Analisi – Sarà la Kirchner il nuovo leader del bolivarianismo?

BUENOS AIRES: La morte del nostro Presidente Hugo Chàvez Frìas ha avuto forti ripercussioni in tutta l’America Latina e in Argentina commenti e analisi di ogni tipo hanno occupato, durante vari giorni, le pagine dei quotidiani più importanti. Versioni e proiezioni diverse secondo la linea editoriale di ciascuno per commentare non soltanto quanto accade nel nostro paese ma soprattutto per studiare le conseguenze che avrà in Argentina.

Il precipitoso rientro dal Venezuela di Cristina Fernàndez in Kirchner, che non ha atteso i funerali di Stato, ha suscitato molte illazioni. C’è chi come Susana Viau in El Clarìn lo ha giudicato un gesto “ambiguo, strano, inesplicabile alla luce della relazione che sia lei che il marito Nestor avevano costruito con il leader venezuelano”. E fa affiorare l’ipotesi secondo cui Cristina avrebbe voluto evitare il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. Anche Mariano Grondona in La Naciòn accenna a questa possibilità ma entrambi gli opinionisti la considerano piuttosto debole dal momento che un incontro con il leader iraniano era ampiamente prevedibile. E allora Susana Viau si chiede se questo ritorno inatteso della Kirchner, non sia dovuto invece ad un senso di inadeguatezza perché, scrive la Viau: “ (Cristina Fernàndez ndr) senza il gran maestro di cerimonie, Chàvez, è rimasta orfana per una seconda volta e non ha capito quale posto avrebbe dovuto occupare… uno dei tanti tra i vari capi di Stato e di Governo e probabilmente dietro la signora che è rispettata da destre e sinistra, Dilma Roussef.” E Mariano Grondona in La Naciòn aggiunge un’ipotesi che lui stesso considera ancora più azzardata. Partendo dal ricordo di quello che chiama “l’effetto vedovanza” che, alla morte del marito Nestor Kirchner, significò per Cristina una forte ripresa di potere, si chiede: “avrà forse sognato Cristina di diventare la vedova ideologica di Hugo Chàvez e di raccogliere così un’incomparabile semina politica? Il suo brusco rientro non sarà stato motivato dalla sua frustrazione  nel constatare che altri capi di Stato le impedivano realizzare il sogno di diventare la vedova ideologica di Chàvez?”

Passando ad un’analisi del dopo Chàvez all’interno degli organismi regionali, Mariano Obarrio per La Naciòn considera che all’interno del governo della Presidente Cristina Fernàndez esiste la convinzione che il delfino di Chàvez in Venezuela, Nicolàs Maduro, non abbia la forza per colmare il vuoto ideologico lasciato dal defunto Presidente e che, di conseguenza, saranno Cristina e Correa i due che si contenderanno la conduzione del pensiero bolivariano in America.

Sempre secondo l’opinionista Obarrio, la Presidente del Brasile Dilma Roussef dal canto suo preferisce smarcarsi da questa disputa e occupare invece il ruolo di arbitro tra l’asse bolivariano e il resto dei paesi occidentali.

I prossimi vertici di Mercosud e Unasud previsti tra qualche mese, a parere del giornalista di La Naciòn, serviranno da termometro per capire i nuovi ruoli che assumeranno i leader di Argentina, Bolivia, Ecuador e Brasile.

Ma si chiede Mariano Grondona, “perché invece di parlare tanto di Chàvez, Cristina e Correa non fissiamo la nostra attenzione, seguendone l’esempio, su altri governi, sempre dell’America Latina e centrale che, hanno adottato formule diverse e “più normali”?

“In paesi come Brasile, Messico, Cile, Colombia, Perù e Uruguay così come nella maggioranza di quelli centroamericani le regole del gioco democratico sono chiare e tutti sanno quanto tempo durerà il Presidente”, scrive Grondona lasciando intendere che non scarta la possibilità che anche in Argentina si cerchi di cambiare la Costituzione per protrarre il periodo presidenziale della Kirchner.

Ben diversa è la percezione dei giornalisti del quotidiano Página 12. Secondo quanto scrive Raúl Kollman un’inchiesta realizzata dal Centro de Estudios de Opinión Pública (CEOP) di Roberto Bacman  dimostrerebbe che, “nonostante la persistente campagna della destra per screditare l’immagine di Chàvez, sei su dieci argentini hanno una opinione favorevole dell’operato del Presidente venezuelano”. Sempre secondo Bacman in Argentina tre persone su quattro considerano che Chàvez ha trasformato positivamente la realtà del Venezuela e che grazie a lui i settori più deboli della società abbiano avuto accesso a diritti prima inesistenti.

A giudizio del giornalista di Página 12 il sostegno che accompagna Cristina Fernàndez deriva proprio dalla sua politica verso i settori più deboli della società fatta seguendo le orme tracciate dal Presidente venezuelano.

Una credit card per supermercati

Passando a problemi più di carattere interno leggiamo su El Clarìn un dato inquietante per quanto riguarda i prezzi dei prodotti alimentari. Scrive Martin Grosz che in alcuni supermercati, anche vicini uno all’altro, si riscontrano differenze notevoli di prezzo per uno stesso articolo.

A detta dell’economista Martìn Tetaz intervistato da Grosz la ragione di queste forti differenze è da ricercare nell’alto indice di inflazione del paese e nel fatto che ogni negozio aggiorna i propri prezzi in tempi diversi. Altro motivo, secondo l’economista, è da addebitare alla grande quantità di offerte e sconti che fanno i vari negozianti per attrarre maggiore clientela. Una situazione, conclude, che risulta negativa soprattutto per il consumatore che dovrebbe fare una ricerca a tappeto per cercare il miglior prezzo, cosa praticamente impossibile.

Nel frattempo le più importanti catene di supermercati si preparano ad immettere nel mercato una carta di credito propria che dovrebbe chiamarsi Super Card. La ragione di questa iniziativa sta nella necessità di abbassare i costi finanziari delle carte di credito tradizionali, un risparmio che permetterebbe loro di mantenere i prezzi congelati dei generi alimentari anche oltre aprile. Molto probabilmente si assoceranno all’iniziativa anche i grandi negozi di elettrodomestici, i supermercati gestiti da cinesi, le macellerie associate e la maggior parte dei distributori di benzina.

Questa iniziativa, ben vista dal governo che cerca di mantenere il più possibile i prezzi bloccati dei prodotti alimentari, piace molto meno al settore bancario e in particolare alle altre carte di credito che vorrebbero evitare una loro totale esclusione da questo mercato.

Megacausa di Tucumàn e Proyecto X

Proseguono intanto le raccapriccianti testimonianze nel quadro della Megacausa di Tucumàn. Il giudizio iniziato il 12 novembre, ha il proposito di punire i colpevoli dei delitti commessi, durante la dittatura di Videla, in due centri di reclusione clandestini, l’ex “Jefatura de Policìa” e l’ex “Arsenal Militar Miguel de Azcuénaga”. Tra i 41 imputati troviamo anche il parroco José Mijalchyk, il primo sacerdote ad essere giudicato per crimini di lesa umanità.

Tra le ultime testimonianze, quella di Margarita Hortensia Fernández che dopo 35 anni di ricerca è riuscita finalmente a ritrovare i resti del marito Pedro Guillermo Corroto in una fossa comune tra i corpi esumati dall’ex “Arsenal Miguel de Azcuénaga” dell’Esercito. I coniugi Corroto nel 1977 vivevano a Monteros. Lei lavorava come maestra mentre lui gestiva una panetteria insieme al fratello. Il 21 gennaio un gruppo di uomini incappucciati ha fatto irruzione nella loro casa e ha sequestrato Pedro Guillermo sotto gli occhi della moglie e dei due figli di 9 mesi e quattro anni. Da allora Margarita ha perso le sue tracce ma ha continuato a cercarlo anno dopo anno, seguendo piste che le venivano indicate da sconosciuti o da persone vicine a lei, ma solo l’anno scorso ha potuto dare sepoltura ai resti del marito.

E, mentre si parla di abusi della dittatura, infuria lo scandalo per il presunto Proyecto X. Il quotidiano El Clarìn ha pubblicato alcuni documenti che dimostrerebbero che i servizi di intelligenza (la Gendarmerìa Nacional Argentina) avrebbero realizzato una vasta operazione di spionaggio a danno di organizzazioni, istituzioni e altre associazioni. Il governo si è difeso dicendo che quelle investigazioni rispondono al lavoro che svolge una Unità Speciale di Procedimenti giudiziari che ha il compito di raccogliere informazioni su richiesta di giudici e procuratori per prevenire i delitti.

Ma la giustificazione appare troppo debole all’accusa che dice di avere prove che dimostrano come lo spionaggio effettuato ai danni di quasi mille organismi diversi, tra cui anche leader contadini, non risponde a nessuna richiesta da parte di giudici o procuratori.

Il presidente del blocco dei deputati radicali Ricardo Gil Lavedra ha espresso dure critiche ad un’azione che, a suo parere, ricorda i tempi della dittatura militare e ha incolpato il governo della Presidente Kirchner: “Non credo – ha detto Lavedra – che la Gendarmerìa abbia agito per decisione propria… è doloroso vedere che dopo aver raggiunto una democrazia, che abbiamo costruito con tanto sforzo, esistano ancora pratiche di questo tipo”.

Lutto e violenza a Junìn

Ma i problemi per il governo non finiscono qui. E la delinquenza che dilaga è uno di quelli che richiede un’attenzione urgente. La disperazione delle persone è tale che a Junìn, cittadina a270 chilometrida Buenos Aires, a seguito dell’omicidio di Karen Campos, giovane venditrice di un chiosco, la popolazione si è riversata nelle strade per protestare. Pare, secondo le testimonianze di persone che hanno seguito la vicenda, che la ragazza di 17 anni, madre di una neonata, che studiava e gestiva un chiosco ubicato ad un solo isolato dal Commissariato e dalla piazza principale, in un primo momento non abbia opposto alcuna resistenza al ladro che voleva derubarla ma che, dopo, abbia cercato di bloccarlo con una pistola elettrica che le aveva dato il suo datore di lavoro. Una mossa fatale perché il delinquente l’ha uccisa con un colpo di fucile ed è scappato via insieme ad un complice. Prima di questo nuovo fatto di sangue, solo 48 ore prima, la popolazione aveva effettuato un corteo pacifico per chiedere maggiore sicurezza.

In un primo momento la protesta sembrava essersi placata ma dopo qualche ora molte più persone sono scese in strada e hanno cercato di entrare nell’edificio del Municipio. La polizia ha risposto sparando proiettili di gomma ma in questo modo, lungi dal calmare la protesta, l’ha acuita e la rabbia dei manifestanti si è riversata anche contro i mezzi di comunicazione.

Nelle Malvine vogliono essere britannici

E nelle isole Malvinas è stato realizzato un plebiscito per riaffermare la volontà di appartenenza al regno Britannico.

Il referendum è stato indetto dagli abitanti delle Malvinas in risposta alle pressioni internazionali che sta portando avanti il governo argentino per rimettere sul tavolo delle trattative con il Regno Unito il problema delle Malvine. Con una maggioranza bulgara ha vinto il “Si” dei cittadini che non hanno lasciato alcun dubbio: nelle Malvine vogliono continuare ad essere britannici.

Fonti utilizzate: El Clarìn (www.clarin.com), La Naciòn (www.lanacion.com.ar), La Razòn (www.larazon.com.ar), Pagina 12 (www.pagina12.com.ar)

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