L’ascesa di Papa Francesco e le possibili ripercussioni sull’America Latina

ROMA – La nomina di Josè Mario Bergoglio, argentino di origini italiane, alla massima carica del Vaticano e del mondo cattolico ha suscitato stupore, allegria ma soprattutto ha rimesso l’America Latina al centro dell’interesse del mondo.

E immediatamente opinionisti di ogni dove, ma soprattutto latinoamericani, hanno incominciato a chiedersi quali potrebbero essere le ripercussioni su questa regione e sulle relazioni tra i nostri paesi e l’Europa.

Per il New York Times “La scelta a sorpresa di un argentino sposta  la gravità della Chiesa cattolica romana dall’Europa all’America Latina in un colpo solo, ed è un chiaro segnale del crescente potere dei Latinos in tutte le Americhe”. Un segnale che stando alle parole del Vescovo di Los Angeles, anche lui latino, consegna un potere che fino ad oggi la chiesa di questa parte del mondo non aveva mai avuto.

In America Latina si concentra circa il 40 per cento dei cattolici ma secondo l’opinionista Josè Torquemada,  la forza della Chiesa cattolica è minata sempre di più da quella in crescita degli evangelisti che nella gran maggioranza vengono proprio dalla religione cattolica.

La penetrazione delle chiese evangeliche, spiega Torquemada, è cresciuta a partire dagli anni ’70 in concomitanza con l’apparire in America Latina della teologia della liberazione, che gli evangelisti hanno combattuto senza tregua. E così mentre i parroci della teologia della liberazione difendevano e lottavano per la giustizia sociale, gli evangelisti predicavano la salvezza finale. Secondo il loro messaggio bisogna accettare i mali terreni in attesa della salvezza eterna.

È interessante sottolineare che il famoso teologo Jürgen Habermas considera che il primo Papa che aprì il Concilio all’America Latina fu Paolo VI. Ricorda Habermas che nel discorso inaugurale della Conferenza di Medellìn Papa Montini ha citato vari testi scritti da vescovi boliviani, brasiliani, cileni, messicani ecc. e ne consigliò la lettura insieme alla “Populorum Progressio”. Sono testi che hanno come tema centrale quello della povertà e in quell’occasione il Pontefice ha confermato lo “sforzo onesto orientato a promuovere il rinnovamento e la promozione dei poveri e di tutti coloro che vivono in condizioni infraumane”. Al tempo stesso condannò il cammino della violenza con le parole: “Né l’odio né la violenza sono lo sforzo della nostra carità”.

Avendo messo l’accento sulla povertà Paolo VI aprì il cammino della chiesa dell’America Latina ad una maggiore attenzione verso le problematiche sociali.

Ratzinger, secondo Haberman, proseguirà su questa linea e farà proprio il tema della liberazione: “All’origine delle grandi aspirazioni alla liberazione che tormentano il mondo attuale, c’è la viva percezione degli ostacoli che impediscono lo sviluppo della libertà e offendono la dignità umana”. Ratzinger conferì alla teologia della liberazione legittimità dottrinale e sottolineava: “Il Vangelo è per sua stessa natura un messaggio di libertà e liberazione”.

Molti si chiedono oggi quale sarà la linea che seguirà Papa Francesco. In veste di vescovo della Cattedrale di Buenos Aires Bergoglio ha assunto posizioni di grande rigidità per quanto riguarda battaglie sociali come l’aborto o il matrimonio tra gay  ma al tempo stesso ha mostrato una visione progressista nei temi economici e sociali.

Tutti gli riconoscono il forte impegno per combattere la povertà tanto che ha organizzato e preparato gruppi di parroci che lavorano all’interno delle zone più povere, quelle che in Argentina chiamano “villas miserias”; ha lottato strenuamente per fermare il traffico di esseri umani e le droghe e ha concentrato i suoi sforzi soprattutto sui giovani.

Il problema della povertà in America Latina è molto grave e diffuso. Secondo dati del CEPAL (Commissione Economica per L’America Latina e i Caraibi) in quest’area del mondo circa 176 milioni di persone vivono in condizioni di povertà e sebbene negli ultimi anni ci sia una tendenza alla diminuzione resta comunque una cifra molto alta.

Ma non manca chi getta uno sguardo critico al passato di Bergoglio. Alcuni lo accusano di connivenza con la dittatura di Videla. E’ il caso del giornalista Horacio Verbitsky che al tema ha dedicato un libro dal titolo L’isola del Silenzio. Tesi smontata con forza da altre persone di uguale peso e spessore morale come Adolfo Perez Esquivel, premio Nobel per la Pace. Purtroppo gli anni delle dittature sono densi di lati oscuri e le sofferenze delle persone, sempre troppo profonde, lasciano cicatrici indelebili. Tra tanta rabbia e dolore a volte è molto difficile trovare la verità.

Ma aldilà di questi amari dubbi resta un fattore che, a parere di molti giornalisti e opinionisti soprattutto argentini, è irrefutabile e cioè l’impegno politico di Bergoglio, la sua categorica critica agli abusi dei governi populisti in America Latina. In qualità di arcivescovo di Buenos Aires e Presidente della Conferenza dei Vescovi argentini il nuovo Papa non ha risparmiato critiche al governo dei Kirchner tanto che l’ex Presidente Nestor ebbe a dire una volta che Bergoglio era “Il vero rappresentante dell’opposizione”.

Oggi molti si chiedono se questa sua visione della politica non trascenderà le frontiere dell’Argentina e si estenderà anche ad altre zone dell’America Latina e cioè in nazioni come il Venezuela, la Bolivia,  e l’Ecuador.

Secondo il teologo Daniel Alvarez, docente dell’Università Internazionale della Florida: “Il nuovo Papa potrebbe avere una forte incidenza in quei paesi qualora decidesse di visitarli ed esprimere il suo pensiero, così come ha sempre fatto in Argentina”.

Rosendo Fraga, analista politico argentino, considera che “la notizia della nomina di Papa Bergoglio è stata una pessima notizia per il governo argentino.” E  prosegue spiegando che le sue omelie, fino a due settimane fa, erano molto critiche verso la situazione sociale e politica dell’Argentina e soprattutto verso la corruzione.

Con uguale passione ha criticato le divisioni interne dell’Argentina e la polarizzazione politica. Proprio per questo in molti sperano che la sua ascesa al trono di San Pietro favorisca la pace e la riconciliazione nazionale in Argentina e una maggiore coesione tra tutti i paesi dell’America Latina.

Gabriel Castelli, membro del Consiglio di Amministrazione dell’Università Cattolica Argentina (UCA) considera che la nomina di Papa Francesco può essere “un’ottima opportunità per ricostruire un’amicizia sociale tra gli argentini” ed anche l’ex governatore della provincia di Santa Fe Hermes Binner ha espresso la stessa speranza. Dal canto suo Eduardo Buzzi, Presidente della Federazione Agraria ha detto: “Facciamo voti affinchè questa sia un’opportunità che ci porti a una profonda riconciliazione tra noi argentini”

C’è chi si chiede se non sia arrivata l’ora di convocare un nuovo Concilio per analizzare e affrontare i grandi cambiamenti che avvengono nel mondo, cambi sociali, culturali, economici e tecnologici.

Resta il fatto che i grandi problemi che affliggono l’America Latina e in misura maggiore o minore il resto del mondo sono quelli legati alla povertà, la disuguaglianza sociale, le asimmetrie regionali, la violenza e gli abusi sessuali.

Sono temi che, a parere di molti, Papa Francesco affronterà con fermezza.

Ma vorremmo concludere con un accenno alle parole che ha recentemente pronunciato Josè Mario Bergoglio quando era ancora Arcivescovo, parlando delle migrazioni. In quell’occasione ha criticato le condizioni economiche e sociali dell’Argentina che obbligavano molti giovani ad emigrare e le ha definite “migrazioni dolorose” dandone la colpa “alla mancanza di futuro”. Lui, figlio di emigranti, più di nessuno può capire quanto sia duro e amaro il cammino dell’emigrazione. Molti argentini sono arrivati in Italia, molti sono figli e nipoti di quegli italiani che avevano varcato l’oceano in senso contrario alla ricerca di un futuro che l’Italia non poteva offrire. Oggi in Italia e in molti altri paesi crescono le manifestazioni di intolleranza verso gli immigrati.

Ci auguriamo che Papa Francesco combatta questi sentimenti e ricordi a tutti che l’emigrante è essenzialmente una persona che si allontana dal proprio paese per necessità e lo fa spinta da un gran desiderio di lavorare e migliorare la posizione propria e della sua famiglia. L’emigrante non è un ladro ma una persona disposta a regalare entusiasmo, lavoro e impegno al paese che lo accoglie.

Lo hanno dimostrato gli italiani in ogni parte del mondo. E Papa Francesco ne è una delle massime espressioni.

Mariza Bafile

 

 

 

 

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