratta di una sorta di francobolli riportanti la ragione sociale e la sede delle filiali che, evidentemente, si occupavano dell’immissione dei dischi nei rispettivi mercati di competenza, brasliani o argentini, venezuelani oppure uruguaiani. Se i Loris – Petrolini non si fossero mai esibiti nelle Americhe il numero dei loro dischi ad oggi sopravvissuti sarebbe decisamente inferiore e la nostra conoscenza sul loro repertorio e sulla loro arte sarebbe forse irrimediabilmente compromessa.

Se dovesse sintetizzare in poche parole l’eredità più preziosa che le tournées americane consegnarono alla coppia Loris – Petrolini?
Avrei pochi dubbi, l’appellativo coniato dalla stampa sudamericana per Petrolini che avrebbe costituito, negli anni successivi, il suo marchio di fabbrica: El Rey de la Risa.

Giuseppe Gaggia

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