Cina, i conservatori attaccano: “Stiamo diventando capitalisti”

SHANGHAI – Malcontento nella fazione più conservatrice del partito comunista cinese. Alla vigilia del cambio della leadership – ad ottobre, ma forse anche prima, il Congresso porterà alla nomina dei nuovi potenti del paese del dragone – circa 1600 dirigenti dell’area più conservatrice del partito comunista insieme ad alcuni intellettuali hanno inviato una lettera al comitato centrale in cui invitano il premier Wen Jiabao a dimettersi. Considerando che i giochi sono già fatti e che il premier sta comunque per terminare il suo mandato, la lettera appare quindi più che altro come un segnale politico, un modo per manifestare un disaccordo interno.

Wen Jiabao non è amato da tutti, non lo è specie dai conservatori, che lo considerano troppo un ”riformatore”, uno che ”sta gradualmente sconfessando l’ideologia comunista che rappresenta il fondamento della repubblica popolare cinese”. Nella lettera i conservatori parlano infatti di ”timori di multipartitismo di stampo capitalistico”, sottolineando il fatto che Wen in questi anni ha dimostrato di voler incoraggiare le imprese private a scapito di quelle statali.

Per i conservatori Wen Jiabao in questi anni ha solo fatto aumentare il divario sociale fra ricchi e poveri. Il timore di questa parte più rigidamente ancorata al passato, ora che lui se ne va, è che le cose continuino allo stesso modo anche con il suo successore designato, Li Keqiang, attuale vice premier. Tensioni interne dunque, sicuramente anche conseguenza di un anno politicamente molto difficile e pieno di scossoni. Molte certezze sono venute meno.

I comunisti ‘neomaoisti’ che vedevano in Bo Xilai il loro mentore e ne avevano già fatto una delle figure prominenti della futura leadership politica, hanno dovuto fare per forza un passo indietro. Bo parlava di lotta alla corruzione, insieme al suo braccio destro, il superpoliziotto Wang Lijun (che verrà processato per tradimento la prossima settimana), voleva ripulire Chongqing, invitava tutti a cantare canzoni maoiste ma in realtà navigava nel torbido. Wen Jiabao, lo scorso 26 marzo, parlando alla conferenza annuale del Consiglio di Stato, ha ribadito come per il partito il maggior pericolo sia proprio la corruzione, affermando come per il paese sia importante proseguire sulla strada delle riforme politiche ed economiche. Chiara stoccata a Bo Xilai e al partito di Chongqing il cui modello è crollato a vantaggio di quello di Wen, che professa la lotta alla corruzione (laddove invece Bo proprio di corruzione è accusato), che in passato ha persino parlato a favore di una possibile riabilitazione dei dissidenti di piazza Tiananmen. Un’apertura che a quella parte della Cina che non vuole cambiare non piace affatto.

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