La Pellegrini rinasce nei 200 stile libero

LONDRA – La fenice sul collo non l’ha tatuata per caso. Sa morire e rinascere nel giro di ventiquattro ore: lo ha fatto altre volte, ci riprova anche a Londra, perché a lei spesso è riuscito tutto. Anche i miracoli. Federica Pellegrini non si è lasciata inghiottire di nuovo dall’acqua, ha liberato la mente dal film in bianco e nero dei 400 stile che continuano a tormentarle la vita, ha respinto nell’angolo più nascosto i cattivi pensieri e nella sua gara, i 200, si è rimessa in corsa: finale, col quarto tempo, dopo aver bruciato tutte in batteria. Leggera, nonostante la stanchezza e quel groppo in gola che dopo il flop la faceva parlare quasi da ex.

“Mi si dovranno staccare anche le braccia – esordisce pensando alla gara in cui quattro anni fa a Pechino ha vinto il titolo olimpico -, sono in finale e ci giochiamo tutto lì: metterò ogni cosa, testa, tattica, cuore”.

Il suo talento che gli anni logorano ma non possono cancellare: è una medaglia alla sua portata, la più veloce in semifinale è l’australiana Bronte Barrat (1’56”08”), un oro nella staffetta 4X200 a Pechino, settimo posto nella gara che Miss Pellegrini vinceva senza storia per le altre. L’Aussie Baz non preoccupa, davanti all’azzurra ci sono però le rivali vere, l’americana Allison Schmitt (1’56”15) e la francese Camille Muffat, fresca olimpionica dei 400, (1’56”18).

La Pellegrini ha vinto la sua semifinale con 1’56”67, avesse avuto qualcuna a fianco che tirava di più sarebbe stata forse più veloce. Certo per vincere il titolo olimpico il crono dovrà essere un altro: un anno fa a Shanghai l’azzurra aveva bissato il titolo iridato di Roma con 1’55”58. E qui servirà essere anche più veloci, ammette lei stessa.

“Schmitt e Muffat sono quelle più forti, ma anche la Franklin si sarà risparmiata, visto che aveva un’altra gara – dice dell’altra americana, tornata in acqua dopo venti minuti per prendersi l’oro dei 100 dorso – di sicuro per vincere ci vuole 1’55” basso. Pensavo partissero tutte all’attacco – aggiunge ancora – ma la stanchezza si fa sentire e non mi sono stupita più di tanto”.
Ci prova Fede, a tornare super: lo vuole fare cambiando la marcia della sua testa, prima ancora che delle braccia. “Ero stanca, ho dormito poco, sveglia alle sei e subito in acqua – racconta la campionessa – ma ora avrò tempo per recuperare e poi cercheremo di divertirci il più possibile”.
Ecco, come era avvenuto altre volte, la smorfia di dolore si riapre al sorriso. “Nei 200 metto sempre qualcosa in più – aveva già detto dopo essere uscita da leader delle eliminatorie – le risposte cerco di darmele da sola, andando forte, dall’inizio alla fine”.
Quanto all’anno sabbatico annunciato e che dopo il tonfo sapeva di addio, ribadisce: “Ho bisogno di ricaricare le pile, non ho detto che nel 2013 non gareggerò, a livello internazionale farò solo le staffette. Avrei dovuto staccare già dopo i mondiali di Roma”.
Ma la “voglia di spaccare il mondo ce l’ho sempre – dice la campionessa – e ci metto la stessa cattiveria”. Quella che serve per non finire nel gorgo, per non cadere. “Delle critiche non mi interessa, sarà tutta un’altra gara – sottolinea – voglio giocarmi fino alla fine tutto quanto. Spero di poter tornare a sognare io”. Intanto ha messo la levetta su ‘turn off’ perché per provare a ritirarsi su non basta la bolla in cui diceva di essersi chiusa.
“Ho spento la zona del mio cervello che racconta le mie emozioni in acqua” sorride. Già, per un nuovo appuntamento con la storia della sua vita. Cuore, gambe e braccia fino a staccarsi perché la sua fenice non sia solo un tatoo sbiadito sul collo.

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