Minatori in protesta: speranze dal governo

SASSARI – Giù, nel ventre della terra, si è vissuta un’altra giornata di alta tensione tra i minatori della Carbosulcis asseragliati nei pozzi di Nuraxi Figus da domenica sera. La lotta, mentre arriva un nuovo messaggio di inco raggiamento da Giorgio Napolitano, si fa ogni giorno più estrema perché la stretta è vicina: oggi il governo dovrà pronunciarsi in modo chiaro e definitivo sul piano di rilancio del bacino minerario, dicendo se intende appoggiare o affossare il progetto integrato carbone-miniera-centrale elettrica messo in piedi dalla Regione Sardegna con l’obiettivo di produrre energia ‘pulita’ dal carbone stoccando l’anidride carbonica nel sottosuolo. Un progetto dal respiro corto: il governo ha già fatto sapere che non è economicamente sostenibile.

– Costa 250 milioni ogni anno per otto anni e finisce sulle bollette della corrente elettrica degli italiani. Non va bene – spiega il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti che apre, però, uno spiraglio: “Non esiste la scadenza del 31 dicembre per la chiusura della miniera, se la Regione (azionista al 100% della Carbosulcis, nrd) vuole procedere in questa direzione lo dica chiaramente e vedremo che si può fare.

Il governo, sottolinea il sottosegretario, “è aperto a soluzioni alternative al progetto integrato già proposto”.
– La base di partenza solida è quella del Piano per il Sulcis messo a punto da Regione e Provincia e per il quale il Cipe ha già stanziato 127 milioni di euro. In questo quadro di complessiva riqualificazione tutti i lavoratori del polo industriale saranno tutelati – assicura De Vincenti.

Giù, nel ventre della terra, non si fidano. Ieri mattina la disperazione ha toccato il fondo. E non è una metafora. Due minatori, esasperati e stressati da giorni di occupazione e dalla tensione per l’attesa di risposte da Roma, il fondo del pozzo lo hanno raggiunto davvero: si sono asserragliati a -400, lasciando i compagni in presidio a una trentina di metri più su. A quella profondità le condizioni sono proibitive con il rischio concreto di collassi: poco ossigeno, 36-40 di temperatura, tasso di umidità al 90% e terreno ridotto ad un acquitrino melmoso e maleodorante. Per convincerli ad uscire, dopo almeno tre ore di trattative, sono dovute intervenire le squadre di salvataggio interne alla Carbosulcis.
Alla fine i due minatori hanno rivisto la luce del sole, portati in superficie con le barelle e da qui trasferiti in ospedale per accertamenti. Un’altra immagine choc immortalata da fotografi e telecamere. Un’altra protesta estrema in “presa diretta”. Come quella di mercoledì, impressa nella memoria di migliaia di spettatori, quando Stefano Meletti, storico leader dei minatori, delegato della Rsu Uil, ha impugnato un coltello e si è ferito ad un braccio. Dimesso dall’ospedale dopo dieci punti di sutura, ieri Meletti si è blindato in casa respingendo i giornalisti con cortesia ma altrettanta fermezza.
– Ho due bambini che si sono spaventati tantissimo. Oggi preferisco non dire nulla – spiega al citofono dalla sua abitazione.

Giù, nel ventre della terra, questa gente tosta e fiera riconosce il valore della solidarietà. Le parole di vicinanza espresse dal Presidente della Repubblica hanno colpito nel segno. “Grazie di cuore”, replicano i minatori a Napolitano.
L’inquilino del Colle è al loro fianco, come testimoniato dalla lettera inviata ai minatori:
– Cari lavoratori – si legge – vi ringrazio per le parole di apprezzamento che mi avete rivolto. Lasciate che vi esprima la più comprensiva personale sollecitazione a superare ‘scoramento e disperazione’. Seguirò con attenzione, per darvi il massimo impulso, lo sviluppo delle inziative che spettano alle autorità di governo nazionali e regionali.