Pressing di Obama sul Congresso per le riforme dell’Fmi

NEW YORK – Barack Obama in pressing sul Congresso per l’attuazione delle riforme del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), approvate nel 2010. Il presidente americano chiede formalmente al Congresso l’autorità per la loro applicazione, con la quale i paesi emergenti acquistano più spazio e il Fmi si adegua al 21mo secolo.

In una risoluzione sul bilancio inviata al Congresso, Obama chiede di aumentare in modo permanente il contributo americano al Fmi, aprendo di fatto la strada alle riforme del Fondo in attesa da tre anni. Gli Stati Uniti sono il maggior azionista del Fondo e il loro voto è determinante per l’avvio dei cambi radicali per l’istituzione di Washington, già approvati da gran parte degli altri membri. Una richiesta, quella di Obama al Congresso, che arriva in un momento sensibile: con i tagli automatici alla spesa entrati in vigore e la battaglia che si profila per evitare che rallentino l’economia, chiedere un aumento permanente del contributo americano al Fmi rischia di creare nuovi scontri.

Il Tesoro chiede di tramutare i 65 miliardi di dollari che gli Stati Uniti hanno in un fondo del Fmi (New Arrangment to Borrow) in quote americane, in base alle quali è determinato il diritto di voto. I democratici ritengono che la richiesta dovrebbe essere accolta perchè non comporta ulteriori stanziamenti. I repubblicani, però, già nel mezzo della campagna elettorale, avevano espresso la loro contrarierà a ogni eventuale aumento dei contributi perchè la consistente esposizione del Fmi all’Europa metteva il Tesoro americano direttamente a rischio.

”Gli Stati Uniti sono impegnati ad attuare la riforma delle quote e della governance del 2010. Stiamo lavorando con il Congresso per completarla il prima possibile” afferma il Tesoro. Il timore è che un ulteriore slittamento possa danneggiare la credibilità e l’influenza americana nel Fmi. A fare pressing sul Congresso per dare il via libera alla riforma del Fmi sono anche alcune delle più eminenti personalità americane, dall’ex presidente della Fed Alan Greenspan all’ex presidente della banca Mondiale Robert Zoellick, passando per gli ex segretari al Tesoro Larry Summers e Herny Paulson. L’appello è unanime: la riforma del Fondo è negli interessi degli Stati Uniti e nel bene del sistema globale.