I Marò restano a casa

ROMA: La Farnesina ha diramato una nota nella quale spiega le ragioni per cui i Marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, rientrati in Italia per partecipare alle elezioni politiche, non torneranno in India alla scadenza del permesso loro concesso. La nota della Farnesina dice: “L’Italia ha sempre ritenuto che la condotta delle Autorità indiane violasse gli obblighi di diritto internazionale gravanti sull’India”, in particolare “il principio dell’immunità dalla giurisdizione degli organi dello Stato straniero”. Ed ancora: “L’Italia ha ribadito formalmente al governo indiano, con la nota verbale consegnata dall’Ambasciatore Mancini, la propria disponibilità di giungere ad un accordo per una soluzione della controversia, anche attraverso un arbitrato internazionale o una risoluzione giudiziaria, chiedendo all’ India di attivare le consultazioni previste dalla Convenzione Unclos”.

Soddisfazione per questa decisione è stata espressa da Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera dei Deputati e dal canto suo Lapo Pistelli responsabile Esteri del Pd ha sottolineato che la decisione del governo va letta nel senso di una volontá a una immediata risoluzione della controversia facendo ricorso alle procedure di arbitrato internazionale.

I due marò erano rientrati grazie ad un permesso di quattro settimane concesso dalla Corte Suprema di Nuova Delhi per permettere loro di esercitare in patria il diritto di voto.

La vicenda dei militari italiani è iniziata il 15 febbraio dell’anno scorso.

La petroliera Enrica Lexie è attaccata dai pirati al largo dell’Oceano Indiano. L’offensiva viene contrastata dai nostri fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che, una volta a terra, vengono accusati di aver ucciso due pescatori che si trovavano nelle vicinanze. I marò si difendono dicendo di aver sparato solo dei colpi per avvertimento ma vengono fermati e interrogati dalla polizia locale a Kollum. Una protesta anti-italiana organizzata davanti all’abitazione del magistrato che deve interrogare i militari complica la situazione e il Ministro Terzi decide di inviare in India il Sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura. Il giudice distrettuale di Kollam decide il trasferimento dei militari italiani nel carcere di Trivandrum e, nonostante la rigidità dei primi momenti, dopo lunghe trattative il sottosegretario De Mistura ottiene che i due vengano rinchiusi in una struttura separata dalle celle comuni e con un regime meno rigido. Il Presidente del Consiglio Mario Monti telefona al primo ministro indiano Manmohan Singh e ribadisce che il fatto è avvenuto in acque internazionali e che la giurisdizione sul caso è solo italiana. Anche l’Ue scende in campo su richiesta di Roma  e a larghissima maggioranza il Parlamento europeo approva una risoluzione nella quale esprime forte preoccupazione per la minaccia rappresentata dalla pirateria soprattutto nell’Oceano indiano e accoglie una proposta presentata dalla delegazione degli europarlamentari italiani che fa espresso riferimento alla esclusiva giurisdizione “di bandiera” sulle navi in acque internazionali e sui militari impegnati nelle azioni antipirateria in qualità di organi dello Stato.

Intanto a Roma, nella piazza del Campidoglio, viene organizzata una manifestazione per chiedere l’immediata rientro in patria dei nostri militari e qualche settimana dopo vengono raccolte circa 4 mila firme da 14 associazioni combattentistiche della Puglia in loro solidarietá. Dopo una serie di trattative, i legali dei marò raggiungono un accordo extragiudiziale con i legali delle famiglie dei pescatori uccisi e si compromettono a pagare un risarcimento di 146 mila euro ma la Corte suprema indiana contesta questi accordi. Finalmente dopo circa tre mesi ai marò viene concessa la libertà dietro cauzione in attesa della sentenza della Corte suprema. I due fucilieri italiani risiedono in un hotel e ogni giorno devono firmare un registro in commissariato. Dopo ancora qualche meseTerzi prende contatto con il nuovo ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid, per sottolineargli l’urgenza di una soluzione positiva e improcrastinabile del caso dei fucilieri di marina e porta nuovamente il caso all’attenzione dell’Unione Europea, del G8 e dell’Asean.  A  dicembre su istruzione del ministro degli Esteri Terzi, il segretario generale della Farnesina Michele Valensise convoca l’ambasciatore indiano Debabrata Saha. Al capo missione indiano è stata reiterata la sollecitazione del governo italiano a che la sentenza della Corte suprema di Nuova Delhi sul caso dei due fucilieri sia emessa prima dell’ inizio delle festività natalizie. Il 14 dicembre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano riceve al Quirinale, i familiari dei marò insieme ai ministri della Difesa Di Paola e degli Esteri Terzi. Nel frattempo Latorre e Girone presentano una richiesta all’Alta corte del Kerala per ottenere il permesso di rientrare in Italia per le festività natalizie. I giudici accettano l’istanza e il 20 dicembre  viene loro accordata una licenza di due settimane per le festività natalizie. Trascorse le due settimane i marò tornano in India e a gennaio la Corte suprema dell’India riconosce le motivazioni del ricorso del governo italiano contro la loro detenzione. I due fucilieri possono ora lasciare lo Stato del Kerala e recarsi a New Dehli. L’Alta corte riconosce che i fatti avvennero in acque internazionali e che la giurisdizione non era della magistratura locale del Kerala e il 22 febbraio scorso  la Corte suprema dell’India concede a Latorre e Girone di tornare in Italia per quattro settimane per votare.