Napolitano: “Miei appelli inascoltati Troppi Dl e fiducie, ora riforme”

ROMA – Napolitano ‘sposa’ la linea Monti e, firmando il ddl di conversione del decreto spending review, di fatto giustifica, in nome della crisi, quello che comunque considera un eccesso: l’uso della decretazione d’urgenza e il ricorso alle questioni di fiducia. Bacchettando nuovamente le Camere che ancora non hanno risposto ai suoi ripetuti appelli a darsi nuove regole che consentano iter più veloci per i provvedimenti ordinari.

Così come il premier allo Spiegel chiedeva strumenti per la governabilità, pur rispettando il ruolo del Parlamento, allo stesso modo Napolitano, in una lunga nota che ha accompagnato la firma alla revisione della spesa, sottolinea che il “frequente ricorso alla decretazione e alla fiducia’’, “prassi di antica data” su cui più volte ha espresso le sue “preoccupazioni, tendendo a porvi freno’’ va innegabilmente legato alle “emergenze e urgenze senza precedenti’’ che sia l’esecutivo Berlusconi che l’attuale “hanno dovuto affrontare nell’ultimo anno”.

Ma se c’è stato comunque un utilizzo troppo intenso della decretazione d’urgenza, le Camere sono altrettanto ‘colpevoli’, perchè “la ripetuta sollecitazione del Presidente ad approvare in Parlamento modifiche costituzionali e riforme regolamentari che garantissero un iter più certo e spedito dei ddl ordinari”, non ha trovato “riscontri in conseguenti iniziative e deliberazioni”.

Per questo il Capo dello Stato auspica “riflessioni critiche” e “impegni concreti da parte sia di chi governa sia delle forze politiche” per assicurare da un lato “un pieno rispetto, e un libero svolgimento, del ruolo del Parlamento”, ruolo “imprescindibile, autonomo e decisivo” come dimostrato anche in occasione della “piena responsabile consapevolezza’’ che ha accompagnato “il consenso a larga maggioranza” dato alla spending review. Dall’altro però va garantito anche “il tempestivo ed efficace assolvimento dei compiti propri dell’Esecutivo”.

Esulta l’Idv (“avevamo ragione noi”), che ancora nelle ultime settimane era tornata a sollecitare proprio un intervento del Capo dello Stato per chiudere con una prassi che strangola l’attività parlamentare.

Ma il partito di Antonio Di Pietro non era stato l’unico a sollevare la questione: l’altro ieri già un autorevole esponente del Pd come Vannino Chiti aveva posto l’accento sulla gravità della situazione, chiedendo un intervento da parte dei presidenti di Senato e Camera. E lo stesso presidente di Montecitorio, Gianfranco Fini, aveva poi sottolineato che “in 8 mesi, 34 ricorsi al voto di fiducia pongono oggettivamente un problema di cui discutere”.