NYT, l’Italia semplifichi il sistema universitario per essere competitivo

NEW YORK – La capacità italiana di accogliere ricercatori stranieri è ancora insufficiente, soprattutto in termini di prospettive per il futuro di una carriera accademica.

Vanno bene gli scambi universitari tra studenti italiani ed esteri, come pure è facile che gli stranieri riescano a seguire un semestre intero di lezioni da noi, ma il passo successivo, legato al radicamento e al consolidamento di una carriera in Italia riguarda ancora solo una sparuta minoranza di ricercatori e docenti stranieri. Lo racconta un ampio articolo dell’edizione globale del New York Times, pubblicato il 13 agosto scorso.

Il pezzo dà conto di una nuova sensibilità, che sta maturando, per una maggiore apertura internazionale dell’università italiana e racconta un caso di successo, quello dell’IMT di Lucca, l’Istituto Universitario Statale a ordinamento speciale che si struttura, al tempo stesso, come Alta Scuola Dottorale, come Istituto di Alti Studi e come Istituto di Tecnologia.
In IMT, circa la metà degli allievi e una percentuale elevata dei ricercatori proviene dall’estero, mentre i docenti incardinati hanno curricula di alta qualità con importanti esperienze all’estero, a cominciare dal nuovo direttore, Alberto Bemporad.

Eppure, come racconta l’articolo, anche questa esperienza “felice” risente del peso della burocrazia e di un sistema disegnato ancora dalla prospettiva degli insider.

“Siamo in grado di proteggere i nostri ricercatori a tempo determinato dalla foresta di normative italiana, rendendo le procedure di assunzione culturalmente accessibili agli stranieri”, spiega Fabio Pammolli, che ha diretto l’istituto nei suoi primi anni di vita dando impulso all’apertura internazionale della Scuola. “Riusciamo a selezionare assistant professors in quattro mesi e a essere competitivi su scala internazionale. Poi, però, incertezze su finanziamenti e su procedure rendono complesso il dare prospettive chiare di carriera ai giovani più bravi o la competizione a livello internazionale per reclutare professori senior in un lasso di tempo ragionevole”.

“Stiamo cercando di innovare aprendo università e la mobilità dei ricercatori – aggiunge il nuovo direttore Bemporad – un obiettivo importante per la crescita e rilevante per il Paese nel suo complesso”.

“In fondo – conclude Pammolli – IMT è come il canarino nella miniera: se manca l’aria al canarino, prima o poi sarà il turno di tutti i minatori”.