La crisi di Cipro, equivoci e doppio gioco

ROMA  – Una girandola di equivoci, allarmi inascoltati e scaricabarile, con l’aggravante di un rischio-contagio e dei rapporti con Mosca utilizzati come arma per costringere l’Europa a capitolare. Sembra l’accusa a uno stato-canaglia, ma è quello che emerge dalla ricostruzione degli eventi che hanno portato il governo di Cipro a dover chiedere il salvataggio, poi bocciato dal Parlamento per ricominciare dal punto di partenza. E’ sotto gli occhi di tutti il danno subito dai cittadini ciprioti, che si vedono trascinati dentro un tornado finanziario a causa dell’ennesimo crack che coinvolge le banche (e che l’Europa, pur con armi spuntate, avrebbe dovuto gestire prima). Eppure, mettendo in fila i fatti, salta agli occhi come i ciprioti rischino il default per responsabilità imputabili ai loro stessi governi. E i cittadini europei di trovarsi a dover pagare integralmente non tanto per solidarietà con i risparmiatori ciprioti. Ma, piuttosto, nell’interesse politico di Nicosia a mantenere quella stessa bolla bancaria e finanziaria che ha provocato la crisi del Paese.

– L’EURO, l’offshore, la Grecia –. Cipro entra nell’euro nel 2008. Lo scorso anno aveva un prodotto interno lordo di 18 miliardi di euro. E un sistema bancario cresciuto a dismisura sotto l’ombrello dell’euro: gli attivi bancari (investiti massicciamente anche nella vicina Grecia) superano i 126 miliardi. Sette volte il valore dell’economia, uno squilibrio peggiore di quello dell’Irlanda pre-crisi, anni luce dagli standard europei.

I depositi (circa il 30% di cittadini e aziende russi) valgono quattro volte il Pil. Un terzo delle filiali di Bank of Cyprus (maggiore azionista il russo Dmitry Ryblovlev) sono in Russia. Per fare da ‘calamita’ ai capitali esteri, Cipro offre opacità sui conti ed elevatissimi tassi d’interesse per remunerare i depositi: in media il 4,45%, un livello così elevato da assicurare, nel giro di un paio d’anni, rendimenti superiori a quelli delle banche tedesche anche dopo aver pagato la discussa tassa sui depositi.

La crisi in Grecia, dal 2010, inceppa il meccanismo: Cipro deve far fronte a 4,5 miliardi di perdite delle sue banche sulla sola Grecia, e ricapitalizzarle.

– GLI AIUTI, le banche, la Russia –. Ancora lo scorso giugno, dopo numerose avvisaglie e il pressing della Bce per ricapitalizzare le banche cipriote, la Commissione Ue si diceva ”fiduciosa” che Cipro ce la facesse. A stretto giro, arrivano i tagli del rating, l’austerity. Il lungo negoziato sfocia nel pacchetto di salvataggio dello scorso weekend: 10 miliardi di prestiti da Ue e Fmi. Cipro s’impegna ad un aumento della tassa sugli utili aziendali e a contribuire con 5,8 miliardi derivanti da una tassa una-tantum sui depositi bancari, bocciata dal suo Parlamento nazionale. Ma (come dichiarato ieri in una nota della Commissione Ue) è stato il governo di Cipro, non i partner europei, a pretendere di tassare anche i depositi sotto i 100.000 euro: l’alternativa c’era, era un’aliquota del 15% sui soli grandi depositi che sarebbe stata sufficiente, ma al costo di far infuriare i grandi capitali, nazionali ed esteri (la Russia, con cui Cipro sta trattando dopo aver detto no all’Europa, ha fatto subito la voce grossa) parcheggiati nelle sue banche. Non finisce qui.

Il debito del Paese supera i 15 miliardi di euro: volerà a 25 miliardi (il 140% del Pil) già con il prestito da 10 miliardi negoziato con Bruxelles, ma supererebbe addirittura il 170% del Pil, un livello insostenibile, senza i 5,8 miliardi provenienti dal prelievo sui depositi (il salvataggio si avvicinerebbe al valore del Pil, come se l’Italia ricevesse 1.600 miliardi di prestiti). Infine, la partecipazione del settore bancario alle perdite appare inevitabile, trattandosi di una crisi provocata da una bolla bancaria.

Il Fmi ha già proposta una soluzione alternativa: ristrutturare le due banche maggiori, infliggere perdite ai (pochi) obbligazionisti senior e far scattare l’assicurazione sui depositi sotto i 100.000 euro: sopra quella soglia i depositi, non essendo assicurati, perderebbero fra il 30 e il 40% del loro valore. Di fronte a una sproporzione così grande fra asset bancari ed economia reale, la via delle perdite private è dunque obbligata. L’alternativa è il default, o ristrutturazione del debito ‘ordinata’ che avrebbe costi sociali ben più alti. A meno che Cipro decida di giocare fino in fondo la carta russa, affidando a Mosca le sorti della propria economia.