Il voto all’estero, la cittadinanza e le nuove mobilità al centro del dibattito promosso dal Centro Altreitalie

ROMA – Riflettere sul voto all’estero alla luce delle nuove mobilità e di una legge sulla cittadinanza da cambiare.
Questo l’obiettivo del Centro Altreitalie che ha promosso un incontro-dibattito sul voto degli italiani all’estero in occasione della presentazione del libro “Il voto degli altri. Rappresentanza e scelte elettorali degli italiani all’estero”. Curato da Guido Tintori, il volume è stato brevemente illustrato da quattro dei sei autori dei contributi, alla presenza degli eletti all’estero Claudio Micheloni e Marco Fedi (Pd), Norberto Lombardi (Quaderni dell’emigrazione – Cgie), Gian Giacomo Migone (docente di Storia dell’America Settentrionale), e Salvo Iavarone (Asmef).

Ad introdurre i lavori la direttrice del Centro Altreitalie, Maddalena Tirabassi, che ha ricordato la centralità di un dibattito – quello sul voto all’estero – spesso dimenticato dalla politica nazionale, e invece quanto mai attuale “ora che si intensifica mobilità giovanile” e che quindi, potenzialmente, aumenta il numero degli elettori. Un flusso difficile da quantificare perché molto mobile e “allergico” all’Aire.

Un dibattito anche datato, come osservato da Piero Bassetti, Presidente Globus et Locus, che è stato relatore di una proposta di legge sul voto all’estero nel 1978, quando la presidente della Camera era Nilde Iotti. Merito del volume, ha annotato, quello di “far dare a questo dibattito un salto di qualità. A partire dal titolo e dall’evocazione di questi “altri”. Chi sono gli “altri”, ma anche “altri da chi”? Interessante – ha aggiunto – anche l’evocazione della dimensione di “ethnicitizenship” e del voto come tema di diverse identità al variare delle diverse realtà”.

A Marco Demarie, Responsabile Ufficio Studi della Compagnia di San Paolo, che ha sottolineato l’importanza di “sostenere la ricerca orientata al policy making”, ha fatto seguito l’intervento del curatore del volume Guido Tintori, docente e ricercatore italiano all’estero, undici traslochi in sette anni.

Con il libro, ha spiegato, si è inteso fare “un’analisi del voto all’estero che affrontasse la questione in maniera organica”, dando importanza a due questioni in particolare: “la definizione di “altri”, con tutte le declinazioni di italiani all’estero e il concetto di cittadinanza extraterritoriale, e il cortocircuito causato dal rapporto tra legge sulla cittadinanza e voto all’estero”.

Ciascun autore ha quindi sintetizzato il suo contributo al volume.

In “Quale voto? Il dibattito politico nell’Italia repubblicana”, Michele Colucci ripercorre la storia del dibattito politico sul voto degli italiani all’estero dal 900, soffermandosi in particolare su quanto accaduto dal secondo dopoguerra in poi.
“È importante sottolineare come l’evoluzione del dibattito abbia corrisposto ai nodi cruciali della storia repubblicana”, ha detto Colucci evidenziano “tre fasi”: la prima, dopo la seconda guerra mondiale, con la Costituente che ne discute molto “ma rimanda il tutto a data da destinarsi”. Ai tempi, “ci si occupava molto dell’allargamento del suffragio”, ma comunque “agli italiani all’estero veniva riconosciuto un ruolo molto importante nella storia d’Italia”.

Il dibattito si sposta quindi “verso la politica migratoria: si elabora un apparato amministrativo e politico che “governi” l’emigrazione, strutturale anche negli anni del miracolo economico”. In questa fase si parla di voto “per rinsaldare rapporti” con i connazionali. La prima proposta in tal senso porta la data 1955. A fare da “spartiacque”, per Colucci, è la conferenza dell’emigrazione del 1975: “qui si parla di voto all’estero come “risarcimento” per gli emigrati”. Una retorica, ha evidenziato, “che ha pesato molto sull’impianto della Legge Tremaglia”, legata a doppio filo anche alla 91/92, cioè alla legge sulla cittadinanza e alla concessione iure sanguinis.

La parte “comparativa” del volume è toccata a Eugenio Balsamo (“La disciplina del voto estero. Un’analisi comparata”) che nel suo capitolo raffronta la 459/2001 con le leggi emanate da altri Paesi (Francia, Portogallo, Spagna) in cui le percentuali di voto sono comunque bassissime, con un focus a quelli che lui definisce “paesi a diritti 0” cioè Grecia e Irlanda che non prevedono voto all’estero, anche se la Grecia ha un organismo tipo-Cgie che però è tutto di nomina governativa. Più vicino all’esempio italiano è il Consiglio degli spagnoli all’estero che però fa capo al Ministero del lavoro e non a quello degli Esteri.

Nel suo capitolo “Il voto italiano in Europa”, Anna Consonni ha ripercorso la storia del voto interrogandosi, in particolare, “sull’identità e sulla costruzione dello spazio pubblico degli italiani all’estero”, cioè “su come si aggregavano i consensi intorno ad associazioni o partiti politici”.

Prospettiva storica anche per Stefano Luconi che in “Rappresentanza e voto nell’America del Nord” analizza l’orientamento politico dell’elettorato odierno in Centro e Nord America, e negli Usa e Canada in particolare, rilevando come in entrambi i Paesi “la maggioranza dell’elettorato è conservatrice” sia nel voto politico che ai referendum.
Un’analisi utile, per Claudio Micheloni che ha aperto gli interventi al dibattito sostenendo che “bisogna prima decidere a chi serve il voto all’estero” e poi “discutere sulle tecnicità”, perché “se la politica italiana è ancora convinta che il voto serve agli italiani all’estero e non al Paese, allora sono disposto a firmare un ddl che sopprime la circoscrizione estero. Ma io credo il contrario”, ha aggiunto, sostenendo che “se pensiamo ancora nell’ottica del “risarcimento”, allora non bisogna sorprendere se la partecipazione al voto è quella che è. So di avere un punto di vista minoritario”, ha riconosciuto il senatore che ha quindi criticato l’intervento di politica e istituzioni “che hanno sempre controllato, diretto e utilizzato il mondo degli italiani all’estero a fini di politica interna con una cecità culturale e politica micidiale”. “L’idea del voto all’estero – ha aggiunto – è nata con finalità sbagliate e cresciuta con argomenti altrettanto sbagliati, ma era una grande idea che può ancora essere recuperata. Dai partiti in primo luogo. Se risolviamo questo, si risponde a tutte le questioni poste dai relatori in questo libro sul corpo elettorale. Io in Svizzera vivo in un piccolo cantone francese che riconosce il voto amministrativo agli immigrati dal 1864. E come votano queste persone? Esattamente come gli autoctoni. Si chiama integrazione”, ha concluso il senatore ricordando che “in Svizzera si vota per corrispondenza da anni e non mi pare sia un paese antidemocratico e sull’orlo del disastro”.

L’abolizione della circoscrizione estero non sarebbe un problema per Marco Fedi a patto che “si garantisca il voto degli italiani all’estero” che voterebbero per i collegi italiani.

“Ricordo – ha detto – che questa era la soluzione che spaventava di più la politica che non voleva che l’elettorato estero influenzasse la scena nazionale”.

“Noi vogliamo essere innovatori”, ha aggiunto il deputato, citando la riforma dell’editoria e il rinvio di Comites e Cgie.
“Sappiamo che non possiamo spendere 21 milioni di euro per eleggere Comitati che hanno poca importanza rispetto al costo che serve per eleggerli, ma neanche possiamo rinunciare ad ogni forma di rappresentanza locale che dialoghi con la rete diplomatica e che sia di indirizzo a parlamentari e governo. certo c’è la nuova mobilità, c’è chi sente a suo agio ovunque e chi parla 5 lingue. Ma anche queste persone potrebbero, per esempio, avere bisogno di tutela previdenziale o di informazioni su come ricongiungere le pensioni maturate in tutti i Paesi in cui ha lavorato e allora avranno bisogno di qualcuno che intercetti bisogni e criticità sul territorio”.

La messaggio di Laura Garavini (Pd) che ricordava l’importanza di “mettere in sicurezza il voto per corrispondenza”, visto che ad oggi “nessuno ha trovato una soluzione alternativa”, ha fatto seguito l’intervento di Salvo Iavarone (Asmef) che ha parlato della “Giornata dell’emigrazione” che organizza da 7 anni e lamentato la “latitanza” degli eletti all’estero da lui contattati in occasione di missioni all’estero.

Si è presentato come “antico testimone di queste discussioni” Norberto Lombardi secondo cui gli “altri” citati dal libro sono “un mondo eterogeneo e multiforme” cui, qualunque cosa si pensi” deve essere garantita “l’effettività del voto”. Posto che “è pura finzione pensare che chi vuole votare debba venire in Italia”, per Lombardi l’unica è “migliorare il voto per corrispondenza” che seppur “terribile, complesso ed esposto a spifferi ai limiti della legalità, è ancora capace di mettere ogni cittadino in quanto tale nella condizione di potersi esprimere”. Anche Lombardi, come Fedi, ha ricordato che “la circoscrizione estero non fu una concessione, ma il rimedio per evitare che il voto dei connazionali fosse una mina vagante: si disse “circoscriviamo la rappresentanza”, tarata per altro su un rapporto eletto-elettori penalizzante, – “ad una circoscrizione particolare”, così da essere sicuri che non produrrà effetti sconvolgenti” sulla politica nazionale che, ai tempi, si giocava tutti sui cosiddetti “collegi marginali”.

Richiamate le proposte di modifica della 459, giacenti in Parlamento, Lombardi ha ribadito che “la base elettorale italiana all’estero è fluida, ma è una base che cresce, non sta diminuendo” sia perché “sono ripresi i flussi in uscita” ma anche “per le richieste di cittadinanza del Sud America”. Quindi “la madre di tutte le battaglie” non è quella del voto, ma quella della cittadinanza (secondo i dati Mae citati da Tintori dal 1998 al 2011 sono stati “riconosciuti” 970mila nuovi italiani; 200mila quelli in attesa nel solo Brasile).

E allora, si è chiesto Lombardi, “possiamo ancora restare inchiodati a un’idea di emigrazione in termini comunitari? E come questa scelta può essere compatibile con questa legge di cittadinanza? I costi di questo sistema sono ormai insostenibili per le nostre finanze, ma non si può fare sempre il gioco dei rinvii. Le soluzioni devono essere coerenti” e comunque non pensate solo per “fare cassa”. Il sistema della rappresenta “deve essere organico: è un errore pensare che se ci sono i parlamentari si deve riorganizzare dall’alto verso il basso. Gli eletti all’estero sono solo la proiezione finale della rappresentanza, non sostituiscono tutto il resto”.

Dopo Tintori – che da giovane ricercatore eletto all’estero ha confermato prima che lui non si iscrive più all’Aire “perché non conviene” e perché cancellarsi “è complicatissimo” e poi che anche l’Italia come gli Usa dovrebbe pensare al “registro degli elettori” – la parola è infine passata a Gian Giacomo Migone, strenuo antagonista del voto all’estero. “Guidavo un drappello bipartisan contro la legge Tremaglia e non ho cambiato idea”, ha confermato l’ex deputato ora docente universitario, secondo cui “le assurdità verificatesi dall’approvazione di quella legge in poi derivano tutte dalla legge sulla cittadinanza. Non serve chiedersi a chi serve il voto all’estero. Il voto è l’esercizio di un diritto. Il punto è chiedersi chi è titolare di questo diritto”.

“È vero che l’Italia si giova degli italiani all’estero, ma lo è anche che di solito i meno interessati, se non addirittura i contrari, al voto sono gli italiani più influenti nei rispettivi paesi di residenza. Pensate al Canada dove vietano il doppio voto (o voti per il parlamento italiano o per quello canadese – ndr). Ci sono moltissimi parlamentari italo-canadesi che traggono molti benefici dalle loro radici italiane, nel senso che garantiscono loro un elettorato trasversale. O meglio, garantivano, perché noi con la legge Tremaglia siamo andati a rompergli le uova nel paniere”.

La ricetta di Migone ha tanti ingredienti: “rivedere la legge sulla cittadinanza, limitare il diritto di voto agli italiani che mantengono la residenza in Italia, ripensare ad una “costituzionalizzazione” di Comites e Cgie che ora non hanno alcun senso e che, così come sono, rappresentano un puro spreco di denaro”.

Il libro “Il voto degli altri. Rappresentanza e scelte elettorali degli italiani all’estero” è in vendita sui siti www.altreitalie.it o www.rosenbergesellier.it. (m.cipollone\aise)