Dopo Veltroni D’Alema: “Mi candido se il Pd lo chiede”

ROMA – Non sarà l’effetto ‘rottamatore’ di Matteo Renzi, come i diretti interessati negano. Ma nel Pd lo tsunami del ricambio generazionale è cominciato. E dopo il passo indietro di Walter Veltroni, ieri Massimo D’Alema ne ha fatto uno di lato.
– La mia disposizione è a non candidarmi. Semmai posso candidarmi se il partito mi chiede di farlo – è la posizione del presidente del Copasir che decide per ora di restare in trincea proprio contro la furia rinnovatrice del sindaco e ottiene la difesa pubblica, con una pagina ‘a pagamento’ sull’Unità, di 700 esponenti politici e della società civile meridionale.
Se il sindaco di Firenze rivendica come un successo personale l’addio al Parlamento di Veltroni, di ben altro umore è Pier Luigi Bersani, chiamato nei prossimi mesi a decidere se, come chiede Renzi, ‘’tagliare i rami secchi’’ o concedere ad alcune personalità-simbolo del Pd, che poche non sono, di continuare in Parlamento nonostante esperienze in alcuni casi ventennali.
Al segretario del Pd non piace affatto la foga distruttrice dello sfidante alle primarie: la ruota deve girare, è convinto Bersani, ma le capacità non sono una questione anagrafica. Chi, invece, come Veltroni, ha tratto il dado, oggi si sente sollevato e rincuorato dagli attestati di stima ricevuti da semplici cittadini ma anche da personalità come Carlo Azeglio Ciampi. Detto ciò, chiarisce, ‘’la mia scelta, personale, non necessariamente implica che altri debbano farla’’. Anche se la sensazione dentro il Pd è che la mossa di Veltroni costringa ad un effetto domino tra i veterani del partito, che in molti casi non hanno lo stesso curriculum politico dell’ex segretario Pd.
Ha viaggiato, invece, quasi sempre in parallelo all’ex sindaco di Roma la carriera di Massimo D’Alema, su cui ora sono puntati tutti gli occhi. L’ex premier spiega che aveva già detto a Bersani che non si sarebbe candidato ma, davanti ai reiterati attacchi di Renzi, ha deciso di rimanere. O almeno, chiarisce, ‘’ora sono impegnato a mettere un’argine a questa ondata, ora difendo la dignità di una storia e dopo posso anche andarmene tranquillo. Anche perchè – è l’amara constatazione dell’ex ministro degli Esteri – in un Parlamento dove torneranno Berlusconi, Dell’Utri e Cicchitto, pensare che il rinnovamento consista nell’eliminare il gruppo dirigente del Pd è una visione un po’ faziosa.
Il sindaco di Firenze, dal canto suo, è convinto che ‘’Veltroni non sarà l’unico’’. Anche perchè la campagna per le primarie è ufficialmente appena cominciata e il clima è destinato a surriscaldarsi su più fronti.
Antonio Di Pietro chiede un chiarimento per riunificare il centrosinistra mentre Bruno Tabacci fa sapere che correrà alle primarie ma senza firmare la Carta d’intenti, come è d’obbligo per i candidati, perchè troppo a sinistra. Malumori che spingono Giuseppe Fioroni ad attribuire la decisione di Veltroni alla contrarietà verso ‘’il progressivo scivolamento del Pd verso Vendola’’. Tesi che non preoccupa, però, Bersani che ieri ha incassato il sostegno di 2000 tra sindaci e amministratori, tra i quali Nicola Zingaretti.

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