Prandelli: Osvaldo e Giovinco per la Bulgaria

SOFIA – Dimenticare il passato. Per una volta l’esercizio di cancellazione della memoria azzurra è più faticoso, visti i buoni riscontri di gioco e risultati dei primi due anni di Cesare Prandelli. Ma oggi contro la Bulgaria la sua Italia comincia “la nuova avventura”, quella che dovrà portarla a una qualificazione ai Mondiali 2014 per nulla facile, a detta del commissario tecnico. Sarebbe dunque semplice riallacciarsi alla rinascita azzurra dell’altro ieri, fino all’infelice finale di Kiev.

“Ma la differenza è che ora siamo noi la squadra da battere”, precisa Prandelli, abile nel glissare sul dato di fatto che la vera svolta sta nell’addio all’era Cassano. “Siamo noi la squadra da battere – insiste il ct – Per questo ai miei giocatori ho fatto esattamente il discorso di due anni fa, quando cominciammo un altro ciclo. Non ho parlato per nulla di quel che abbiamo fatto a giugno: è un’eredità da non cancellare, ma che non ci servirà a nulla se non ricominceremo con la stessa generosità”.

Il primo test contro la Bulgaria priva di Berbatov (mister no anche per le telefonate del suo ct, oltre che per quelle di Fiorentina e Juve), in un girone definito da Prandelli “il più difficile” tra quelli europei verso Brasile 2014. Esagerazione mediatica per scuotere la squadra, e allontanare il rischio di accomodarsi sul bell’Europeo. Ma anche un pizzico di sano realismo: tra Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca e tradizionali lentezze azzurre a carburare, non c’é nulla di scontato nel raggruppamento.

L’Italia nuova riparte allora da Sofia con uno spirito giovane e tanta Juve, ma assomiglia parecchio a quella del recente passato. Va bene i baby talenti proposti dal campionato, ma per lanciare i Verratti e i Destro subito in campo è ancora presto.

Sette juventini nella squadra titolare, una difesa a tre che ricalca le consuetudini della squadra campione d’Italia (anche a costo di riciclare la riserva bianconera Giaccherini), e poi un’ossatura generale molto in linea con quella degli Europei. Solo Osvaldo, degli undici in campo, non c’era nel gruppo che portò l’Italia in finale a Kiev.

“Ho puntato sin dal primo giorno di ritiro su lui e Giovinco, hanno una grande forma fisica”, spiega il ct, che rivendica le sue scelte anche al di là del colore bianconero: “Dite che questa è un’ItalJuve? Rendo merito a Conte, e però rivendico che certe convocazioni le ho fatte prima che arrivasse lui, e sono stato anche criticato. Ad esempio Giovinco”.
Ovvero il numero 10 del futuro, cui un anno fa Prandelli fece complimenti sperticati (“i piccoli uomini sono quelli che scalano le montagne”) e ora affida lo scrigno della fantasia.

“Ha preso quella maglia – dice riferendosi al numero tondo che è stato di Rivera, Baggio o Totti – Il numero per me non conta molto, per i giocatori sì. L’importante è che lui sia sempre nel vivo dell’azione”.

A ben guardare, difatti, sono le assenze a marcare la differenza e la voglia di voltare pagina. Cassano – il 10 dell’ultima era azzurra – è già un passato lontano, fatte salve inaspettate rimonte dell’uomo dell’Europeo per i prossimi mesi. Meno sorprendente il forfait di Balotelli, stavolta legato a sue miopie reali e non virtuali; tra un guaio fisico e qualcuno d’altro genere, c’é da scommettere che nei due anni azzurri verso il Mondiale la sigaretta di SuperMario si accenderà e spegnerà a intermittenza. Tra le mani di Prandelli resta l’idea, di quella Italia. Perfino più forte (“intensa”, dice il ct) di quella che ha guidato la sua nazionale tra Cracovia e Kiev. Dopo aver parlato a inizio ritiro della voglia di costruire una squadra che giochi di più, a ritmi più alti alla vigilia della prima partita Prandelli va però sul concreto: “La parola chiave è qualificazione: tutti danno per scontato che sia facile. E invece oggi troveremo un ambiente particolarmente caldo”.

Quattro anni fa lo fu anche per la presenza degli Ultrà Italia che sfilarono per le vie di Sofia al canto di ‘faccetta nera’, stavolta la situazione sembra sotto controllo (“da questo punto di vista, sono sereno”). Semmai, giura Prandelli, c’é da temere una “Bulgaria rinnovata, che gioca un 4-3-3 molto aggressivo, con Popov uomo più pericoloso”. E la convinzione che i due anni trascorsi bastino a decretare la fine della crisi azzurra.