La Camera conferma la fiducia a Fornero

ROMA – Con 88 sì, 435 no e 18 astenuti, l’aula della Camera ha bocciato la mozione di sfiducia al ministro del Welfare Elsa Fornero presentata da Lega e Idv.

Visibilmente provata, il ministro del Lavoro lasciando l’Aula di Montecitorio, ha commentato così con i giornalisti la mozione di sfiducia contro di lei: “Infastidita non è il termine adatto. Chiaramente mi ha creato sofferenza, però l’abbiamo superata”.

Fornero ha risposto poi alle accuse mossegli in Aula dai suoi detrattori, in primis il leader dell’Idv Antonio Di Pietro. “A chi mi accusa voglio dire: ‘non ho mai mentito, non è mia abitudine’”.

Era stato proprio Di Pietro il primo che, prendendo la parola in Aula, aveva dato della “bugiarda e arrogante” al ministro Fornero. Voterò la sfiducia “per ragioni di metodo e di merito”, aveva esordito il leader dell’Idv perché Fornero ha commesso un “imbroglio gravissimo mentendo sapendo di mentire”. Di Pietro ha snocciolato, così, le dichiarazioni del ministro sul caso esodati, “perché carta canta – ha dichiarato – e qui è pieno di tre scimmiette che non sentono, non vedono, non parlano”. Per l’ex magistrato, dunque, Fornero “mente” consapevolmente: “Se si fosse trattato di un errore noi avremmo anche capito perché sappiamo che chi lavora sbaglia. Ma lei in data antecedente alle sue dichiarazioni aveva ricevuto la relazione Inps con numeri differenti, dunque sapeva di avere un dato falso e ha riferito il falso”. Per questo “non merita di fare il ministro”.

Di Pietro ha puntato poi il dito contro la “sua arroganza nel violare l’art. 1 della Costituzione, affermando che il lavoro non è un diritto. Non può fare il ministro – ha incalzato – chi viola la Costituzione. E noi riteniamo ancor più grave l’affermazione data successivamente, ovvero che i giovani devono fare i sacrifici. Ai nostri tempi, ministro, c’erano delle opportunità per i giovani, ma ora non ci sono treni su cui saltar su. Oggi i treni per loro non passano più anche col contributo di questo governo. La sfiducia, dunque, non è per la politica generale, ma per i suoi atti e comportamenti individuali. Lei – ha aggiunto Di Pietro – il 9 maggio ha riconosciuto che la riforma rischiava di favorire il sommerso e ha aggiunto che era un rischio che bisognava pur correre. Mi ricorda un altro ministro che diceva che con la mafia bisogna convivere”.

Duro era stato anche il capogruppo del Carroccio a Montecitorio Gianpaolo Dozzo. Fornero “non gode di fiducia e di stima né dentro il Parlamento, né nel Paese – ha detto in Aula – forse non può fare a meno della sua sedia, ma il Paese può benissimo fare a meno di lei”. Archiviata la sfiducia, Roberto Maroni, neosegretario federale della Lega Nord, ha commentato: “Peccato… la Fornero va licenziata”.

Poche e secche le parole di Bersani ai giornalisti che, prima del voto, gli avevano chiesto se sia stato difficile convincere i deputati democratici a votare contro la sfiducia a Fornero: “Quando senti gli argomenti dei leghisti diventa facile convincere chiunque”.

La posizione Pdl. “Il Pdl voterà contro” la mozione di sfiducia a Fornero, aveva esposto in Aula il deputato pidiellino Giuliano Cazzola, “perché siamo leali a questo governo e perché ci fidiamo dell’impegno solenne del presidente Monti”.
E’ vero, però, che folta è stata la ‘fronda’ del Pdl contro il ministro del Welfare: ben 61 sono i voti del partito di via dell’Umiltà mancanti alla mozione. Tabulati alla mano, sono cinque i deputati del Popolo della libertà che hanno votato sì alla sfiducia: Edmondo Cirielli, Lino Miserotti, Alessandra Mussolini, Mauro Pili e Fabio Rampelli. Nessun commento da parte del segretario Cgil Susanna Camusso piuttosto una speranza. “Sulle sofferenze del ministro Elsa Fornero non commento – ha detto – mentre sul suo proseguimento a capo del ministero del Welfare spero che questo voglia dire che si apre subito un tavolo sugli esodati e che si risolvono i problemi che si sono accumulati”.