Cile: l’altro 11 settembre, 39 anni fa il golpe di Pinochet

ROMA – Il mondo ricorda. E dimentica. L’11 settembre è una data dai due volti. I quattro aerei dirottati da 19 terroristi di Al Qaeda, l’attacco alle Twin Towers di New York e le 3 mila vittime innocenti che nel 2001 si impressero nella memoria collettiva degli americani hanno infatti oramai sbiadito una pagina storica del nuovo continente. Trentanove anni fa il generale Augusto Pinochet assediava il Palazzo Presidenziale, la Moneda, attaccandolo via terra e bombardandolo con dei caccia Hawker Hunter di fabbricazione britannica. Era un altro 11 settembre, ma del 1973, e si consumava il golpe cileno, uno degli eventi più controversi del secolo scorso, considerato un simbolo della Guerra Fredda e tradotto in una lotta di trincea tra i servizi segreti del pianeta di matrice liberale e socialista.

Pinochet si autoproclamò capo del governo e mantenne il suo potere fino al plebisicito del 1988, quando a sorpresa il popolo cileno in una consultazione regolare e senza brogli non gli concesse alcuna proroga al mandato. L’11 marzo del 1990 lasciò la carica presidenziale assumendo il comando delle Forze armate del Cile fino al 1998.

Generale dell’esercito e di orientamento fortemente conservatore, Pinochet guidò un governo considerato ultramilitarista e reazionario. Durante la sua dittatura militare venne attuata una forte repressione dell’opposizione, ritenuta da molti un vero sterminio di massa con l’uccisione – secondo alcune fonti – di circa 3.000 dissidenti politici, l’arresto arbitrario di 130.000 persone e sistematiche violazioni dei diritti umani.

Dietro al golpe cileno in numerose tesi si evince ancora un nome: Henry Kissinger, il 56esimo segretario di stato degli Stati Uniti durante le presidenze di Richard Nixon e di Gerald Ford. ‘’Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell’irresponsabilità del suo popolo’’, affermò in occasione dell’elezione di Salvador Allende Il ruolo degli Usa nel colpo di Stato cileno resta tuttavia privo di conferme ufficiali. Documenti declassificati durante l’amministrazione Clinton mostrano che l’esecutivo degli Stati Uniti e la Cia avevano cercato di rovesciare Allende nel 1970, immediatamente dopo la sua elezione, ma le pretese del loro coinvolgimento diretto nel golpe non sono ne’ dimostrate, ne’ contraddette dalle prove documentali disponibili.

Tra le carte il ‘’decision memorandum numero 93’’, datato 9 novembre 1970, scritto dallo stesso Kissinger ed indirizzato ai capi della diplomazia, della Difesa e dell’intelligence del Paese. Il dossier rivela che la pressione degli States doveva essere posta sul governo Allende per impedirne il consolidamento e limitarne la capacità di implementare politiche avverse a Washington, come la nazionalizzazione di diverse compagnie internazionali e dell’industria del rame. Con Pinochet si sviluppò in Cile una politica economica fortemente liberista in linea col modello Usa, attraverso l’assistenza dei cosiddetti Chicago boys, un gruppo di giovani economisti guidati da José Pinera e formati a Chicago da Milton Friedman, il fondatore della scuola monetarista e insignito del Premio Nobel per l’economia nel 1976.

Ieri, nel ricordo del golpe cileno, un tribunale di Santiago ha formalmente chiuso l’inchiesta sulla morte dell’ex presidente Salvador Allende. Nel quadro di una decisione unanime, la corte d’appello ha decretato ufficialmente la fine delle indagini dichiarando che in quell’11 settembre Allende si asseragliò nella Moneda togliendosi la vita con un fucile AK-47 donatogli – come ha raccontato più volte Patricio Guijon, il suo medico personale – da Fidel Castro.

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