G8 2001, giustizia è fatta condannati vertici polizia

ROMA – La Cassazione ha reso definitive le condanne nei confronti dei funzionari della Polizia per l’irruzione alla Scuola Diaz di Genova nel corso del G8. La quinta sezione penale ha inoltre dichiarato la prescrizione relativamente ai reati di lesioni per i capisquadra.

Nel dettaglio, la Cassazione ha confermato l’impianto accusatorio della decisione della Corte d’Appello di Genova del 18 maggio 2010. Convalidata la condanna a 4 anni per Francesco Gratteri, attuale capo del dipartimento centrale anticrimine della Polizia; convalidati anche i 4 anni per Giovanni Luperi, vicedirettore Ucigos ai tempi del G8, al momento capo del reparto analisi dell’Aisi.

Tre anni e 8 mesi a Gilberto Caldarozzi, attuale capo servizio centrale operativo. Convalidata anche la condanna a 5 anni per Vincenzo Canterini, ex dirigente del reparto mobile di Roma. La conferma delle condanne comporterà la sospensione dal servizio per i funzionari dal momento che nei loro confronti è stata applicata la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.

In particolare, la Cassazione sulla irruzione alla scuola Diaz ha dichiarato la prescrizione per il reato di lesione nei confronti di 8 imputati. Si tratta di Basili, Tucci, Lucaroni, Zaccaria, Cenni, Ledoti, Compagnone e Stranieri. Praticamente si tratta degli agenti e del settimo nucleo che la notte del 21 luglio di 11 anni fecero irruzione nella scuola Diaz. Confermate invece le condanne per il reato di falso in atto pubblico nei confronti dei funzionari della polizia. Vale a dire per Luperi, Gratteri, Caldarozzi, Ferri, Cicimarra, Dominici, Mortola, Di Sarro, Mazzoni, Cerchi, Di Novi, Di Bernardini, Canterini.

Da annotare che nei confronti di quest’ultimo all’epoca dei fatti ex dirigente del reparto Mobile di Roma, molto probabilmente dovrà essere rideterminata la condanna a 5 anni visto che nei suoi confronti vi era anche la condanna per lesioni aggravate che ieri è stata dichiarata prescritta dalla Cassazione.

A questo punto si apre la via per i risarcimenti delle parti civili, vale a dire per i No Global che 11 anni fa si trovavano alla scuola Diaz durante l’irruzione. Furono oltre 60 le persone ferite e 93 gli arrestati per i disordini in città poi prosciolti.
Per il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, “la sentenza della Corte di Cassazione va rispettata come tutte le decisioni della Magistratura. Il ministero dell’Interno ottempererà a quanto disposto dalla Suprema Corte. La sentenza mette la parola fine a una vicenda dolorosa che ha segnato tante vite umane in questi 11 anni’’.

Il commento del capo della Polizia Antonio Manganelli: ‘’L’Istituzione accoglie la sentenza della magistratura con il massimo dovuto rispetto e ribadisce l’impegno a proseguire nel costante miglioramento del percorso formativo relativo al complesso campo dell’ordine e della sicurezza pubblica’’.

“Una notizia positiva – commenta Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il giovane morto nel luglio 2001 durante gli scontri al G8 -. Succede di rado, ma quando accade bisogna accoglierla con soddisfazione. Vuol dire che in questo Paese c’è ancora un barlume di giustizia’’. ‘’Ora – dice – speriamo che ci siano altre pagine di questo genere. Cercheremo in tutti i modi -dice- di ottenere verità e giustizia anche sull’assassinio di Carlo’’.

Heidi Giuliani: “Manca il processo per la morte di mio figlio”
ROMA – Tra i primi commenti quello di Heidi Giuliani, la mamma di Carlo, lo studente ucciso da un carabiniere durante il G8. “Giustizia c’è benché incompleta – ha detto – anche se le responsabilità sono più ampie e penso all’assoluzione dell’allora capo della polizia e al mancato processo per la morte di mio figlio”. “Ci sono voluti undici anni per arrivare a questo verdetto e la Cassazione è stata coraggiosa: mai, nelle democrazie occidentali, si è arrivati ad una condanna per funzionari della polizia di così alto livello”, ha aggiunto l’avvocato Emanuele Tambuscio, legale di alcuni no-global. Per il leader di Sel Nichi Vendola, “la nube tossica che per undici anni ha coperto la mattanza alla Diaz si è dissolta”. E’ stato dunque convalidato – come chiesto da Pietro Gaeta della Procura della Cassazione – l’impianto accusatorio tessuto dalla Corte di Appello di Genova che aveva esteso le condanne ai vertici della polizia dopo le iniziali assoluzioni.

11 anni fa 3 giorni di fuoco: la cronologia
ROMA – La zona rossa ‘assediata’ dai manifestanti, i violentissimi scontri di piazza, l’uccisione di Carlo Giuliani, l’irruzione notturna alla scuola Diaz: il racconto dei giorni del G8, nel luglio 2001, è la cronaca di una tragica escalation che funestò il vertice internazionale di Genova. Ecco una cronologia di quei giorni drammatici:

19 luglio: primi cortei in città contro il G8, già caratterizzati da una grande partecipazione. La manifestazione si svolge senza incidenti di rilievo, diversamente da quello che accadrà nei giorni successivi. Si spera ancora nel mantenimento dell’ordine pubblico, nonostante le avvisaglie di disordini, in occasione del summit. Il centro cittadino è blindato con una recinzione, la ‘zona rossa’, che diventerà ben presto il simbolo del limite da oltrepassare per i manifestanti.

20 luglio: primi violentissimi scontri a Genova. Fanno la loro comparsa le ‘tute nere’, i famigerati e controversi black bloc, incerta la loro provenienza politico-sociale, che metteranno a ferro e fuoco la città. Disordini a via Tolemaide, presso la stazione di Brignole, in via Caffa e nella zona di Marassi. A Piazza Alimonda il giovane manifestante Carlo Giuliani, che ha tra le mani un estintore, muore dopo essere stato colpito da un colpo di pistola esploso dall’arma del carabiniere Mario Placanica dall’interno di un blindato circondato dai manifestanti.

21 luglio: all’indomani della morte di Carlo Giuliani, un altro corteo è in programma a Genova. Anche in questa occasione la manifestazione degenera ben presto in durissimi scontri tra attivisti no global e forze di polizia. Alla manifestazione prendono parte circa 300mila persone e gli scontri si protraggono per tutto il pomeriggio tra cariche, lacrimogeni e devastazioni. Intorno alle 23.30, violenta irruzione delle forze dell’ordine all’interno della Scuola Diaz, dove si pensa, a torto, possano aver trovato rifugio alcuni Black Bloc. L’operazione si conclude con il ferimento di circa 90 manifestanti, alcuni dei quali in gravi condizioni. Si tratta del pestaggio che ha portato all’inchiesta a carico dei poliziotti a vario titolo coinvolti nell’operazione, una delle pagine più oscure di quei giorni drammatici insieme alle violenze denunciate ai danni dei manifestanti trasferiti dopo il fermo nella caserma di Bolzaneto.

‘Diaz – Don’t clean up this blood’, il cinema non dimentica
ROMA – ‘’In Italia ci sono quasi 300mila persone in divisa, e sono convinto che la maggior parte di loro non condividano quel modo di concepire la funzione sociale da parte della polizia. ‘Diaz’ non vuole creare litigi, ma riflettere e far riflettere sul ruolo e la funzione di certi corpi in una democrazia che si vorrebbe matura. Appunto, il tema del film è: che cos’è la democrazia?’’. Così il regista Daniele Vicari che il 13 aprile ha portato in sala con Fandango (200 copie) ‘Diaz’, ovvero il resoconto funzionale ma documentale dei fatti del 21 luglio 2001 al G8 di Genova, con l’assalto della polizia alla scuola Diaz e i successivi fatti di Bolzaneto. Ciò che Amnesty International ha giudicato ‘’la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale’’.

In una circolare del Ministero degli Interni del 15 marzo si rammenta ai poliziotti di ‘’non parlare dei film in uscita’’, e il produttore Domenico Procacci si dice ‘’dispiaciuto, perché quel comunicato non va nella direzione di quel chiarimento ancor più auspicabile dopo 11 anni’’. Tutte le battute del film, peraltro, sono desunte dai documenti, dai verbali e dagli atti del processo sui fatti della Diaz e di Bolzaneto, compreso quell’’’I’m sorry’’ che nel film pronuncia il poliziotto ‘’buono’’ interpretato da Claudio Santamaria di fronte alle vittime del pestaggio nella scuola, e Vicari, ripercorrendo al genesi del progetto, ritorna alla dichiarazione di una delle vittime della Diaz, una ragazza tedesca, che promise ‘’non metterò più piede in questo Paese’’: ‘’Questo paese è anche il mio, è anche il nostro – dice il regista – e quei poliziotti, anzichè prenderle in consegna, hanno privato della dignità le persone in forma coordinata e continuata’’. Se per la mole di testimoni, vittime e indagati i processi di Diaz e Bolzaneto, prosegue Vicari, ‘’possono essere equiparabili a quelli di mafia’’, nel film non è entrato tutto, anche perché ‘’c’erano delle cose non raccontabili, come le torture con un salame a Bolzaneto’’ e, del resto, il pm Zucca in un’intervista al Secolo XIX Ha confermato: ‘’Diaz violento? E’ stato molto peggio’’.
Fil rouge del film, già premiato dal pubblico a Berlino, è stato, per il regista, ‘’il rispetto assoluto dei fatti, mentre si tiene lontano dalla costruzione teorica: non a caso, sono contrario alla definizione di ‘cinema civile’, perché il cinema è cinema. ‘Il grande dittatore’, cos’è, cinema incivile? Se un film ricostruisce delle teorie, invecchia in tre mesi, al contrario, Diaz vuole interrogare non solo i vertici italiani, europei e mondiali, bensì la coscienza di ognuno: che cos’è la nostra democrazia?’’.

Domanda finora disattesa dai vertici della polizia perché, dice Procacci, ‘’con Manganelli nonostante tutti i miei tentativi non c’è stata alcuna interlocuzione. Spero, comunque vada in Cassazione, che qualcuno dica chiaramente che queste cose non dovranno più accadere’’. Altrimenti, aggiunge Vicari, ‘’nessuno poi potrà lamentarsi se qualcuno dirà che non crede più nella democrazia’’. In altre parole, conclude Procacci, ‘’spero di riuscire a far vedere ‘Diaz’ al ministro, perché manca ancora un’assunzione di responsabilità. Del resto, siamo un paese che confonde assoluzione con prescrizione’’.

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