E’ morto il presidente Chávez, leader carismatico e polemico

CARACAS – Ha perso la sua ultima battaglia; la piú importante, quella decisiva per la vita. Dopo una lunga agonia, si é spento  alle 16:26 del pomeriggio, nell’Ospedale Militare Carlos Arvelo, il presidente della Repubblica, Hugo Rafael Chávez Frias. La notizia, a reti unificate, è stata data, con voce rotta dalla commozione e dal pianto, dal vice-presidente Nicolàs Maduro, accompagnato dalle più alte cariche dello Stato e dallo Stato Maggiore. Chàvez era tornato in patria, dopo essere stato operato per la terza volta, in una clinica nella capitale cubana, ma durante la sua convalescenza ci sono state complicazioni, in particolare, dovute ad infezioni, nelle vie respiratorie.

Il “Comandante”, come amavano chiamarlo le persone che lo seguivano, lo ammiravano e, in alcuni casi, idolatravano, aveva 58 anni.

Il presidente Chávez, fino al 4 febbraio, giorno del colpo di Stato, era uno sconosciuto Colonello dell’esercito, una delle tante persone che trascorrono la loro vita tra le mura di una caserma – a quegli anni spesso faceva riferimento con nostalgia durante i suoi “Aló Presidente” (programma televisivo domenicale del capo dello Stato) e durante le soventi trasmissioni a reti unificate.

Il “golpe” del 1992, conclusosi con la resa dei ribelli, il comandante Chávez fu catapultato nella scena politica. In un momento in cui, in Venezuela, pareva che nessumo avesse il coraggio di assumere le proprie responsabilità; il Colonello Hugo Rafael Chávez Frías, non solo non ebbe paura di riconoscere la propria sconfitta ma ne assunse tutte le responabilità. Indimenticabile il suo discorso di fronte alle telecamere della televisione nazionale e internazionale.

“Voi avete fatto tutto molto bene – affermava rivolgendosi ai suoi compagni di avventura, esortandoli a deporre le armi -, ma noi non siamo riusciti a controllare il potere”.

Poi la famosa frase che ebbe un effetto particolare nell’immaginario del venezolano comune:

– Per il momento… i nostri obiettivi non sono stati raggiunti.

In una Venezuela in cui la corruzione dilagava e i partiti politici, sul baratro della crisi, erano incapaci di rinnovarsi e reinventarsi, il tentativo di colpo di Stato scuoteva l’intera società e aveva l’effetto di un terremoto sulla struttura politica costruita con tanti sacrifici giorno dopo giorno dal 1958, quando un’insurrezione civile e militare poneva fine alla brutale repressione della dittatura del generale Marcos Pérez Jiménez.

L’insurrezione armata fu sconfitta grazie allo spirito profondamente democratico delle Forze Armate; ma per il Paese, fino a quel giorno esempio di democrazia per l’America Latina, fu comunque un choc.

Il presidente Chávez nacque il 28 giugno del 1954 nello Stato Barinas. A Sabanetas, a voler essere precisi. E’ il secondo di sei figli di una umile famiglia. I suoi genitori – Hugo de los Reyes Chávez, il padre, e Elena Frìas, la madre – erano stimati insegnati di elementari. L’educazione del giovane Hugo Rafael venne affidata alla nonna, che lo vide crescere orgogliosa. I compagni d’infanzia del presidente Chávez, lo ricordano come un amante del baseball ma anche della pittura, dell’arte e, in particolare, della scrittura creativa.

Entra nell’Accademia Militare nel 1971, pochi giorni dopo aver ottenuto il diploma liceale. E ne esce cinque anni dopo, col grado di sottotenente dell’Esercito. Da allora, fino al giorno del colpo di Stato, sono innumerevoli gli incarichi che gli vengono affidati all’interno del mondo militare, e numerosi sono i corsi di specializzazione che frequenta. La vita militare gli permette di conoscere a fondo il paese e le caratteristiche del venezolano.

Nel 1982 fonda il “Movimiento Bolivariano Revolucionario”, in riferimento ai 200 anni della nascita di Simón Bolívar. Il 17 dicembre dello stesso anno, all’ombra del Samán de Guere, assieme ai compagni d’arma Felipe Acosta Carlés, Yoel Acosta Chirinos, Francisco Arias Cárdenas , Francisco Urdaneda Fernández e Raún Isaías Baduel, giura di trasformare in realtà la rivoluzione sognata; rivoluzione che lo porta a cospirare contro le istituzioni democratiche

Fallito il colpo di Stato viene arrestato ma dopo circa due anni l’allora “comandante” Chávez riceve l’indulto dal presidente Caldera che, grazie al suo “chiripero” – una coalizione di tanti partitini e movimenti politici sconosciuti e insignificanti se presi individualmente -, era stato eletto capo dello Stato per la seconda volta. E’ il 1994 ed ormai quell’anonimo colonello dell’Esercito, catapultato agli onori della cronaca grazie al fallito Coup d’Etat, decide di tentare la scalata al potere con gli strumenti che gli consente il sistema democratico: le elezioni. Nel 1997 fonda un suo partito politico, il “Movimiento Quinta República” e un anno dopo, il 6 dicembre 1998, viene eletto presidente della Repubblica con il 56,2 per cento dei voti.

Subito dopo il “giuramento da presidente”, con la mano su una Costituzione che definisce “moribonda”, dà inizio al suo programma di governo: indice il primo referendum nella storia del paese per chiedere il consenso alla stesura di una nuova Costituzione; Costituzione che verrà approvata con  un nuovo referendum.

Sono tante le difficoltà che il presidente della Repubblica deve affrontare durante i suoi 12 anni di governo. I maggiori pericoli li corre nel 2002. In effetti, quando il 7 aprile,  annuncia il licenziamento di alti dirigenti dell’industria petrolifera, la protesta dei sindacati è immediata.  L’11 aprile un corteo con più di centomila persone prima si avvia verso la sede di Pdvsa poi, dopo un’arringa del presidente della “Confederación de los Trabajadores de Venezuela”  (il maggiore sindacato venezolano), Carlos Ortega, prosegue verso Miraflores (il palazzo dove risiedono gli uffici del capo dello Stato). Il presidente Chávez, allora, ordina attivare il “Plan Avila”, un piano di emergenza. Sono ore di caos che concludono con la morte di alcuni manifestanti freddati da cecchini appostati negli ultimi piani di alcuni edifici.

Un gruppo di ufficiali, allora, decide di intervenire e chiede le dimissioni immediate del presidente della Repubblica. Quest’ultimo si consegna ai militari ribelli. Il 12 aprile il presidente della Repubblica, eletto democraticamente, viene fatto prigioniero e i suoi ministri e i leaders del partito di governo arrestati o perseguitati. Il presidente di Fedecámaras, Carmona Estanga, in una riunione a Miraflores, abolisce tutte le libertà democratiche e le istituzioni più rappresentative del sistema democratico. Il golpe dura poche ore. L’insurrezione militare, trasformata in complotto da un gruppetto di civili, conclude con il ritorno trionfante del presidente Chávez a Miraflores. Questi, infatti, è riscattato dalle truppe del Generale Raul Isaías Baduel, comandante della guarnigione di Maracay.

E’ sempre del 2002, lo sciopero generale indefinito che, invece di debilitare il potere del presidente Chávez, lo rafforza, grazie ad un’abile uso della televisione e della propaganda di Stato.

Personaggio carismatico e provocatorio, il presidente Chávez doveva assumere nuovamente le redini del potere il 10 gennaio, dopo essere stato rieletto con il 60 per cento dei voti lo scorso 7 ottobre. Nei suoi 12 anni di governo è riuscito a suscitare sentimenti contrapposti: l’ammirazione vicina all’idolatria dei suoi seguaci, e il disdegno e il biasimo dei suoi avversari.

Tra i provvedimenti presi durante il suo governo, particolarmente importante sono state “las misiones”. E, tra queste, particolare rilevanza hanno avuto la “Misión Barrio Adentro”, per assicurare l’attenzione medica primaria alle popolazioni più bisognose che vivono nei “barrios” (quartieri abitati da poveri che vivono in case di cartone o comunque costruite alla “meno peggio”) e la “Misión Vivienda”, per dare a tutti i venezolani una casa.

Non c’è dubbio che, nel bene o nel male, il presidente Chávez, è stato un leader carismatico  che  non solo ha trasformato politicamente il Venezuela ma ha lasciato una traccia profonda anche in tutta l’America Latina. Infatti, non si può negare la sua capacità comunicativa; la sua abilità nel  rendere partecipi delle sue decisioni le popolazioni meno fortunate e piú bisognose, facendole sentire protagoniste della vita politica del Paese. Anche nell’ambito internazionale, soprattutto in America Latina, il suo carisma ha inciso fortemente e determinato scelte e prese di posizione.