Mps, la “banda del 5% e i pagamenti riservati ai dirigenti”

SIENA  – Una serie di ”pagamenti riservati” ad alti dirigenti di Rocca Salimbeni, le perdite di una banca d’affari caricate sul Monte dei Paschi, il direttore dell’area finanza e il suo uomo a Londra conosciuti nell’ambiente come ”la banda del 5%” per via della percentuale che, indebitamente, avrebbero percepito su ogni operazione. S’allarga l’inchiesta che sta travolgendo il terzo gruppo bancario italiano e non è affatto escluso che nei prossimi giorni possano esserci novità importanti: i pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso – dopo aver avuto una riunione con gli investigatori del Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza arrivati appositamente da Roma – hanno infatti ascoltato per oltre sette ore, come persona informata dei fatti, Valentino Fanti, segretario del Cda del Monte e capo della segreteria di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, lo stesso ruolo che ricopriva quando Giuseppe Mussari era presidente.

Vista la durata e soprattutto lo ‘spessore’ del personaggio, ben inserito nei meccanismi della banca, non è affatto escluso che Fanti abbia fornito agli inquirenti spunti interessanti per le ipotesi investigative, in attesa che arrivino gli esiti delle numerose rogatorie inviate all’estero. Ad esempio, su chi fosse a conoscenza dell’operazione ‘Alexandria’, se nei consigli d’amministrazione si sia mai parlato della vicenda dei derivati, se il famoso documento trovato nella cassaforte del Monte e inviato poi a Bankitalia e in procura fosse effettivamente sconosciuto ai consiglieri, perchè nell’operazione Antonveneta non venne fatta una ‘due dilegence’, perchè il collegio dei revisori non si oppose al prezzo d’acquisto pagato al Santander e lievitato di oltre 3 miliardi in due mesi. Tra l’altro, in qualità di capo segreteria di Mussari, di cui era uomo di fiducia, Fanti era a conoscenza di buona parte della documentazione riservata dell’ufficio ed è sempre lui che, in occasione dei Cda, si occupa della verbalizzazione delle riunioni.

Che la vicenda potrebbe portare a sviluppi clamorosi, lo confermano indirettamente lo stesso procuratore capo Tito Salerno nelle uniche parole rivolte ai giornalisti.

– La situazione è esplosiva e incandescente, stiamo parlando del terzo gruppo bancario italiano. E’ una situazione molto complessa e allo stesso tempo molto fluida, che potrebbe cambiare di giorno in giorno.

E questo senza voler considerare che Bankitalia già nel report dell’ispezione condotta nel 2010 scriveva che ”l’accertamento mirato a valutare i rischi finanziari e di liquidità, ha fatto emergere risultanze parzialmente sfavorevoli” e indicava i ”punti di debolezza”. Al momento comunque, viene sottolineato da fonti inquirenti qualificate, non c’è nell’inchiesta alcun coinvolgimento dell’ex governatore e attuale presidente della Bce Mario Draghi.

Chi, invece, è già ampiamente coinvolto è Gianluca Baldassarri, l’ex capo dell’area finanza. Di lui – e dell’allora responsabile londinese di Mps Matteo Pontone – parla in un verbale del 2008 Antonio Rizzo, all’epoca funzionario della Dresdner Bank, una banca d’affari in rapporti con Mps. L’interrogatorio del teste è contenuto in un’informativa della Gdf di Milano che ora è agli atti dell’inchiesta senese.

Nel marzo del 2008, racconta Rizzo, ”sono andato a cena con Michele Cortese (l’uomo che all’epoca si occupava della vendita di prodotti finanziari per Dresdner Bank – London branch, ndr) il quale sostanzialmente mi ha detto che, a suo avviso, ma il fatto sembrava notorio, Pontone e Baldassarri avevano percepito una commissione indebita dell’operazione per il tramite di Lutifin (societa’ d’intermediazione svizzera). Mi disse anche che i due erano conosciuti come la banda del 5% perchè su ogni operazione prendevano tale percentuale”.

L’informativa partiva proprio da una serie di accertamenti sulla Lutifin che aveva una consulenza per trovare ”potenziali investitori” per Dresdner. Ma gli investigatori scoprono che la Lutifin ”era stata utilizzata quale veicolo per effettuare pagamenti riservati nei confronti di alti dirigenti del Monte dei Paschi di Siena, in cambio dell’acquisto, da parte dell’istituto di credito da cui dipendevano, di un ‘pacchetto titoli’, all’interno dei quali ve ne erano alcuni (cosiddetti C.D.O.) che presentavano forti perdite per Dresdner Bank”. Si tratta di titoli emessi da Skylark, società della Dresdener con sede nelle Cayman e l’operazione riguardava ”un nozionale di riferimento pari a 120 milioni da parte di Bmps (seller) nei confronti di Dresdner Bank (buyer)”. Un’operazione che non sta in piedi. Scrive infatti la Finanza: ”è stato di fatto acclarato che l’operazione non era altro che un riacquisto titoli in precedenza ceduti da Dresdner Bank nei confronti di Mps – London branch”. E dunque ”un pagamento eseguito contro ogni logica commerciale”.

Perche’?

”Scopo dell’operazione – si legge nell’informativa – era quello di far ristrutturare il ‘pacchetto’ a Mps, la quale si è occupata, in definitiva, di sostituire i titoli in sofferenza con altri ‘in salute, in modo tale da consentire a Dresdner bank di neutralizzare le perdite che stava subendo, scaricandole di fatto in capo a Mps”.