Residenza all’estero dei candidati alle politiche: le proposte di Ferretti

ROMA – “Siamo entrati in clima elettorale e puntuale è ritornato il discorso sulle residenze di chi si pensa vorrà candidarsi. A parte che fra i “sospettati” c’è anche chi non ci pensa neppure pur essendo impegnato nelle politiche degli italiani nel mondo, se davvero il problema è così sentito, ci sarebbe ancora tempo perché gli eletti all’estero possano, tutti insieme, fare passare un piccolissimo emendamento all’art. 8 della Legge Tremaglia”.
A scrivere è Gian Luigi Ferretti, coordinatore del Maie Europa, che spiega: “Oggi è sufficiente che, al momento della presentazione della candidatura, possa essere esibito un certificato di iscrizione all’AIRE, anche se l’iscrizione fosse avvenuta il giorno prima. L’emendamento potrebbe essere quello in corsivo: i candidati devono essere residenti ed elettori nella relativa ripartizione da “tot” anni”.
“C’è chi dice uno, chi dice tre, chi dice cinque e chi addirittura dieci anni. Si potrebbe mettere 5 anni anche per non penalizzare troppo i nuovi emigrati”, osserva Ferretti, che aggiunge: “poi, siccome la residenza è per legge il luogo dove uno ha i propri interessi prevalenti, nel Regolamento di attuazione della legge si potrebbe richiedere anche un attestato del Fisco del Paese di residenza perché se uno è residente per davvero, e non solo ha evitato di cancellare la residenza estera pur essendo ritornato a lavorare e vivere in Italia, pagherà pure le tasse, no? Infine – conclude Ferretti – qualora i parlamentari eletti all’estero non riescano neppure a fare approvare queste modifiche, le forze politiche potrebbero comunque impegnarsi moralmente a scegliere candidati che rispondano esattamente alle condizioni di residenza da almeno 5 anni e di contribuzione fiscale nonché a rendere nota la documentazione”.

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