2014, l’anno in cui la Scozia voterà per l’indipendenza

ROMA – Il premier britannico David Cameron ha firmato a Edimburgo con il “First Minister” scozzese Alex Salmond l’accordo per lo svolgimento di un referendum sull’indipendenza della Scozia. Secondo quanto annunciato dalla stampa britannica, Salmond ha dovuto rinunciare a un secondo quesito più moderato (relativo a una “massima devoluzione dei poteri”) e dunque il referendum riguarderà solo la scelta fra effettiva indipendenza e status quo. Cameron è contrario alla separazione, affermando che la Gran Bretagna è più forte se resta unita.
L’accordo prevede la cessione da parte di Westminster al Parlamento scozzese del potere di convocare un referendum, ma per un tempo limitato: la “finestra di opportunità” si chiuderà alla fine del 2014, impedendo in tal modo a Salmond di rimandare sine die la consultazione in caso di sondaggi sfavorevoli. La questione è infatti spinosa: Salmond, paladino dell’indipendenza, da quando è stato eletto ha cominciato a rimandare, anche perché all’indipendenza vera e propria stando ai sondaggi, sarebbe favorevole solo un terzo degli scozzesi.
L’accordo impegna anche i due governi – secondo quanto emerso – a lavorare assieme in modo costruttivo nell’interesse del popolo della Scozia, qualunque sia l’esito della consultazione.
I sondaggi di opinione infatti attribuiscono agli indipendentisti un sostegno tra gli scozzesi che va dal 30% al 40%. Per poter votare non occorrerà la maggiore età: per la prima volta in una elezione importante, la soglia sarà di 16 anni. Cameron si è dichiarato “pronto a lottare” contro l’indipendenza della regione semi-autonoma di 5,3 milioni di abitanti; anche il partito laburista, all’opposizione, è ostile alla separazione della Scozia. Secondo uno studio dell’organizzazione Taxpayer Scotland, uno Stato scozzese indipendente potrebbe ritrovarsi con un debito di 270 miliardi di sterline (circa 300 miliardi di euro), pari a oltre il doppio del Pil annuale: anche considerando i 6,5 miliardi di euro provenienti dai ricavi petroliferi la Scozia spenderebbe attualmente circa 10 miliardi di euro più di quanto incassi. Conclusioni contestate dai nazionalisti, secondo i quali la Scozia sarebbe perfettamente in grado di sostenersi economicamente.
Da notare che da un punto di vista culturale e politico cambierebbe sostanzialmente poco: in base all’Act of Union del 1707 la Scozia ha sempre conservato i propri sistemi giuridici e di istruzione, nonché la religione presbiteriana; inoltre, come accade per altri Paesi del Commonwealth, il monarca britannico rimarrebbe comunque Capo dello Stato (e della Chiesa di Scozia).
Scozia e Inghilterra sono sotto un’unica monarchia dal 1603 e sono sottoposti alla legge di un unico Parlamento, quello di Londra, dal 1707. Nel 1999, per la prima volta, fu creato un Parlamento scozzese dopo il referendum sulla cosiddetta “revolution”.

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