Monti attacca “Cgil antilavoratori”: “O me o arretratezza”

ROMA  – Nel pieno degli ultimi ritocchi alle liste, Mario Monti si reca personalmente a Milano per presentare il ”tridente” Albertini, Ichino, Mauro; attacca la Cgil accusandola di non fare gli interessi dei lavoratori ma soprattutto avverte: in caso di mia sconfitta l’Italia é condannata all’arretratezza. Un viaggio che dimostra quanto il professore, nonostante lo neghi pubblicamente, consideri la Lombardia (regione chiave per la vittoria in Senato) una pedina fondamentale nella strategia elettorale.

Il leader di Scelta Civica lascia cosí a Enrico Bondi il compito di verificare se i nomi presentati da Udc, Fli e Italia Futura abbiano i requisiti per entrare nella sua ‘squadra’. Un lavoro certosino che fa slittare di qualche ora la presentazione delle candidature. Intanto il premier – formalmente è ancora in carica – prosegue nella sua maratona elettorale. Prende un volo – Alitalia, ci tiene a precisare per dimostrare che in campagna elettorale preferisce lasciare a terra l’apparecchio del 31esimo stormo – e si presenta in conferenza stampa con l’ex sindaco di Milano, il giuslavorista e l’ex eurodeputato pidiellino.

Di Albertini, dice che è stato un ”eccellente” sindaco di Milano, lavoro che ritiene ”più difficile” di quello di premier; di Mauro sottolinea la ”serietà”, ma soprattutto il fatto che abbia saputo tenere ”la schiena dritta” nei confronti del suo ex partito. Ma è parlando di Ichino, del quale ricorda la ”coerenza” e i ”molti rischi” corsi per sostenere le proprie idee, che Monti torna ad attaccare la Cgil. Il professore non la nomina esplicitamente, ma il riferimento al sindacato di Susanna Camusso è chiaro, visto che se la prende contro quelle ”organizzazioni politico-sociali” che finiscono ”per non fare l’interesse” dei lavoratori che vogliono tutelare, ”ma il loro danno”.

Seguono una serie di affondi, indistinti, ai competitor elettorali: nel difendere la scelta di chi ha abbandonato Pdl e Pd per seguirlo in questa avventura, il professore spiega che hanno fatto una ”scelta del futuro, piuttosto che del passato”, schierandosi sulle ”idee, anzichè sulle scatole, ovvero i partiti”.

Ribadisce che la sua lista, nega sia un partito, non è identificabile con il centro: se così fosse, prosegue, il centrosinistra dovrebbe definirsi sinistra e il centrodestra destra. Difende la decisione di aver aperto ai politici di professione: limitarsi alla società civile, dice, sarebbe stato un ”modo di ragionare elitario”, mentre così si può davvero cambiare la politica. Perchè occorre passare ”dal mugugno, alla costruzione”, per unire le energie riformiste e cambiare davvero il Paese.

Non mancano le punture di spillo con Berlusconi: ricorda la sua ”lusinghiera valutazione dell’azione del governo”, salvo poi definirlo ”disastroso” a seguito del suo rifiuto a federare il centrodestra. Contrattacca anche sulla presenza Tv: glissa sui rilievi mossi dall’Agcom sulla sua preminenza nel piccolo schermo, ma sottolinea che ”le regole vanno rispettate”.

Quanto all’accusa di chi pensa che il suo unico obiettivo sia impedire la vittoria di Bersani a palazzo Madama, replica con una risposta:

– Davvero pensate che avrei messo in piedi tutto questo per rendere più divertente la vita al Senato?. Noi – scandisce con l’ultimo, pesante affondo – non vogliamo essere né terzi né incomodi, ma vogliamo cambiare la politica italiana: se questo orientamento non sarà il primo, l’Italia sarà abbastanza condannata ad arretratezza, mancanza di competitività, ad essere una società vecchia.

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