Scintille Bersani – Monti Ultimatum del Pd: “Dica con chi sta”

ROMA  – Il Pd tiene aperta la porta a Mario Monti per una ”collaborazione” dopo le elezioni. Ma Pier Luigi Bersani comincia ad insospettirsi per le mosse del Professore: la candidatura, ormai certa, di Gabriele Albertini al Senato rischia di togliere ”le castagne dal fuoco di Berlusconi” e di rendere ancora più in salita l’impresa del Pd di ottenere il premio di maggioranza al Senato. E anche i segnali di Monti per un’intesa post voto non sono affatto incoraggianti:

– E’ prematuro parlare delle alleanze, io non faccio la stampella di nessuno ma il Pd chiarisca che vuole.

Chiuse non senza tensioni le liste elettorali, il Pd si butta in campagna elettorale in anticipo rispetto agli altri partiti. Un vantaggio che Bersani non vuole sprecare così come quello nei sondaggi che, fanno di calcolo il leader ed il vice Enrico Letta, permetterebbe al Pd di eleggere 400 parlamentari. Una carica di eletti che, però, potrebbero non bastare al Pd per arrivare a Palazzo Chigi: i deputati, secondo i calcoli, dovrebbero essere circa 280 e i senatori 120 che però, pur sommati a quelli di Sel, non sarebbero sufficienti a raggiungere la maggioranza di 158. Un risultato ”zoppo” che il Pd ha ben presente e contro il quale sta prendendo contromisure.

– Nelle regioni in bilico (Lombardia, Veneto, Campania, Sicilia) abbiamo curato le candidature – sostiene il leader Pd – ma confido nella gente e noi siamo in vantaggio perchè abbiamo fatto vedere che quello che avevamo detto avremmo fatto.

La scelta di Monti di schierare in Lombardia al Senato l’ex sindaco Albertini, che si dice pronto a rispondere alla chiamata dei centristi, rischia di essere un ostacolo in più. E se il gioco dei centristi sarà di ostacolare la possibile vittoria dei democrats, i toni della campagna cambieranno.

– In politica – avverte Bersani – tante ne dici e tante ne senti dire e quindi adesso c’è il diritto nostro di rispondere ad accuse false.

A cominciare dalla critica del Prof contro la sinistra contraria alla crescita.

– Quando andammo via nel 2001 – commenta – si cresceva al 3.4%, noi non siamo nemici della crescita, anzi, abbiamo qualche idea sull’argomento.

Così come sull’Imu il leader Pd si interroga polemicamente sul perchè Monti non abbia ”parlato prima di modifiche visto che il governo è stato in carica fino ad un mese fa”. Il premier uscente, pero’, dal canto suo, non sembra intenzionato ad incassare ne’ a mostrare segni di cedimento.

– In campagna elettorale – sostiene – dobbiamo concentrarci sui problemi e solo successivamente verranno le alleanze. Noi del nostro movimento spieghiamo bene cosa vogliamo fare e lo faccia anche il Pd. Perchè – incalza il Prof. – su alcuni punti del programma nel centrosinistra ci sono posizioni ben diverse.

Botta e risposta che, al Pd, ritengono fisiologici in campagna elettorale. Ma che non cambiano la proposta dei democrats.

– Confermo che dopo il voto, se vinciamo, chiediamo la collaborazione con i moderati, resto fermo su questo e non vedo il motivo per cui questa iniziativa sia alternativa ad una sinistra anche radicale – insiste Bersani che, come Monti, non dà alcuna chance di vittoria a Berlusconi. Il punto, come tutti sanno, è che il Pd non ha alcuna intenzione, se avesse la maggioranza anche in una sola Camera, di lasciare la premiership. E che, ancora oggi, Monti storce il naso a ruoli da ministro:

– Nessuno mi sta chiedendo di far parte di nessun Governo e poi, per farlo, dovrei riconoscermi quasi totalmente in un governo per poter con mio agio farne parte.

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