Deficit, la prima sfida di Obama

WASHINGTON – La ricetta di Obama per ridurre il deficit in modo equilibrato è quella di tagliare le tasse alle famiglie della classe media e alle piccole imprese e creare posti di lavoro. E questo lo sapevamo. Della rigidità dei repubblicani ad accettare ogni tipo di tassa, specialmente nei confronti dei ceti più agiati, ne eravamo a conoscenza.
Ieri è arrivato da parte del presidente Usa un nuovo e diretto appello ai repubblicani. Obama, appena rientrato a Washington, ha chiamato lo Speaker della Camera, John Boehner, e gli altri leader del Congresso chiedendo loro di mettere da parte ogni interesse di partito in nome di quelli degli americani. Che, come ha detto il presidente neoeletto nel suo discorso della vittoria, “hanno chiesto l’azione, non i soliti giochi politici”.
Dal Congresso sono arrivate le aperture per un compromesso sulla riduzione del deficit improntato ad evitare il tanto temuto ‘fiscal cliff’, il baratro fiscale in cui cadrebbero gli Usa a partire dal primo gennaio 2013, con riduzioni automatiche della spesa pubblica e aumento delle tasse. Ciò che la destra nordamericana è intenzionata ad evitare.
E allora, proprio da John Boehner, è giunta la disponibilità, nell’ambito di un accordo bipartisan orientato a tagli che apportino nuove entrate al Paese, come risultato di una crescita economica “energizzata da un codice tributario più semplice, chiaro ed equo”.
Per farla breve i repubblicani hanno offerto il loro beneplacito alla riduzione degli sgravi fiscali, ma si sono opposti, ancora una volta, all’idea di una tassazione più sostenuta nei confronti “dei redditi degli americani con aliquote fiscali più alte”.
Quella di Boehner è una prima risposta, seppur timida, all’appello di Obama in nome degli interessi del Paese.
Anche dal rappresentante della maggioranza al Senato, Harry Reid, è arrivata la promessa di un impegno al riguardo: “È meglio ballare che litigare, è meglio lavorare insieme”.
Il muro che da due anni impedisce ai politici nordamericani di trovare un accordo sul modo in cui arrivare alla riduzione del debito sembra forse ad una svolta. Soprattutto se pensiamo che il ‘muro’ ha già portato nell’estate del 2011 al downgrade del debito Usa, avvenimento più unico che raro.
Il discorso del presidente sembra aver risvegliato quell’orgoglio statunitense che sembrava ormai sopito, e anche la Casa Bianca ora può, con orgoglio, rivendicare che: “Queste elezioni ci hanno dato un chiaro mandato riguardo al sostegno della gente alla nostra linea sulle tasse”, come rimarcato dal vice presidente Joe Biden.
G.D.R.

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