Crisi: da aerei a balneari estate nera per il turismo

ROMA – Almeno in vacanza italiani e stranieri speravano di dimenticare, per qualche giorno, la crisi mondiale in atto: ma lei non ha mancato, quest’estate, di farsi sentire, talvolta anche in modo ‘prepotente’. Hanno iniziato a metà luglio, volutamente un po’ sottotono, gli animatori dei villaggi turistici, i ragazzi che allietano le vacanze con sport, intrattenimenti e sorrisi: in più di 400 strutture turistiche hanno lanciato uno sciopero, senza incrociare le braccia, con lo scopo principale di informare i clienti sulle problematiche e i rischi che vive la loro categoria. Hanno letto un comunicato e la ‘Poesia dell’animatore’ e intrattenuto gli ospiti dei villaggi-vacanze con momenti di spettacolo.

– Vogliamo che l’animazione turistica venga riconosciuta come una vera professione – spiega il presidente della Fiast, la Federazione italiana animazione e servizi turistici aderente a Confesercenti, Salvatore Belcaro – sia per chi la fa sul campo che per chi ne gestisce le risorse umane e l’operatività. Per ora non è così ed è un danno per tutti.
Un’altra iniziativa di sensibilizzazione è in programma per il 31 agosto. Il 3 agosto invece è andata in scena la protesta dell’Italia balneare: ombrelloni chiusi nella maggioranza dei 30 mila stabilimenti balneari dalle 9 alle 11 per protestare contro l’applicazione dal 1 gennaio 2016 della Direttiva Bolkenstein che prevede che gli stabilimenti vadano all’asta.

– Chiediamo al Governo un confronto – aff erma il presidente del Sib, il sindacato italiano balneari aderente a Confcommercio – non siamo sereni. Le proteste che abbiamo promosso sono andate benissimo e hanno dimostrato che c’è una grande solidarietà anche da parte dei clienti, il che ci conferma la giustezza della nostra battaglia. La direttiva comunitaria, che reputiamo assolutamente devastante, mette a rischio il futuro di 30 mila imprese e 600 mila addetti.
Dopo lo sciopero degli ombrelloni localmente sono state assunte le iniziative più disparate: dal tuffo collettivo alle bandiere a mezz’asta. Il tuffo collettivo ha coinvolto pi di 250.000 persone che hanno invaso il mare da Carrara a Litorale pisano. Quasi a ridosso di Ferragosto, poi, eè scoppiata la crisi Windjet: dopo mesi di difficoltà, a mezzanotte dell’11 agosto, la compagnia ha dato lo stop ai voli gettando nel panico almeno 300 mila passeggeri con i mano un biglietto della linea low cost, ormai prossima al fallimento. Nemmeno l’interessamento del Governo – sceso in campo con la convocazione delle parti da parte del ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera – è riuscito a sbloccare la trattativa tra l’operatore siciliano e Alitalia, che pochi giorni prima si era già inceppata. La crisi della compagnia catanese significa la fine del lavoro per più di mille persone. I dipendenti della società (tra amministrativi, piloti e hostess) sono 504, altri 360 lavorano per la Kaane handling e per la Sac service, aziende che per conto della compagnia si occupano delle operazioni di accettazione, dei bagagli, della movimentazione nelle aree esterne dell’aeroporto, dei servizi di assistenza e del catering per passeggeri ed equipaggio.

Con la sospensione delle operazioni di volo il rischio per coloro che lavorano direttamente sugli aeroplani – una novantina di piloti e 250 assistenti di volo – è quello di dover affrontare nella migliore delle ipotesi un periodo di cassa integrazione. I dipendenti dell’indotto invece rischiano di non avere neppure gli ammortizzatori sociali. E’ di questi ultimi giorni, infine, la notizia che Nh Hotels Italia, una delle maggiori catene alberghiere che opera nel nostro Paese e che è in mano ad un gruppo spagnolo, ha deciso di mandare a casa quasi 400 dipendenti per rispondere alla crisi che sta colpendo anche il settore alberghiero. In totale sono 20 gli alberghi Nh presenti in Italia che danno lavoro a circa 1.400 dipendenti.

– C’è un comportamento efferato dell’azienda – racconta Cristian Sesena, segretario nazionale di Filcam Cgil – che ha ignorato le disponibilità espresse al tavolo negoziale dai sindacati, aprendo esclusivamente sulla possibilità di garantire incentivi all’esodo ma negando altri spazi di trattativa.

A perdere il posto di lavoro sono soprattutto cameriere, facchini e personale amministrativo.

– Abbiamo proposto il ricorso alla cassa integrazione almeno fino al prossimo 31 dicembre nonchè la disponibilità a discutere interventi sull’organizzazione del lavoro utili a recuperare margini di efficienza e produttività ma il gruppo ha chiuso su tutti i fronti – conclude il sindacalista. Per protesta i lavoratori hanno incrociato le braccia a partire dalle strutture di Roma e di Palermo.

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