Maly, Qatar sotto accusa: ‘aiuta Jihadisti’

TUNISI – Nelle regioni del nord del Mali, devastate da ”una guerra vera” che la Francia assicura di voler completare con il ritiro a marzo (e il passaggio di consegne a una missione di pace Onu garantita da contingenti solo africani entro aprile), irrompe una presenza ingombrante, ma che per molti non giunge inattesa. E’ il Qatar, a cui fonti di intelligence riprese da media algerini attribuiscono un ruolo attivo – importante, ancorché destabilizzante – nel panorama che si sta determinando nelle regioni settentrionali. Qui, dicono le fonti, citate  da Le Temps d’Algerie, due aerei con insegne qatariote avrebbero fatto scalo per consentire ai vertici dei gruppi jihadisti, impegnati a difendere quelle che erano le loro enclave, d’allontanarsi senza danni alle soglie della sconfitta. Magari per riprendere altrove la lotta.

A questo, dicono ancora le fonti, occorre aggiungere che sono giunte segnalazioni, dalle martoriate regioni del nord maliano, sulla presenza di alcuni ”volontari” del Qatar, almeno quattro, del cui arrivo a nessuno era stata data comunicazione e che si muovevano non certo come operatori umanitari. Chi siano realmente questi ”volontari” sbarcati dal Golfo, e cosa ci facessero tra Gao, Timbuctu e Kidal, resta un mistero. Ma nemmeno tanto se si guarda all’esasperato attivismo che il piccolo e ricchissimo emirato porta avanti da anni, mettendo a frutto l’enorme potenzialità di spesa per i propri obiettivi, politici, economici, religiosi.

Il Qatar sta spendendo letteralmente miliardi di dollari nelle aree di crisi del mondo arabo, soprattutto laddove la maggioranza È scita ed esso – wahabita – può intromettersi per creare un testa di ponte da usare per fini economici, ma anche politici. E lo fa anche in Mali, dove le vicende politiche sono sì importanti, ma giocano molto quelle religiose, con i wahabiti qatarioti che non nascondono di volere giocare un ruolo significativa soprattutto nell’offensiva scatenata contro la Tidjaniya, potente confraternita islamica che, facendo leva sul sincretismo, ha un enorme seguito tra la gente. Intanto l’annuncio dato dal presidente Francois Hollande che da marzo – se tutto andra’ secondo i piani – comincerà il ritiro delle truppe francesi (giunte al picco di 4.000 effettivi), sembra essere dettato più da motivi di politica interna che da considerazioni dell’evoluzione del conflitto. Tanto più che mentre il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, auspica l’invio di una missione di pace Onu nel Paese africano già ad aprile, il titolare della Difesa, Jean-Yves Le Drian, ammette che sul terreno è in atto tuttora ”una vera guerra”.

Trovano del resto sempre piu conferme le notizie che vogliono gli jihadisti che non sono riusciti a fuggire nient’affatto rassegnati alla sconfitta. Come documentano le testimonianze giunte dai dintorni di Gao, dove gli scontri nelle ultime ore sono stati durissimi, con gravi perdite (stimate in centinaia) sul fronte islamico. Anche se a tutt’oggi Parigi (che pure lamenta alcuni feriti) si limita a contare fra le sue file la morte di un solo uomo: l’ufficiale pilota di un elicottero, abbattuto nelle prime ore dell’operazione ‘Serval’.

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