Caso Ruby, Berlusconi: “Ad Arcore mai scene di sesso”

MILANO  – Niente scene di sesso ad Arcore e men che meno ‘’rapporti intimi’’ con la bella ‘Rubacuori’, la giovane marocchina che lui credeva fosse maggiorenne e imparentata con Mubarak, l’ex rais con cui voleva ‘’evitare un incidente diplomatico’’ quando, la notte tra il 27 e il 28 maggio di due anni fa, intervenne con una telefonata in Questura a Milano senza ‘’esercitare pressioni’’ ma limitandosi a chiedere ‘’informazioni’’ sulla ragazza fermata per via di un furto. Si è difeso così Silvio Berlusconi al processo Ruby dove è imputato per concussione e prostituizione minorile.
L’ex premier, in un condensato di dichiarazioni spontanee, per poco più di mezz’ora ha raccontato ai giudici la ‘sua verità’. Verità che da tempo l’ex capo del Governo va dicendo davanti a telecamere e taccuini e che ieri mattina, per la prima volta, ha ripetuto in un’aula di giustizia leggendo una memoria scritta, dal banco in prima fila, con al fianco i suoi difensori.
– Avrei preferito rendere un interrogatorio, ma la storia di questi 20 anni di accuse che la Procura di Milano ha di continuo portato avanti nei miei confronti non mi consente di seguire questa via – ha sottolineato, aggiungendo:
– Questo tribunale avrebbe già deciso per la mia condanna. Spero non sia così, altrimenti questo sarebbe un paese incivile e barbaro.
Un’autodifesa quella di Berlusconi che è partita da ‘’l’erroneo e pretestuoso – sono sempre le sue parole – filo conduttore’’ del processo: le serate a villa San Martino, durante le quali ‘’posso escludere con assoluta tranquillità che si siano mai svolte scene di natura sessuale’’ e sulle quali ‘’si è favoleggiato molto con chiari intenti diffamatori e con una intrusione nella vita privata di un cittadino”. Eppure mai ‘’mi sono preoccupato che i miei ospiti raccontassero accadimenti indecenti’’ nè ‘’ho chiesto loro di essere riservati’’. Perchè in realtà, a suo dire, si trattava di ‘’cene dove io monopolizzavo la conversazione’’’. Per il dopo cena, poi, gli ospiti si trasferivano ‘’nella discoteca che era stata dei miei figli’’ dove si ballava e nel teatro si organizzavano spettacoli ‘’che non avevano alcunchè di volgare e scandaloso’’.
– Quindi – ha continuato – ipotizzare che io volessi tenere nascosto il contenuto di tali serate è risibile.
Insomma, niente ‘’bunga-bunga’’ per l’ex premier che ha raccontato anche la genesi di quel termine ora usato per descrivere i presunti festini a luci rosse ad Arcore.
– Nasce da una mia vecchia battuta, che ho fatto più volte, e che è stata anche riportata dalla stampa.
Da qui l’ex presidente del Consiglio è passato a parlare dell’ormai nota notte in Questura. Non solo ha affermato di non aver mai fatto ‘’alcuna pressione sui funzionari, ai quali mi sono limitato a chiedere una semplice informazione’’ e di non aver mai chiesto che Ruby venisse affidata a Nicole Minetti, ma ha anche precisato che ‘’è fuori da ogni ragionevolezza collegare la mia telefonata al timore che potesse raccontare qualcosa di scandaloso’’.
Sulla ragazza, con cui ha detto di non aver ‘’mai avuto rapporti intimi’’ e che la difesa ha intenzione di convocare in aula come testimone, il leader del Pdl ha ricordato di quando si è presentata ad Arcore assieme a Lele Mora e di come aveva ‘’attirato su di sé l’attenzione dei commensali con la storia della sua vita’’: figlia di una cantante egiziana (di cui mostrò anche alcuni video sul pc), imparentata con Mubarak, e ‘’buttata fuori di casa dal padre’’ che le avrebbe addirittura buttato addosso dell’olio bollente ‘’perchè si era convertita alla religione cattolica’’.
E ancora, i primi mesi trascorsi a Milano prima a casa di un’amica con cui aveva litigato, e poi, dopo essere stata messa alla porta, come cameriera in un locale.
– Io – aggiunge – le offrii un aiuto economico anche per il suo progetto di aprire un centro estetico pensando che questo fosse il mezzo perchè conducesse una vita decorosa.
Convinto che fosse nipote dell’ex rais egiziano e avesse 24 anni, quando scoprì la verità rimase ‘’di stucco e mi resi conto di una sua seconda e falsa identità.
– Da quel momento ritenni di non dovermi più interessare di lei – prosegue -. Solo qualche tempo dopo, e dietro le sue molte insistenze, le fece avere alcune migliaia di euro.
Ma quasi al termine delle sue dichiarazioni spontanee Berlusconi si è tolto anche qualche sassolino dalla scarpa: il processo l’ha bollato come ‘’una mostruosa opera di diffamazione nei miei confronti e nei confronti delle mie ospiti’’ che ‘’non possono essere considerate escort’’ e che hanno avuto vita e carriera ‘’rovinate’’ per poi concludere rispolverando la famosa espressione “l’Italia è il Paese che amo”, che pronunciò quando scese in politica.
– In Italia, – ha chiuso – che è il Paese che amo, deve esserci la certezza sull’imparzialità dei giudici.

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