WikiLeaks, Unasur: Sostegno a Ecuador dopo minacce Gb

QUITO – I ministri degli Esteri dell’Unasur (Unione delle Nazioni sudamericane) hanno manifestato solidarietà al governo dell’Ecuador e condannato il Regno Unito per aver minacciato di entrare nell’ambasciata del Paese sudamericano a Londra per arrestare Julian Assange. Il governo di Quito giovedì ha deciso di concedere l’asilo diplomatico al fondatore di WikiLeaks, ricercato in Svezia per essere interrogato in relazione alle accuse di molestie sessuali avanzate da due donne. I ministri, si legge in una nota diffusa dopo l’incontro tenutosi nella città ecuadoriana di Guayaquil, “condannano la minaccia dell’uso della forza tra gli Stati” e ribadiscono “il diritto dei Paesi di concedere l’asilo”. Nella ‘Dichiarazione di Guayaquil’, sottoscritta nell’omonima località ecuadoriana dai delegati del blocco, l’Unasur ha sottolineato che “l’asilo” è uno strumento volto a “proteggere i diritti umani delle persone che ritengono che la loro vita o integrità fisica sia minacciata”. Il capo della diplomazia del Venezuela, Nicolás Maduro, ha riassunto il contenuto del documento definendo “corretta” la decisione di Quito e aggiungendo che con un’eventuale violazione dell’ambasciata ecuadoriana a Londra, dove ha trovato riparo Assange, il Regno Unito romperebbe “le regole del gioco”.

“Cercare una soluzione condivisa”
I ministri hanno inoltre fatto appello alle parti affinché seguano “la strada del dialogo e dei negoziati diretti” per trovare una soluzione accettabile per tutti.
Prima dell’Unasur era stata la piattaforma di integrazione regionale Alba-Tcp (Alleanza bolivariana dei popoli della Nostra America-Trattato di commercio dei popoli) a pronunciarsi sull’inviolabilità della missione ecuadoriana a Londra.
Assange si è rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana due mesi fa e ora, dopo la concessione dell’asilo da parte di Quito, Londra si rifiuta di garantirgli il salvacondotto con cui lasciare il Paese e recarsi in Ecuador. L’attivista australiano, che domenica ha parlato dal balcone della piccola ambasciata londinese chiedendo l’intervento del presidente americano Barack Obama, sostiene che una volta estradato in Svezia potrebbe essere trasferito negli Stati Uniti e lì accusato di aver diffuso migliaia di documenti riservati del governo di Washington, accusa che potrebbe portare a una condanna a morte.

Quito: “La ragione è con noi”
“Se paragoniamo gli argomenti avanzati dai due Paesi (Ecuador e Regno Unito, ndr), è chiaro che la ragione è dalla nostra parte”, ha commentato il ministro degli Esteri ecuadoriano, Ricardo Patiño. “Il governo di Quito – ha aggiunto Patiño – non ha ancora deciso se rivolgersi alle Nazioni unite per trovare una soluzione all’impasse e aspetterà l’esito di un incontro dei ministri degli Esteri dell’Organizzazione degli Stati americani, che si terrà venerdì a Washington”.

Assange: “America Latina ti sono grato”
“Obama fa la cosa giusta. Basta caccia alle streghe”. Julian Assange è tornato a mostrarsi in pubblico e, dal balcone dell’ambasciata dell’Ecuador di Londra, dove si è rifugiato, ha lanciato un appello al presidente degli Stati Uniti. “Gli Stati Uniti devono tornare indietro sulle proprie decisioni, devono capire che non devono perseguirmi, non devono perseguire la democrazia, devono capire che vanno contro una persona che sta cercando di dire la verità”. Ha ringraziato quindi l’Ecuador e la sua ambasciata per avergli concesso asilo politico, oltre a tutti i Paesi dell’America Latina per l’appoggio che gli hanno garantito. Assange non intende abbandonare la sua battaglia, anzi. Ha dato istruzioni, ha precisato l’ex giudice spagnolo Baltasar Garzón, affinché i suoi legali portino avanti la lotta a difesa del sito WikiLeaks. Il mio assistito, ha detto, “ha sempre difeso libertà e giustizia e continuerà a farlo”. Garzón ha quindi sottolineato che Assange “non si è mai rifiutato di rispondere alle autorità svedesi. Chiede solo garanzie minime perché questo possa avvenire. Fino ad oggi queste garanzie non sono arrivate”.

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